Cultura - 27 novembre 2018, 16:26

Valeria Corciolani, il "giallo" dentro un mondo di colori e profumi

Terzo libro per la scrittrice chiavarese della saga ‘La colf e l’ispettore’: ‘A Mali Estremi’ viene presentato domani al Museo Biblioteca dell’Attore di Genova e venerdì a Chiavari. L’autrice: “Questa volta si parte con un cadavere in pieno periodo natalizio”

‘Non c’è due…’: potrebbe essere il titolo di un nuovo romanzo di Valeria Corciolani? Chissà, forse. Perché la scrittrice chiavarese, sempre più stimata (e letta) a livello nazionale, ama intitolare gli ultimi suoi lavori con mezzi proverbi. E ‘A Mali Estremi’ è proprio il terzo capitolo della fortunata saga che Valeria dedica al suo ispettore, il valdostano di origini francesi Jules Rosset, e alla colf Alma, che lo aiuta nella risoluzione di casi sempre più intricati, sullo sfondo di una Chiavari ora calda, ora austera, ora natalizia, continuamente bella, affascinante, magistralmente descritta, anzi dipinta.

La Corciolani, il cui ultimo giallo è uscito nei giorni scorsi, presenterà il testo e parlerà del suo lavoro in due appuntamenti in questa settimana. Mercoledì 28 novembre, alle ore 17, sarà al Museo Biblioteca dell’Attore di Genova (via del Seminario 10, quarto piano), nell’ambito della rassegna ‘7 autori di gialli interrogati da 7 detective’. L’attore Miro Gatti, nei panni di Maigret, sottoporrà la simpatica scrittrice chiavarese a un esaltante ‘terzo grado’. Venerdì, 30 novembre, quindi, alle ore 17,30, prima presentazione ‘casalinga’, presso Wylab di via Davide Gagliardo a Chiavari.

Valeria Corciolani, che nasce come illustratrice ma ha da sempre avuto una grandissima passione per tutto ciò che è letteratura, oltre che per le espressioni artistiche, è un caso piuttosto singolare nella narrativa italiana contemporanea. Dopo aver pubblicato le sue prime esperienze con Mondadori e con Emma Books (con la quale mantiene la collaborazione), è passata per il ciclo di gialli ad Amazon Publishing. Un ‘editore’ particolare, in quanto spin-off del colosso dell’e-commerce. Difatti la distribuzione avviene - internet a parte - grazie all’impegno di molti librai indipendenti, degli amici di Valeria e della stessa scrittrice. Amatissima pure sui social network: e lo si vede dal seguito dei suoi post, dove peraltro sa dimostrare la sua bravura, anche sul ‘breve periodo’.

Siamo al terzo capitolo, ma dove vuole arrivare?

Il contratto con Amazon prevede sei libri sul ciclo dell’ispettore Rosset e della colf Alma. Quindi siamo esattamente a metà. Queste storie stanno funzionando molto bene, anche se sono extra rispetto al normale mercato editoriale. Ma questo, spesso, può anche essere un vantaggio. Nel primo giorno, sono state vendute di ‘A Mali Estremi’ oltre mille e cinquecento copie, che per una novità sono tantissime, di questi tempi. I primi due invece, ‘Acqua passata’ e ‘Non è tutto oro’, si sono attestati intorno alle diciottomila copie ciascuno. Ma il bello è che, quando esce il nuovo, tornano di moda anche loro. C’è poi da tener conto che tutti i libri di Amazon Publishing sono anche scaricabili in versione digitale. Quindi il venduto è una parte del diffuso. Sono contenta di essere letta e di piacere così tanto.

Qual è, secondo lei, l’elemento vincente?

Io su questo aspetto sono ancora molto tradizionale. Dico che l’elemento vincente di un libro, o di una saga, sono le recensioni e il passaparola. Su Amazon, poi, vengono seguite moltissimo e prese a riferimento le recensioni da parte dei lettori. Più stelline hai e più piaci. Quindi si crea un effetto a catena.

Lei legge tutte le recensioni?

Sì, tutte. Sia quelle dei critici, sia quelle dei lettori. Mi emoziona quando alcuni di essi sanno cogliere nel mio testo passaggi che sono stati molto importanti anche per me. E’ una sorta di immedesimazione. Tutto nasce da dentro: la scrittura, la storia, le emozioni. Se qualcuno coglie questo aspetto, lo riesco a sentire vicinissimo, anche se magari ci sono uno schermo e un mondo di distanza. Molti scrivono in pubblico, molti altri in privato.

Riesce a rispondere a tutti?

Sì, sono sempre io che rispondo. Non ho nessuno dietro di me. Faccio tutto da sola. Scrivo i miei libri, curo i social, rispondo ai lettori. Mi fa piacere. Non potrei fare diversamente. Al rapporto con il lettore, digitale, epistolare ma anche fisico, dedico moltissimo tempo. E’ importante e, al tempo stesso, mi piace molto. Uno degli aspetti positivi dei social, che per la verità non ne hanno moltissimi, è proprio questo: il fatto che puoi interagire, a me fa piacere. Poi certo le presentazioni di persona hanno un altro fascino. Mi piacciono e mi divertono molto.

Lei non è la scrittrice che vive in una bolla.

