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Cultura | 22 aprile 2018, 08:20

Compagnia Italiana di Prosa di Genova: quando il teatro è scuola e impegno civile

Saverio Soldani racconta come con la Compagnia Italiana di Prosa abbia restaurato il Teatro Rigon a Sestri e abbia iniziato a portare per l'Italia il teatro sociale

Compagnia Italiana di Prosa di Genova: quando il teatro è scuola e impegno civile

È uno degli ultimi capocomici rimasti. Ha una somiglianza impressionante con Pirandello, che interpreta in video e sul palco e, con la sua produzione teatrale, la Compagnia Italiana di Prosa, ha fatto dei classici del ‘900 il proprio cavallo di battaglia. È Saverio Soldani, che ha anche il merito di aver restaurato il Teatro Rigon e di portare in giro per l’Italia il teatro sociale.

Il progetto di restauro del Teatro Rigon a Sestri Ponente è ultimato?

Lo abbiamo avuto in concessione dal Cenacolo Domenicano, un ordine di suore, che a Sestri avevano diversi ordini scolastici, tra cui quello magistrale. Era stata la fondatrice, Ermelinda Rigon, che credeva nel valore formativo del teatro, ad aver aperto questo piccolo teatro nel 1924. Poi la scuola, come il teatro, subì una brutta sorte e restò chiuso per trent’anni, finché non abbiamo saputo della sua esistenza e abbiamo chiesto di usarlo in cambio dei lavori di ripristino. Lì teniamo lì la maggior parte dei corsi, ma non spettacoli, perché ne abbiamo l’agibilità solo come accademia e sala prove, ma non per il pubblico spettacolo, perché, pur essendo a norma in tutto, è privo del retro palco, dove c’erano i camerini, perché le suore lo hanno venduto. Vorremmo ricostruirli, ma dobbiamo avere la certezza di poter restare almeno per alcuni anni, per poter sostenere le spese, che ammontano ad alcune decine di migliaia di euro. Il problema è che le suore non sanno cosa fare, potrebbero anche trasformarlo in casa di riposo.

Gli allievi dei corsi imparano direttamente sul palco del Teatro Rigon?

Sì, la maggior parte dei corsi, per dilettanti e professionisti, si tiene lì e funziona tutto perfettamente: una cosa è farlo in una sala, un’altra in un teatro. Abbiamo un corso anche a Nervi, nel Cinema San Siro. A seguire gli allievi in prima persona è Elena Siri, la mia socia. La frequenza è di due ore alla settimana e si tratta di moduli di 12 lezioni, per la durata di 3 mesi, e ogni modulo si conclude con un saggio. Poi si può proseguire infatti c’è chi viene da 9 anni. Sono persone motivate, perché ci vogliono passione e abnegazione. I saggi rispecchiano in parte la nostra produzione di teatro sociale e pirandelliano.

Perché la produzione è finita?

Dopo 25 anni di carriera, abbiamo smesso di produrre dal 2015. Sia per motivi miei di salute, sia perché in Italia non si investe in cultura come in Francia o in altri Paesi: pensi che il nuovo presidente di Cuba è stato Ministro della cultura per anni. Qui il Ministero si interessa dei Beni, ma non delle attività culturali, come il teatro. Nel 2010 avevo fatto un sondaggio ed è emerso che tra le 5 compagnie private sovvenzionate dal Fondo unico dello spettacolo, prendevamo, da dividere, 100 mila euro; ma solo per diritti d’autore, Siae, tassa dello spettacolo e così via, restituivamo allo Stato 250 mila euro, esclusi gli stipendi al personale. La nostra compagnia aveva 12 addetti da pagare.

Eppure le vostre produzioni erano di successo.

Abbiamo sempre fatto teatro classico del ‘900, quindi spingendo molto anche sul rapporto con la scuola. Infatti abbiamo lavorato con ragazzi di tutta Italia, dai 15 ai 18 anni, toccando in tournée di circa 90 giorni, ben 70 città, da nord a sud, con una media di 500 spettatori al giorno. Abbiamo portato in giro da Luigi Pirandello a Woody Allen. Abbiamo proposto anche lavori tematici, come il cinema di Pirandello, che scrisse testi su cui lavorarono attrici come Marlene Dietrich, e il suo rapporto col Nobel. Abbiamo anche mostrato filmati originali durante lo spettacolo e siamo stati la sola compagnia che abbia fatto ascoltare la sua unica intervista audio in italiano: era un colpo di teatro per l’emozione che produceva nel bel mezzo della rappresentazione.

Ma ancora continua a prestargli voce e corpo nei videoclip.

Sì, ho girato nel 2017 il video Il poeta di Girgenti con il gruppo siciliano folk rock Malarazza, in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita di Pirandello. Hanno immaginato che per magia tornasse in Sicilia, trovandola distrutta. Infatti abbiamo girato nel Belice, a Poggioreale, dove il terremoto rappresenta, nel video, quello etico e morale dei politici, che hanno distrutto questa terra. Naturalmente sarà lui a salvare la Sicilia. Il videoclip è di nostra produzione ed è stato proiettato in diverse università americane, una delle quali, quella di Chicago, ci ha chiesto un altro contributo. Per questo a maggio ne gireremo un altro, direttamente nella casa-studio di Pirandello a Roma, dove tutto è rimasto intatto dal 1936: sulla scrivani ci sono ancora le sue sigarette e le sue scarpe ai piedi del letto.

Com'è nata l'idea di fare teatro civile?

Credo di essere uno degli ultimi capocomici in Italia, come ai tempi della Commedia dell’Arte, perché ormai i meccanismi sono completamente cambiati e i guadagni veri non si fanno col teatro, ma con tv e cinema. Quindi, costretti a chiudere il teatro classico del ‘900, abbiamo pensato al filone di teatro civile, che è basato su altri criteri. Così portiamo in scena due pièce: Bye bye Gillo e Dove va la vita. La prima è l’unico testo in Occidente scritto da un autore arabo, Taha Adnan. Si tratta della storia, piena di disavventure e sofferenze, di un migrante marocchino, interpretato da Simone Giacinti, per la regia di Elena Siri. Invece Dove va la vita di Michéle Guigon, è la storia tutta al femminile dell’autrice, che parla dell’esperienza della malattia e della mastectomia. Solo a Parigi aveva fatto 400 repliche e ho voluto farla conoscere anche in Italia, traducendola e proponendola ogni tanto e in occasione della Giornata della prevenzione.

E infine c’è Comici in viaggio di Elena Siri.

Elena Siri ha deciso di scrivere questo testo drammaturgico con Alessandro Ferrara, perché le maestre lamentano il fatto che i bambini non sanno più cosa siano le maschere della Commedia dell’Arte, che invece rappresentano una nostra importante tradizione: un bambino ha pensato che Pulcinella fosse un eroe dei fumetti! Allora hanno costruito la storia della Commedia dell’Arte, ma attraverso un simpatico escamotage. Finora Comici in viaggio è stato rappresentato in 50 città.

 

Medea Garrone

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