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Genova | 08 aprile 2020, 15:37

Coronavirus, Rossetti: "Toti come Cetto La Qualunque promette 'mascherine per tutti' e mette a rischio i cittadini"

Il consigliere PD: "Usciamo dall'emergenza economica con misure urgenti per salvare la stagione turistica estiva, che non è persa: si potrebbe offrire gratis il treno a chi arriva da fuori e la Regione finanzi i Comuni che non hanno riscosso la tassa di soggiorno"

Coronavirus, Rossetti: "Toti come Cetto La Qualunque promette 'mascherine per tutti' e mette a rischio i cittadini"

Ormai siamo abituati a confrontarci con dati epidemiologici, curve sui grafici del contagio e, a quanto pare, il peggio dal punto di vista sanitario sarebbe alle nostre spalle, per il momento. Ma l’emergenza ancora tutta davanti alla Liguria e al Paese è quella economica: come sostenere i tantissimi cittadini rimasti senza reddito ed evitare chiusure a catena delle imprese?

Si tratta di una sfida difficile per tutta l’Italia, ma che sulla Liguria rischia di produrre effetti ancora più devastanti, se non affrontata con la giusta prospettiva e i giusti strumenti: la colonna vertebrale dell’economia regionale è costituita dal turismo, uno dei settori maggiormente messi in discussione dal coronavirus.  

Abbiamo deciso di confrontarci su questo e altri temi caldi in tempo di Covid-19 con il consigliere regionale del Partito Democratico Pippo Rossetti, anche in vista della prossima sfida elettorale in Liguria, di cui ancora non si conosce la data, ma che certamente si giocherà anche sulla capacità di dare risposte adeguate a un territorio bisognoso di certezze e progetti organici di sviluppo economico.

La Liguria rischia di pagare un conto più alto di altre Regioni per il freno imposto all’economia dal coronavirus, visto che una importante parte della stagione turistica è andata a vuoto e il rischio persiste anche per l’estate alle porte. Sarebbe opportuno pensare a una riconversione economica verso agricoltura e manifattura, oppure è preferibile investire risorse per il rilancio turistico? 

E’ evidente che sta crescendo la necessità di affrontare l’infarto economico che ha colpito il paese, sperando che non ci siano recrudescenze dell’epidemia. L’economia ha innanzi tutto bisogno di misure sanitarie che io non vedo: bisogna ad esempio che le aziende, almeno quelle di una certa dimensione, organizzino esami sierologici autonomamente. Per ripartire è necessario che chi gira per strada non sia portatore del virus, altrimenti rischiamo una nuova diffusione, che colpirebbe l’economia in maniera mortale: bisogna immaginare che chi non lavora, indipendentemente dall’età, stia a casa. Il tema della riconversione è complesso: l’agricoltura ligure è caratterizzata dalla scarsità di superfici coltivabili, da aziende di piccole dimensioni e da coltivatori che spesso, per vivere, fanno anche altro; non abbiamo allevamenti e la giunta Toti per il settore non ha fatto nessuna scelta di tipo strategico. L’attuale amministrazione regionale ha distribuito finanziamenti con grande lentezza, non è stata fatta la scelta di aumentare la superficie territoriale a destinazione agricola, ed è mancata un’azione sinergica con il fondo sociale di sviluppo europeo che permetteva il sostegno a progetti di agricoltura sociale, di agriturismo e di agricoltura pedagogica. E’ mancata insomma un’azione strategica sul settore, che ha coinvolto anche la floricoltura dell’estremo Ponente. Credo però che non possiamo immaginare una riconversione della Liguria, ma abbiamo piuttosto bisogno di fare una politica di sistema forte che consenta di dare visibilità e forza al turismo. 

Un elemento ritenuto da tutti fondamentale in campo economico è quello della velocità di intervento. Lo ha ricordato il presidente del consiglio Conte quando ha evocato il “modello Genova” per l’Italia post coronavirus, ma lo ha fatto anche il presidente Toti sollevando numerose polemiche, visto che ha chiesto un biennio di deregolamentazione in cui accantonare codici degli appalti e misure antimafia in ragione dell’esigenza di fare investimenti in fretta. Qual è la ricetta per correre, mantenendo alto il controllo sulla legalità in un periodo in cui gli appetiti dei capitali criminali per l’economia legale sono fortemente stimolati dal bisogno di investimenti? 

