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Innovazione | 28 marzo 2020, 08:00

Mara Guidi, dall’Università di Genova al Max Plank Institute: “Studio come velocizzare a distanza la produzione dei farmaci”

“Nature”, una delle riviste più importanti nell'ambito della comunità scientifica internazionale, ha recentemente pubblicato un articolo su un'importantissima scoperta. A fare parte del team c'è anche Mara Guidi di Imperia

Mara Guidi, dall’Università di Genova al Max Plank Institute: “Studio come velocizzare a distanza la produzione dei farmaci”

“Nature”, una delle riviste più importanti nell'ambito della comunità scientifica internazionale, ha recentemente pubblicato un articolo su un'importantissima scoperta. A fare parte del team del Max Planck Institute che ha realizzato il progetto c'è anche la dottoressa Mara Guidi di Imperia.

Mara è nata e cresciuta a Imperia, ha studiato all'Università di Genova e ha lavorato in un'azienda farmaceutica di Novi Ligure. Ora vive a Berlino e fa parte di un'equipe scientifica riconosciuta a livello mondiale e il progetto che ha realizzato potrebbe aiutare ad accelerare lo sviluppo di processi per la produzione di medicinali, senza che i chimici siano fisicamente presenti in laboratorio. Un tema di grande attualità in piena emergenza Coronavirus.

La “configurazione radiale per aiutare la sintesi automatizzata a espandersi” spiegato da Mara

Lo strumento che abbiamo costruito è un reattore che si 'auto-modifica' in modo da poter eseguire diverse reazioni chimiche in sequenza, in modo automatizzato e quindi senza necessità di intervento di un operatore. Per fare un esempio: una molecola, come potrebbe essere un principio attivo farmaceutico, viene generalmente sintetizzata mettendo insieme molecole più piccole attraverso una serie di reazioni, ognuna delle quali richiede condizioni specifiche per avvenire in maniera ottimale. Per ogni reazione esiste un modulo specifico che provvede a creare quelle condizioni e quello che si fa, generalmente, è collegare questi moduli in serie: i reattori lineari. Lo strumento che abbiamo costruito ha i moduli collegati in modo radiale attorno a una stazione centrale: si può immaginare come una sorta di centralino o quadro di controllo. In questo modo si può digitare la sequenza di reazioni desiderata nel software e lo strumento si auto-modificherà in modo da permettere ai reagenti di accedere al giusto modulo.

Quali benefici comporta questa scoperta in ambito scientifico?

Il fatto di essere automatizzato e accessibile da remoto comporta gli stessi vantaggi che tecnologia e digitalizzazione hanno portato in tutti gli altri campi: velocizza la ricerca, rimuove gli errori dovuti all’intervento manuale dell’operatore e permette di sintetizzare grandi librerie di composti che è molto importante per la ricerca medica specialmente quando, in tempi come questo, si corre contro il tempo per trovare un composto efficace.

Con l'emergenza Coronavirus anche il vostro laboratorio è chiuso. Come procede il lavoro “da casa”?

Purtroppo siamo ancora lontani dal sintetizzare principi attivi farmaceutici mentre mangiamo cereali davanti alla TV, per il fatto che come ogni altro reattore anche il nostro richiede manutenzione giornaliera e con il laboratorio chiuso non c’è nessuno che possa farlo. Tuttavia in questi giorni di autoisolamento è più che mai evidente quanto sia importante implementare l’accessibilità da remoto ai nostri mezzi di lavoro, e mi piace pensare che la mia ricerca stia contribuendo in questo senso. Siamo soliti pensare all’automatizzazione come a qualcosa che un giorno potrebbe portare via il lavoro alle persone, ma ad oggi avere una macchina che esegue i tuoi comandi sul tuo posto di lavoro, mentre tu sei costretto a casa, è esattamente quello che potrebbe salvare il lavoro di molti.

Lasciare una piccola città e far parte un progetto che potrebbe cambiare la vita di molte persone. Come lo descriveresti?

Lavorare al Max Planck Institute è una grande opportunità per un ricercatore, si ha accesso a risorse illimitate e si lavora fianco a fianco con menti straordinarie. Ricordo che durante i primi mesi di lavoro, mentre iniziavo a conoscere i miei colleghi, avevo costantemente l’impressione che ogni persona con cui scambiavo due chiacchiere fosse lo scienziato migliore che avessi mai conosciuto. Una delle cose che più mi piace poi è la diversità, si collabora con scienziati di ogni campo, siamo chimici, biologi, fisici, ingegneri. Tutti imparano qualcosa da tutti. E l’ambiente è estremamente internazionale, e forse anche per questo, perché ci sentiamo tutti parte dello stesso movimento migratorio, si creano legami molto stretti tra le persone ed è incredibilmente facile integrarsi. Devo dire poi che la Germania in generale è un paese molto accogliente verso gli stranieri. Trasferirmi a Berlino è stato il primo vero salto nel vuoto della mia vita. Lasciavo il mio lavoro, la mia famiglia e i miei amici in Italia per cominciare un progetto del quale non ero certa di essere all’altezza, in un paese di cui non conoscevo la lingua. Si è rivelata un’ottima scelta per fortuna.

Stefania Orengo

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