Al contrario. Io devo uscire, ascoltare, leggere, dialogare. Anche se il tempo non è moltissimo. La serialità a cui ti lega un ciclo di romanzi non lascia scampo. I tempi di consegna sono stretti. Poi c’è tutta la parte di rilettura, limatura, correzioni. La scrittura dura circa quattro mesi, gli altri quattro sono per migliorare e affinare il testo. Ogni nove mesi, più o meno, deve uscire il successivo. E’ un lavoro a tempo strapieno. Anche se spesso, come quasi tutti i mestieri che hanno a che fare con la creatività, non viene visto né valutato così.

Riesce a mantenere il suo filone per ragazzi?

Sì, riesco perché lo voglio mantenere. Sia a livello di illustrazioni che di scrittura. E poi, continuo a frequentare le scuole, come ho sempre fatto. Per insegnare agli studenti l’importanza delle letture e dei libri. C’è bisogno di leggere, e tanto, in questa società. Parlo ai ragazzi dei libri che ho amato, e di quelli che amo. Mai e poi mai dei miei. Ci sono momenti appositi per farlo. Non andrei mai a scuola a farmi promozione, non sarebbe assolutamente corretto.

Come si conciliano dovere e creatività?

Bella domanda. Non si conciliano. Io mi rendo conto che non si conciliano. Le due cose non quagliano, non c’è verso. Però, alla fine, ogni romanzo viene fuori. E’ una specie di magia. Mi piace l’idea di avere una bacchetta in mano, oltre che la penna.

Chi ha avuto l’idea dei mezzi proverbi nei titoli?

L’ho avuta io. E’ iniziato per caso, è piaciuto all’editore e stiamo andando avanti così”.

‘A Mali Estremi’ è il terzo capitolo. Siamo giusto nel periodo di Natale. Che succede a Chiavari?

L’atmosfera è prenatalizia, anche se l’attesa non viene vissuta dai protagonisti con un grande trasporto emotivo. L’azione inizia il 10 dicembre. A seguito di un incendio in una ditta di arte sacra, viene ritrovato un cadavere. Vicino a questo c’è una scritta araba. Tutto fa pensare, ovviamente, a un’azione terroristica. Rosset, che ha una febbre da cavallo, si trova da solo, in quanto il sovrintendente Solari, suo più stretto collaboratore, è ko per via della scarlattina che gli ha appioppato il figlio. Anche Alma ha i suoi problemi e per giunta si è fidanzata e crede che Rosset sia geloso.

Il romanzo si apre con Didier, un ragazzo di colore.

Sì, ho voluto introdurre questo tema, molto attuale. Didier si trova per puro caso nella zona dell’incendio, quando questo avviene. Quindi è doppiamente sospettato: per il fatto di esser stato lì e per il fatto di essere uno straniero. Mi faceva piacere dare una voce anche a questo clima che si respira ai nostri tempi. Lui ovviamente non c’entra nulla, ma questo si capirà solo alla fine del romanzo. Quindi bisogna leggerlo.

In questa terza vicenda chiavarese, si vive di più al chiuso.

Sì, c’è meno la Chiavari esterna. Stiamo dentro alle dimore delle famiglie bene. Il tema della Chiavari borghese ritorna. Ma si affacciano per la prima volta anche nuovi personaggi”.

Lei scrive come se dipingesse. Usa un’aggettivazione ricchissima, dedica cura e amore a tratteggiare ogni soggetto, non tralascia mai il particolare, ama moltissimo i colori. Tutto questo si riflette nella sua prosa.

Mi piace raccontare i miei personaggi, trattarli tutti con la stessa dignità, come se fossero tanti miei figli su carta. Me li visualizzo sempre davanti, mentre scrivo. E poi mi viene più facile muoverli.

Essendo lei una illustratrice, ha mai disegnato realmente su carta Rosset e Alma? Che faccia avrebbero?

No, non l’ho mai fatto. Mi sono sempre rimasti nell’immaginazione. Lì sono ben presenti. Quanto a disegnarli, chissà…

Ambientare i romanzi nella sua città la rassicura?

Mi piace muovere i miei personaggi entro un sistema che conosco. Chiavari è una città ma, in fondo, anche un paesotto. Dove tutti sanno tutto, dove il pettegolezzo regna sovrano. E’ un terreno fertilissimo dove far avvenire cose, dove ambientare storie. A me piace scrivere dopo aver respirato l’atmosfera, le persone. E’ per questo che Chiavari resta lo sfondo migliore.

Nel panorama dell’editoria, il suo caso è assai singolare. Un editore legato alla multinazionale che, a detta di tanti librai, ha rovinato il loro lavoro.

Il mio agente mi ha proposto di lavorare con Amazon Publishing e io ho accettato, pur avendo lavorato, anni fa, presso una libreria. Ci sono tanti bravi librai indipendentemente da internet. Quanto ai colleghi scrittori, quasi nessuno ha mai storto il naso. Anche perché io non credo che ci sia il problema di farsi le scarpe l’uno con l’altro. E’ già stato tutto scritto. Nessuno inventa più nulla. L’importante è come le storie vengono scritte e narrate. Io non ho problemi a leggere libri di colleghi e, se mi piacciono, ho ancor meno problemi a dire che sono più bravi di me. Non sono mai stata una persona invidiosa.

Alberto Bruzzone