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Attualità | 13 settembre 2020, 16:25

Grazia Giovannetti, l’artista che rende astratte pure le linee geometriche

Riscoperta di recente, anche grazie a un contatto da parte di una prestigiosa galleria di New York, espone le sue opere alla Cella Art & Communication di Santa Margherita Ligure. Ottantotto anni, lavora da cinquanta

Grazia Giovannetti, l’artista che rende astratte pure le linee geometriche

Raccontare la casa e i suoi spazi, attraverso l’arte. Grazia Giovannetti lo fa esattamente da cinquant’anni, riuscendo nell’impresa, attraverso il suo talento, di far diventare persino la geometria un concetto astratto.

È una sfida alla creatività stessa: comporre e poi scomporre, giocare sulla scala cromatica, sulle forme, sugli angoli e sulle superfici. Senza mai deludere. Mezzo secolo di lavori, una produzione amplissima fra la terra di Toscana e la Liguria, le due grandi ‘patrie’ dell’artista, collina da una parte e mare dall’altra, a motivare il suo estro, a stimolare la sua ispirazione. Ottantotto anni di passione, con le mani e soprattutto con la mente che non hanno alcuna intenzione di fermarsi. E l’arte contemporanea ringrazia.

Già protagonista di numerose mostre personali nel corso della sua carriera, ora Grazia Giovannetti è nuovamente sotto i riflettori grazie a un’importante e preziosa congiunzione astrale: l’incontro con Barbara Cella della galleria Cella Art & Communication di Santa Margherita Ligure, che non solo ha saputo valorizzarne le opere, ma con Grazia ha avuto la primissima occasione di rilancio dopo il periodo del lockdown. Cella Art & Communication, infatti, ha ripreso la sua attività dalla sede espositiva di via Roma a quella degli storici locali dell’Hotel Laurin, da sempre adibiti a ospitare mostre d’arte e di design. Qui la galleria è diventata permanente e la prima ospite di questo nuovo corso è, per l’appunto, Grazia Giovannetti, artista originaria di Lucca ma ormai ligure d’adozione, visto che vive sin dagli anni Settanta a Lavagna.

“Siamo ripartiti - racconta Barbara Cella - anche perché riteniamo che, proprio in tempi di crisi come questo, pieni d’incertezza e ansia, l’arte possa essere un aiuto per le persone. Perché si ha bisogno anche di respirare la bellezza, di distrarsi con la creatività, di condividere cultura. Noi ci crediamo e crediamo in Santa Margherita, in questo territorio che ha sempre avuto attenzione per l’arte e che sta affrontando al meglio la sfida di quest’estate così difficile. È un impegno maggiore, ma vogliamo garantire una continuità annuale al nostro lavoro, cercando di portare in questo luogo artisti interessanti e capaci”.

È il caso, appunto, di Grazia Giovannetti. “Esponiamo - prosegue Barbara Cella - una selezione di lavori della sua lunga carriera, iniziata negli anni Settanta. Sono lavori del periodo che va dal 2000 al 2015 circa, alcuni dei quali non sono mai stati presentati al pubblico”.

A seguire l’artista, oltre alla brava gallerista, c’è anche il figlio, Massimo Ortelio, di professione traduttore. “La mia pittura - spiega l’artista - nasce dall’amore per il colore. Tutti i colori mi danno qualcosa e posso adoperarli tutti, ma, in verità, ritrovo sempre tra i miei colori, quelli della mia terra. Ho in mente certi colori delle tombe etrusche o comunque delle pitture antiche”.

Il ricordo va alle origini: “Essendo autodidatta, devo a Lucca la mia creatività, perché quello che faccio l’ho appreso lì, senza accorgermene. Mi incantavano le vetrate delle antiche chiese, le linee geometriche, semplici, che nell’insieme diventano maestose. Così mi sono portata dietro tutte quelle bellezze che rivivo quando dipingo”.

Difficile spiegare a parole i suoi quadri. L’ideale è vederli dal vivo e la galleria Cella ne offre la possibilità ancora per qualche giorno, sino al 16 settembre, nei locali di corso Marconi 3 a Santa Margherita Ligure. L’orario è dal martedì alla domenica, dalle 10,30 alle 12,30 e dalle 17 alle 19,30.

La Giovannetti ha partecipato negli anni sia a personali che a collettive. L’esordio fu a Chiavari, nel 1978, presso la galleria Il Portico. Poi, sono seguite altre occasioni in gran parte della Riviera di Levante (da Sestri a Framura, passando per il Castello di Rapallo), così come a Ponente (a Pegli) e in altre regioni italiane.

Qualche anno fa, il contatto più prestigioso. Lo ricorda il figlio, Massimo Ortelio: “Fummo invitati dalla galleria Artifact, di Lower East Side a New York. Il contatto avvenne direttamente con il proprietario, l’esperto d’arte Martin Bernstein. Mamma aderì con enorme entusiasmo ma, qualche mese dopo, venne a mancare papà e lei non se la sentì più. Così dovemmo rinunciare, ma siamo comunque rimasti in contatto con questa prestigiosa sede e chissà che in futuro non si ripresenti l’occasione”.

Non è proibito parlare di futuro, anzi: “A dispetto dell’età, indubbiamente avanzata, mamma lavora molto ed è sempre attiva. Certo, magari la mano è un po’ meno ferma, ma le idee e la creatività viaggiano come sempre hanno fatto”. Quando un artista intraprende un percorso, rimane sempre lì e la strada diventa la sua vita, il suo modo di raccontare e di raccontarsi: non esistono capolinea, se non quello più estremo. Del resto, l’arte è un fatto di famiglia, visto che il nonno di Grazia, Enrico Giovannetti, fu un talentuoso pittore, decoratore e restauratore. Ma tanta parte, nella formazione dell’artista, per quanto rimanga autodidatta, la si deve all’influenza del pittore chiavarese Adriano De Laurentis.

A percorrere tutta la produzione, c’è sempre il tema della casa senza finestre, col tetto a due spioventi e stilizzata. Ne parla molto bene la critica d’arte Mara Borzone: “La casa, ridotta ad archetipo grafico, viene smontata nelle sue componenti iconiche e ridotta a pattern, diventando texture, figura indecidibile, citazione optical. Pur lontana per scelta da correnti o tendenze contemporanee di qualsiasi tipo, la Giovannetti rientra in un ambito molto vasto, in cui trovano posto tutti quegli artisti che, interessati ai problemi della Gestalt (una corrente psicologica incentrata sui temi della percezione e dell'esperienza) e superata la fase optical degli anni Sessanta, hanno proseguito la propria ricerca in direzioni autonome. Albers, Vasarely, Grignani o Casula non sono che alcuni fra i riferimenti possibili, e, del resto, anche il lavoro di Grazia Giovannetti, di una precisione estrema, sottostà alle regole della Gestalt, a partire dalla scelta del campo quadrato, con tutte le sue implicazioni, al linguaggio rigorosamente geometrico, fino agli effetti alternati di concavo e convesso. Certi aspetti, tuttavia, contraddicono la tendenza optical, come l’uso dei colori a olio al posto degli acrilici e la scelta costante di colori di mescolanza, con una prevalenza di grigi, blu e verdi in una gamma ampia”.

Mezzo secolo di ricerca. Senza ancora aver messo il punto, ma sempre lasciando viaggiare le linee.

Alberto Bruzzone

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