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Attualità | 19 dicembre 2019, 19:10

Differenziata, il vincitore del Goldman Prize per l'ambiente Rossano Ercolini: "Sono disponibile ad aiutare Genova"

Il Comune di Genova fanalino di coda della Liguria nella raccolta differenziata con il 33,9% e il "Nobel alternativo per l'ambiente" Ercolini sarà nel capoluogo per parlarne. Lo abbiamo intervistato

Differenziata, il vincitore del Goldman Prize per l'ambiente Rossano Ercolini: "Sono disponibile ad aiutare Genova"

I dati che Legambiente riporta sui Comuni “ricicloni” nella due giorni di dibattito di Ecoforum Rifiuti a Palazzo Tursi, non sono per niente confortanti per Genova. Infatti, se già vestiva la maglia nera nel 2017 con appena il 34,22% del riciclo, nel 2018 è scesa al 33,9%: ben lontana dall’obiettivo da raggiungere, che sarebbe quello del 65%. Peraltro ottenuto da una metropoli come Milano. Non che i Comuni della Liguria siano tutti virtuosi (infatti su 234 sono 124 quelli che non raggiungono il 65% e 110 quelli che la raggiungono), ma nella classifica nazionale sulla gestione dei rifiuti elaborato da Ispra, la Liguria è quattordicesima con il 49,67%, non avendo raggiunto l’obiettivo fissato al 2009 del 50% regionale.

In aiuto, gratuito, al Comune di Genova, però, può venire chi ha una grandissima competenza in materia di economia circolare: il vincitore 2013 del “Nobel alternativo per l’ambiente”, il Goldman Environmental Prize, Rossano Ercolini, che domenica 22 dicembre sarà qui, al Festival "Che Stella" (via Belleyder, 60 a Sampierdarena) per presentare il libro “Rifiuti Zero: i dieci passi per la rivoluzione ecologica", e partecipare alla tavola rotonda insieme diverse realtà locali attive sul tema dei rifiuti: Cittadini Sostenibili, Ricibo, Worldrise, Surfrider Genova, Italia Nostra.

Rossano Ercolini, inoltre, è il coordinatore del Centro di Ricerca Rifiuti Zero a Capannori (Lucca), è tra i principali fondatori della Rete Nazionale Rifiuti Zero e attuale presidente del board di Zero Waste Europe. Grazie alla sua attività ad oggi sono ben 305 i Comuni, tra i quali anche alcuni liguri, che fanno parte della Rete Rifiuti Zero. Tra questi, in provincia di Genova, Cogorno e Sestri Levante. Ma Genova non c’è. Gli abbiamo chiesto come fare a diventare un Comune virtuoso nella raccolta differenziata.

Da quando ha vinto il “Nobel” per l’ambiente, il Goldman Environmental Prize, ci sono stati cambiamenti da parte delle istituzioni? Le danno più ascolto nell’incentivare le buone pratiche?

Se è sempre più percepito che il problema principale nel mondo è l’ambiente, non dipende solo dal mio premio o dalle finalità del Goldman Prize, ma scuramente ha facilitato la causa: per esempio il numero dei Comuni rifiuti zero di quando venni inviato a San Francisco per il premio, nel 2013, era di 114, mentre oggi sono 305. Quindi sono più che raddoppiati quei Comuni che hanno intrapreso il percorso rifiuti zero, e sicuramente molto è dipeso dalla considerazione e visibilità che mi è stata attribuita: oggi parliamo di questi problemi che sono molto più condivisi, quindi qualcosa di importante è cambiato.

Nel suo libro "Rifiuti Zero: i dieci passi per la rivoluzione ecologica": il primo paso è fare la differenziata, ma è così semplice?

Niente è facile, ma possibile sì. Con la tariffazione puntuale, che premia gli utenti più sensibili e con il porta a porta integrato ad adeguate isole ecologiche, allora si arriva forse fino all’80% di differenziata, anche se ancora resta la difficoltà su come scendere sotto il 20% di rifiuto residuo.

Cosa si dovrebbe fare, quindi?

Occorre coinvolgere soprattutto la responsabilità del produttore e incidere sulla progettazione industriale, che spesso costituisce il problema principale. Pensiamo agli imballaggi, che sono prevalentemente plastici o misti, cioè in parte cellulosici e in parte plastici, che sono tantissimi: contro questi neanche la buona volontà di sindaci o comunità dal basso è sufficiente. Bisogna creare una squadra che coinvolga il Parlamento, che si deve occupare della progettazione di certi imballaggi o di certi prodotti, che non può essere così come finora, perché questi prodotti non sono digeribili e restano sul terreno lasciando residui che vanno in discarica o negli inceneritori e quindi in smaltimento. In questo spazio, che costituisce il 15%-20% circa del problema, risiede la difficoltà a percorre tutti i 10 passi portando a zero i rifiuti.

Il Comune che cosa dovrebbe fare per incentivare i cittadini alla differenziata?