Io auspicherei che ciascuno facesse quello che deve fare, perché in questo paese siamo tutti maestri nel lamentare le lacune degli altri e nello spiegare loro come si dovrebbero comportare. Sul turismo, il commercio, i piccoli artigiani e il terziario in genere la Regione potrebbe intervenire in maniera più forte. La riqualificazione alberghiera ha visto un investimento di 6 milioni su tutta la Regione con le risorse del fondo per lo sviluppo: è chiaro che, se il turismo è un asse di sviluppo fondamentale della nostra economia, gli vanno destinate ben altre risorse. Se non si fanno scelte strategiche e si usa il fondo per lo sviluppo economico in maniera non determinante, per distribuire invece denaro a pioggia, è chiaro che si fa un errore. Le misure tampone e quelle che consentono di dire che si è fatto qualcosa in conferenza stampa, slegate da ragionamenti strategici, non servono. Toti allora, prima di dire al governo quello che è necessario fare, dovrebbe spiegare perché non ha messo a posto seriamente gli alberghi, ad esempio. Abbiamo un problema di difesa delle spiagge nel Ponente, che si è manifestato anche nel Tigullio con le recenti mareggiate: dobbiamo impostare un progetto di difesa delle coste che richiedono una forte strategia ingegneristica ed economico-finanziaria, mentre ci siamo limitati a far vedere su Sky che la Regione faceva la strada di Portofino. Per rilanciare il turismo abbiamo bisogno di costruire una politica di marketing sul "prodotto Liguria". In questo senso va l’iniziativa di Confartigianato ‘Artigiani in Liguria’, che ha cercato di posizionare il prodotto tipico artigianale ligure sul mercato nazionale e internazionale. Dobbiamo costruire l'offerta di un ‘pacchetto Liguria’ basato sul connubio tra le Cinque Terre e il Tigullio, la città della cultura che è Genova, e poi il Ponente, dove ormai si vive di una stagione turistica estiva di pochi mesi: occorre mettere insieme accoglienza, godibilità del territorio (costa e anche entroterra). Se non si mette insieme questo discorso, che va proposto ai grandi mercati cinesi, indiani, russi, brasiliani ed europei, noi non rilanceremo il turismo. Mi sembra che le misure messe da subito in campo dal governo, con la cassa integrazione e la liquidità per le imprese, senza dimenticare un provvedimento allo studio per aiutare i lavoratori stagionali oggi al di fuori delle garanzie, siano in grado di dare respiro . Se noi possiamo aver messo la maschera ad ossigeno all’economia infartuata, ora abbiamo bisogno che la Regione sia pronta pompare la promozione e sia preparata per la riapertura: quando questa avverrà io non lo so, ma so che succederà, e noi dovremo essere pronti ad offrire attività culturali, eno-gastronomiche, balneari e naturalistiche appena ci sarà di nuovo la possibilità di spostarsi dal proprio Comune. E’ venuta anche l’ora di rivoluzionare l’utilizzo del fondo per lo sviluppo economico, immaginando al suo interno un asse per il turismo, con una linea di intervento che preveda misure strategiche per le aziende del settore. Spero sia questa la proposta qualificante del centrosinistra alle prossime elezioni regionali e mi piacerebbe trovare la convergenza anche del centrodestra sul tema, per il bene della Liguria. 

Siamo sicuri che una simile prospettiva sia applicabile anche a quello che potrebbe rimanere della stagione turistica di quest’anno? Molti operatori la danno già per persa. 

Non sono d’accordo sul fatto che la stagione turistica sia persa; certo, in tempi normali noi godevamo del periodo primaverile e già a giugno cominciava il grosso flusso di visitatori, ma immaginare che il paese rimanga fermo fino a settembre mi pare una tragedia. Abbiamo poi anche visto che le nostre riviere sono state considerate una destinazione rifugio da molti cittadini di fuori regione, tanto che abbiamo dovuto bloccare gli accessi per limitare il contagio. Credo quindi che non sia corretto bypassare questa stagione, e che gli operatori diano per persi i profitti, non la stagione nel suo complesso: un conto è star fermi sei mesi e un conto stare fermi tre. Sul sostegno alle imprese ci sono buoni segnali dal punto di vista della liquidità, della tassazione e della sburocratizzazione, almeno nel testo del secondo decreto; a questo punto farei delle misure di urgenza per salvare non dico giugno, ma almeno il periodo da luglio a settembre. Sarà fondamentale avere delle risorse a disposizione e io spero anche che si arrivi a traguardare un importante strumento europeo come gli Eurobond. Potremmo ad esempio ipotizzare che il turista in arrivo da fuori Liguria abbia i treni gratuiti , o prevedere un aiuto ai Comuni dalla Regione con il fondo strategico al fine di sospendere le tasse di soggiorno.   

Molti cittadini in questa congiuntura rischiano di rimanere senza un aiuto economico fra i diversi che il governo ha disposto per l’occasione. Non era forse il caso di mettere in piedi un sistema di sussidi di tipo più universalistico, anziché procedere per categorie, rischiando di lasciare qualcuno fuori? 

Ora bisogna vedere cosa succederà con la conversione in legge del cosiddetto “Cura Italia”, visto che il documento è incentrato molto sui dipendenti, ma io ho visto anche delle misure per i lavoratori stagionali, ad esempio. Dobbiamo avere contezza che, se non ci sono aiuti per queste categorie di persone, dovranno essere approntati approntati. 

