In nomine omnipotentis Dei,
Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.
Sum munita viris, muris circumdata orbus
virtute mea pello procul hostica tela.
Si pacem portas licet has tibi tangere portas,
si bellum queres tristis victusque recedes.
Auster et Occasus, Septemptrio novit et Ortus
quantos bellorum superavi Ianua motus
Nel nome del Signore potente Dio Padre
e del Figlio e dello Spirito Santo Cosi Sia
Sono difesa da uomini – circondata da mura mirabili
E col mio valore – respingo lontano le armi nemiche
Se porti pace – ti è lecito toccare queste porte
Se chiedi guerra – ti allontanerai triste e vinto
Il meridione e l’occidente – il settentrione e l’oriente conoscono
Quanti assalti di guerra – Genova superò
Queste parole sono scolpite nella pietra posta all’ingresso di Porta Soprana, una delle porte di ingresso alla città di Genova. Fra le principali architetture medioevali in pietra del capoluogo ligure, è situata sulla sommità del Piano di Sant'Andrea (a poca distanza dall'omonimo colle, spianato agli inizi del XX secolo), da cui prende il nome (l'appellativo Soprana è invece una corruzione da Superana: la porta era così chiamata perché si trovava rialzata rispetto al piano cittadino). Oggi la porta ha l’aspetto che gli venne dato durante la ricostruzione per la realizzazione della terza cinta, le Mura del Barbarossa, nel 1155, proprio per prevenire l’assedio da parte dell’imperatore Federico I Hohenstaufen, detto appunto, il Barbarossa. Dalla Porta Soprana la nuova cinta muraria ampliava notevolmente la porzione di città racchiusa in essa, rispetto a quella precedente. Da questo punto si prolungava per circa 2,4 km, racchiudendo un territorio di 55 ettari. Si narra che la costruzione fu ultimata in soli 55 giorni, con il contributo di ogni cittadino, donne e bambini inclusi.
La leggenda tramanda un racconto molto suggestivo, ovvero che a protezione delle solide mura, vi sia lo spirito di un guerriero valoroso, sacrificato da un alchimista affinchè l’anima potesse essere imprigionata sulla soglia per l’eternità. Il rito sacrificale sarebbe stato svolto pubblicamente da un noto stregone dell’epoca, che avrebbe versato il sangue del guerriero scelto con cura sulla soglia, garantendo una protezione spirituale senza eguali. Tuttavia si narra che l’anima defunta e ritualizzata, avesse bisogno di tributi di sangue, servendosi in periodi di guerra senza esitazione.
Inoltre, sul finire del XVIII secolo, abitò nella torre il boia Luis Victor Samson, degno figlio di tal Samson che a Parigi fece cadere le teste dei reali di Francia Luigi XVI e Maria Antonietta d’Austria. In una delle due torri era ospitata la ghigliottina ed era usanza appendere sotto l’arco della Porta, chiuse in raccapriccianti gabbie di ferro, le teste dei giustiziati. Chissà se anche questo era un tributo di sangue collegabile allo spirito del guerriero che proteggeva Porta Soprana.
Nelle immagini, i guardiani della porta sono Marco Bagatin (all’interno della torre) e Marco Serra (sulla soglia di ingresso della porta)
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