Avere un servizio porta a porta adeguatamente condiviso e comunicato, in modo orizzontale, in cui il sindaco, specialmente nei piccoli Comuni, spieghi direttamente alle famiglie come fare la differenziata, in modo che la percezione del cittadino sia quella che esiste una squadra comunale e una presa di coscienza, che fa bene alla politica. con un approccio culturale di questo tipo si avranno risultati eclatanti: e in Italia abbiamo anche il meglio in Europa, perché in questo momento col 58,1% siamo il secondo Paese europeo all’avanguardia nella differenziata.

Perché, secondo Lei, invece, Genova è al 33,9% di raccolta differenziata? Qual è l’errore più grande che si fa se ci troviamo in questa condizione?

Nel 2017 i dati Ispra indicavano il decollo della Liguria a eccezione proprio di Genova, mentre addirittura alla Spezia siamo al 70% di raccolta differenziata, quindi oltre il limite di legge, superato ora anche da Imperia col 70% nel capoluogo. Ma se Genova è in queste condizioni lo si deve a diversi motivi, primo tra tutti, nei grandi capoluoghi, delle lobbie degl’inceneritori e delle discariche, che, per chi non ha grandi apparati di pubbliche relazioni sono difficile da contrastare. E poi Genova è una città complessa, con tanti abitanti e difficoltà geomorfologiche, ma penso che per superare la criticità sia necessaria un’alleanza con il consiglio comunale e il sindaco, per fare capire che Genova , che ha grande prestigio non solo nazionale, ma anche internazionale, non può avere una raccolta differenziata da serie C. Quindi occorre fare uno scatto d’orgoglio e andare a copiare città anche di equivalente situazione demografica e cercare di imitarli. Se Milano fa la raccolta dell’organico porta a porta, perché non può farla anche Genova? Genova altrimenti ne esce depauperata dal punto di vista dell’immagine anche turistica. In momento di economia circolare Genova deve essere parte del drappello al comando nel Paese. Perché sia avvenuto, non perdere tempo a dirlo, ma partiamo. Non è questione di centrodestra o centrosinistra, ma se non vuole essere la zavorra della Liguria, il Comune deve mettersi alla guida della svolta.

Dal 2007 fonda Comuni Rifiuti Zero e per noi è significativo che Lei sia qui a Genova, ma il Comune di Genova non fa parte della Rete Zero Waste: perché? Invece compaiono Comuni virtuosi come Cogorno e Sestri Levante in provincia, oppure Portovenere (Sp) e Lerici (Sp), Cairo Montenotte (Sv) e Garlenda (Sv).

Sì, i Comuni più piccoli della provincia ci sono, ma Genova no, come nemmeno Roma, ma non abbiamo avuto richieste ufficiali. Nemmeno Savona ha aderito alla rete, mentre Imperia sì e funziona la raccolta porta a porta. Praticamente i Comuni nelle province lavorano meglio, a levante e ponente, quindi non vedo perché Genova non debba prendere il meglio da ogni parte della regione. Noi siamo disponibili ad aiutare Genova gratuitamente così come abbiamo detto andando a Imperia. Quindi perché continuare a dire che non è possibile, quando ci sono centinaia di Comuni che hanno raccolte differenziate che superano anche il 90% in alcuni casi. Spero che all’incontro di domenica 22 dicembre venga come interlocutore il sindaco. Ero stato qui anche nel 2018 e prima ancora, e c’era stato interesse da parte di Amiu: noi siamo sempre disponibili ad accompagnare lo start up del Comune, e io personalmente mi spendo per farlo se c’è la volontà da parte del Comune.

La preoccupazione per l’ambiente aumenta sempre di più visto anche che anche la Cop25 di Madrid sul clima si è conclusa con un nulla di fatto: saremo sommersi davvero dalla plastica, nonostante gli sforzi che si stanno facendo?

Cerco di essere positivo e dal momento che per fortuna il gioco delle generazioni continua, non possiamo permetterci che nel 2050 nell’Oceano ci sia più plastica che creature marine. Una città di mare come Genova non può accettare che il Mediterraneo diventi una cloaca di isole di plastica e microplastiche, che, ingerite dai pesci, tornano nei nostri piatti. Credo che oggi con l’Europa che ha approvato il pacchetto “plastic free” e l’economia circolare, davanti a insuccessi come quello di Madrid non si debba essere funerei: l’importante è che anche grazie ai ragazzi del movimento di Greta l’attenzione sulla crisi ambientale resti altissima, perché se la percezione resta questa, allora si deve trasformare in governance per evitare il ricorso così massivo alla plastica usa e getta. Bisogna individuare prodotti alternativi alla plastica in termini di imballaggi, prodotti che siano riusabili, riparabili e riciclabili. Per esempio stiamo lavorando al vetro liquido, che può sostituire le pellicole di plastica nelle vaschette per il cibo e nei sacchetti per la plastica. La tecnologia e nuovi materiali possono darci una mano. Ma la “conditio sine qua non” è che cresca la responsabilità di garantire un futuro ai giovani: se manca questo messaggio d’amore allora la positività rischia di dover drammaticamente fare passi indietro, anche se la rivoluzione ecologica penso sia più vicinia di quanto sembri: abbiamo fatto errori, ora si deve imboccare l’altra strada, quella giusta.

Medea Garrone

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