Questa emergenza ha portato anche in luce la fragilità del sistema politico italiano, in particolare per quanto riguarda il rimpallo di responsabilità fra i vari livelli amministrativi. E’ possibile che si faccia strada l’idea di fare dei passi indietro sulle competenze assegnate alle Regioni in determinati ambiti in favore di un nuovo accentramento statale, ad esempio in campo sanitario? 

Bisogna fare una riflessione seria più che altro su come si sono comportati i diversi sistemi sanitari, come quelli dell’Emilia Romagna, della Toscana e in parte del Veneto, dove cioè non è stato tutto investito sugli ospedali privati come in Lombardia: dove il pubblico ha mantenuto centralità abbiamo visto una politica di assistenza e presa in carico dei malati in abitazione che non si è verificata altrove, come in Liguria. Abbiamo voluto imitare la sanità lombarda ampliando gli spazi per i privati, con il risultato di aumentare le fughe sanitarie e di svilire i nostri ospedali, riducendo inevitabilmente i servizi territoriali. Dobbiamo chiederci quali sono stati i problemi che hanno reso il sistema lombardo così fragile e sottodotato di posti in terapia intensiva e subintensiva. Va per la maggiore il convincimento, anche strumentalmente politico, di riaprire i piccoli ospedali diffusi sul territorio, ma io penso che bisogna aprire alla sanità territoriale e a una vera integrazione della politica sociosanitaria. E' sbagliato pensare che se avessimo avuti 20 piccoli ospedali la gente sarebbe guarita: in nessuno di questi ci sarebbero state strutture per l’assistenza intensiva o subintensiva. Abbiamo bisogno di rivedere un po’ tutto l’assetto istituzionale: comuni troppo piccoli, regioni troppo piccole e una responsabilità troppo diffusa rendono facili i rimpalli di responsabilità fra i vari livelli amministrativi e politici, e fra le strutture di amministrazione tecnica. Toti poi si deve decidere, visto che difende l’autonomia con il coltello fra i denti e poi si lamenta dicendo che è sempre colpa dello Stato. In ogni paese federalista si riconosce una forte autorità centrale e per noi dovrebbe essere uguale. Nel momento in cui arriva in una Regione la protezione civile dovrebbero esserle consegnate le chiavi della situazione per poter operare con la massima autonomia, ma al momento non è così: proprio per queste dinamiche non si è capito perché non sia stata istituita a Bergamo una zona rossa. 

La crisi generata dalla pandemia è arrivata anche a congelare un momento di difficile equilibrio politico per le forze al governo e per il progetto di un centrosinistra allargato al M5S per le regionali, che in Liguria stava faticando molto a vedere la luce. Il rinvio delle consultazioni a data da definire darà tempo a questa compagine politica di organizzarsi meglio e di presentarsi alle elezioni con un programma e un candidato definiti?  

E’ chiaro che saremmo matti se oggi ci occupassimo a tempo pieno delle prossime elezioni , e la gente sarebbe stupita se aprissimo la discussione sul candidato ora. Siamo anche in attesa di conoscere la data delle regionali, che certamente non saranno a giugno o a luglio. Il tema del centrosinistra allargato ai 5 Stelle è stato affrontato con troppe incertezze, ma sono convinto che occorra anche su scala nazionale contrastare il centrodestra con uno schieramento di larghe intese, come si sarebbe detto un tempo, e credo che questo sia oggi possibile in Liguria. Le lacune del governo di Toti, che in questa fase ha dimostrato di sentirsi un pubblicitario più che un governatore, si sono manifestate nella loro pericolosità e inconcludenza: quando si annunciano, ricordando un po' Cetto Laqualunque, “mascherine per tutti” -e gli anziani si vanno a mettere in coda alle farmacie per ritirarle- allora si è fatto un danno. Abbiamo smascherato un atteggiamento comunicativo legato all’immagine più che all’amministrazione perpetrato da Toti, e non si tratta di fare polemica, ma di constatare che siamo gli ultimi in Italia a fare i tamponi, a distribuire le mascherine e a garantire l'assistenza domiciliare ai malati. Se noi possiamo evitare che i positivi vadano in giro, allora chi può lavorare lo fa; ma, se non ci riusciamo, fra due mesi avremo di nuovo l’epidemia. La nostra Regione deve recuperare il ritardo su tamponi e mascherine, se no la ripresa economica sarà ancora più lenta e incerta. Penso che questa differenza tra il fare e il comunicare della giunta regionale consentirà al candidato del centrosinistra di sovvertire il risultato di Toti e della sua proclamata vittoria: io lo vedo anzi nervoso, fa uscire sondaggi e per la prima volta i suoi non sono compatti; la Regione ha cassato i progetti di Bucci sull’autoparco a Cornigliano e sulla ristrutturazione del Carlini. La partita per le regionali è tutt’altro che chiusa.

Carlo Ramoino


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