- 29 novembre 2019, 18:00

Treno InterCity: viaggiare di gran classe!

Il titolo riecheggia lo spot di una famosa emittente radiofonica e può apparire velatamente (ma non troppo) ironico ma...

Cosa?? Egomet, ma non è che sei ancora sotto gli effetti dell’ultimo aperi-treno per intitolare così la puntata odierna del tuo blog?”

In effetti il titolo riecheggia lo spot di una famosa emittente radiofonica e può apparire velatamente (ma non troppo) ironico ma d’altronde chi mi conosce da tempo e chi ha iniziato a conoscermi leggendo le mie considerazioni settimanali sul pendolarismo in questa rubrica, ha colto perfettamente questo aspetto del mio carattere.

Infatti occorre evidenziare che la qualità delle condizioni di viaggio di chi utilizza prevalentemente, come i pendolari della Genova-Milano, i convogli InterCity, è decisamente peggiorata da quando Trenitalia, fra il 2007 e il 2009, decise di convertire le carrozze denominate ESCity (precisamente le Z1, Gran Comfort ed Eurofima), precedentemente utilizzate per i treni Frecciabianca, mettendole a servizio degli InterCity. Ciò potrà risultare poco chiaro a chi utilizza il treno InterCity occasionalmente – anche se va detto che non pochi pendolari che viaggiano da tempo non sanno nemmeno di cosa sto parlando, a testimonianza di un diffuso atteggiamento di disinteresse su argomenti sui quali dovrebbe esserci almeno maggiore consapevolezza – ma tali carrozze, revampizzate (ossia: ristrutturate e trasformate) da scomparti di sei posti ciascuno a salone unico, riducono del 28% lo spazio a disposizione del viaggiatore ed aumentano del 300% la rumorosità per non parlare delle poltroncine che non sono affatto ergonomiche in quanto non permettono una corretta posizione di seduta e provocano patologie alla schiena.

E’ vero che ci sono alcuni pendolari genovesi e liguri (non molti a dire il vero) che apprezzano gli attuali InterCity reputandoli qualitativamente di buon livello (!) ma visto che la componente masochistica è parte integrante del DNA del viaggiatore seriale, non c’è da stupirsi: come si suol dire, “de gustibus non est disputandum”!

Ciò che incide significativamente sull’innalzamento del tasso di stress di chi viaggia utilizzando le suddette carrozze ESCity è altresì il fatto che la mancanza degli scomparti ha drasticamente aumentato il c.d. “inquinamento acustico”: infatti, se hai la sfortuna di beccarti la presenza di passeggeri, pendolari o no che siano, che schiamazzano anziché parlare, viaggiare in condizioni ambientali quanto meno decenti è assai arduo.

Io personalmente cerco di ovviare a queste situazioni ambientali fastidiose tentando di estraniarmi dal contesto ambientale che c‘è a bordo del treno, almeno per una parte del viaggio, o leggendo un buon libro o ascoltando nelle cuffie la musica che porto sempre con me (in particolare quella del mio musicista preferito ossia il chitarrista Pat Metheny dal cui bellissimo brano “Last Train Home” ho tratto lo spunto per intitolare il mio blog): ciò mi aiuta in un qualche modo a stare bene a prescindere dal fatto che il treno sia in ritardo o meno. Ma ciò non è sempre possibile, tutt’altro. Emblematico è ciò che accade la mattina sull’InterCity 652, treno tra quelli maggiormente utilizzati dai pendolari genovesi e da quelli della riviera di Levante. Partendo questo treno praticamente poco prima dell’alba, quando ancora intorno a te è buio profondo, gradiresti poter riposare ancora un po’ visto che ti sei alzato prestissimo. Ebbene, magari già a Genova hai la sfortuna di trovarti vicino persone il cui volume e tono di voce è a dir poco indisponente e, diciamolo pure, urticante, sintomatico peraltro di una scarsa educazione. Ma l’incubo di molti pendolari genovesi è la salita a bordo, intorno alle 7.30, dei pendolari di Voghera. Premesso che con alcuni di loro siamo riusciti ad allacciare anche dei piacevoli rapporti rendendoli partecipi dei nostri aperi-treno, è però indiscutibile il fatto che non pochi di loro, decisamente più pimpanti di noi pendolari liguri - essendosi alzati ad un orario più decente - entrano nelle carrozze starnazzando – e qui, a costo di risultare politicamente scorretto e sessista, faccio particolare riferimento a certe esponenti del gentil (?) sesso – nel contempo sbattendo con voluta veemenza i tavolinetti pieghevoli posti in mezzo ai sedili. I contraccolpi sull’apparato psico-nervoso di noi pendolari genovesi sono a dir poco devastanti.

Come se tutto ciò non bastasse a valutare negativamente il materiale rotabile che compone gli attuali InterCity, aggiungiamoci anche il persistente problema che scaturisce dai frequenti guasti del blocco porte delle carrozze. Situazione paradossale per chi non utilizza abitualmente questo tipo di treni e ancora più per quei viaggiatori stranieri che rimangono allibiti nel vedere che nel 2019 in Italia vi sono dei treni che portano ritardo perché il sistema centralizzato di chiusura delle porte delle carrozze non funziona.

E quindi, come porre rimedio a questa situazione così critica per chi viaggia sulla tratta Genova-Milano? A mio avviso è necessario che da un lato le aziende ferroviarie ripensino e ridefiniscano completamente il modo di concepire e di gestire i servizi ferroviari e dall’altro le istituzioni pubbliche finalizzino il complesso e problematico processo di realizzazione delle infrastrutture ferroviarie fondamentali (Terzo Valico, Quadruplicamento della Tortona-Milano, Nodo di Genova solo per citare le principali). Ma la strada (ferrata), ahimè, è ancora lunga.

Egomet