- 08 marzo 2020, 14:00

Quel sughetto napoletano… “La Genovese”

A Napoli, c’è una ricetta, un sugo in particolare, che fa parte della tradizione popolare; una ricetta non per le grandi occasioni, ma per la famiglia, e che di nome non ha niente di partenopeo...

A Napoli, c’è una ricetta, un sugo in particolare, che fa parte della tradizione popolare; una ricetta non per le grandi occasioni, ma per la famiglia.

Il sugo, con un nome che non ha niente di partenopeo, è propriamente detto La Genovese, nome superbo e solitario come la città a cui si riferisce. Non è un contorno, si usa per condire la pasta, rigorosamente maltagliati o mezzani, o comunque pasta corta, e può essere considerato alla pari di un ragù bianco.

Genovese si chiama, ma non si usa a Genova.

Ma come mai?

Bisogna tornare un po' indietro nel tempo, nel Seicento per l’esattezza, quando in città si erano stabiliti moltissimi osti genovesi.

Questi, come nella migliore tradizione genovese, cucinavano la carne in questo modo, una sorta di cucina di recupero, dove da un unico pezzo di carne si ricavava sia il sugo per la pasta che la carne da mangiare a parte, come secondo.

Tante le versioni sulle sue origini, nell’Ottocento ad esempio, pare che cuochi genovesi cucinassero in porto questo gustosissimo sugo.

La Genovese si fa con taglio di prima qualità, e dopo tante ore di cottura (e tante, tante, tante cipolle) risulterà tenerissima, da tagliare con un grissino.

Per La Genovese, infatti, bisogna chiedere il primo taglio di annecchia, che non è altro che il vitello, oppure la punta dello scamone, ma va bene anche il lacerto detto anche girello.

Ci vuole impegno, ci vuole tempo per cucinarla e ci vuole tanto amore, la si prepara per chi veramente la apprezza e la richiede.

Un consiglio: al posto di dire “Ti Amo”, mettetevi ai fornelli e preparate una Genovese… l’altro capirà…

 

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Zenet / Paola Garetti