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Cultura | 26 ottobre 2020, 13:45

Il Festival dell'Eccellenza al Femminile 2020 risponde alla disposizione per lo spettacolo e la cultura contenente nell'ultimo Dpcm

"In questo periodo di lotta contro il virus, nello spettacolo dal vivo abbiamo imparato il significato di “resilienza trasformativa”: trasformare la resistenza passiva al trauma in opportunità di cambiamento"

Il Festival dell'Eccellenza al Femminile 2020 risponde alla disposizione per lo spettacolo e la cultura contenente nell'ultimo Dpcm

"In questo periodo di lotta contro il virus, nello spettacolo dal vivo abbiamo imparato il significato di “resilienza trasformativa”: trasformare la resistenza passiva al trauma in opportunità di cambiamento".

È quello che il coordinamento di tante piccole realtà di cinema e teatro, sotto la guida di istituzioni attente al bene comune, ha messo in pratica come soluzione dei problemi. Nella fase di uscita dal lockdown, superando la tentazione di ritornare al “prima”, abbiamo visto come fosse possibile riorganizzare il proprio sistema produttivo e distributivo con modalità e contenuti qualitativamente nuovi, tesi all’analisi e risoluzione della problematica sociale portata dal Covid19.

E la Comunità del Teatro si è dimostrata efficiente come nessun’altra nel rivedere tutte le proprie regole, ricostruendo il sistema del rapporto con il pubblico, con barriere e distanziamenti rigidi, che qui si vengono veramente rispettati, fronteggiando l’emergenza con continui protocolli che hanno garantito, a detta di tutte le possibili analisi di tracciamento, che in questi mesi nei Teatri c’è stato contagio 0.  

La XVI edizione del Festival dell'Eccellenza al Femminile terminava la sera del 24 ottobre a Genova poco prima del nuovo decreto DPCM, con un programma dal titolo Fattore D le donne nel nuovo rinascimento. La logica che ci ha guidato nel fare il programma è stata vera resilienza trasformativa, applicata a formule di spettacolo. Abbiamo previsto da subito il pubblico contingentato in alcuni casi fino a un massimo di 15 persone, con dirette streaming sui social, con la partecipazione dal vivo di artisti di altissimo livello internazionale, sui palcoscenici del Teatro Nazionale, di Palazzo Ducale e del Museo dell’Attore.

Abbiamo sperimentato con il pubblico un rapporto straordinario proprio per l’obbligo di prenotazione e tracciamento, e “…siamo entrati in un rapporto solidale con lo spettacolo e gli artisti” – ha detto uno spettatore – “scoprendo la necessità di stare a teatro come quella di mangiare…” 

La Comunità, che non sarà mai più quella di prima, ha bisogno di avviarsi verso un processo di “resilienza trasformativa”: una resilienza che vuole superare la tentazione di fare regole e riforme con le modalità e i metodi usati “prima”, fondati sull’idea di ripartenza basata sulla crescita quantitativa.  Fattore D vuole proporre una crescita qualitativa.  

Il decreto DPCM di ieri 24 ottobre annuncia di nuovo chiusura totale di Teatri, circoli culturali, e Cinema, mentre bar, ristoranti e luoghi commerciali in senso stretto - non necessari alla sopravvivenza, anzi forse molto meno necessari dei Teatri, dove il passaggio del contagio è certamente a più alto rischio - restano aperti anche se limitati negli orari. Non comprendendo il significato di tali regole, la Comunità dello spettacolo dal vivo rimane attonita. Il lavoro e il contributo di una categoria di lavoratori importantissima della società contemporanea, nelle regole del nuovo decreto, è dunque ritenuta dallo stato marginale e di nulla importanza? 

Le Donne nel Nuovo Rinascimento sanno bene cosa sia l’esclusione dalla Storia, dalla Scienza, dal Potere, dalla Politica, sanno cosa sia essere una categoria, un genere, una parte invisibile della società senza peso e di nulla importanza, e non si spaventano. 

Dal palco del Festival dell'Eccellenza al Femminile le donne chiedono al governo una riflessione sulle misure del Decreto del 24 ottobre e sulle ricadute che queste misure potrebbero avere, e avanzano alcune proposte. 

La Resilienza è nel nostro DNA ed è naturale elaborare di fronte a questo nuovo decreto una proposta trasformativa che possa davvero portare ossigeno al Teatro nel pieno rispetto dell’emergenza del momento.  

Se le Sale Teatrali e i Cinema devono chiudere l’esercizio per non creare affollamenti (decisione comunque ingiustificata per i motivi di cui sopra) resta però praticabile il Teatro chiuso, che potrebbe produrre e lavorare a porte chiuse nel tempo del lockdown, a ritmo serrato, dedicando alla ricerca, alla formazione e alla progettazione garantendo, come nelle industrie e nelle normali aziende, protocolli interni per gli artisti che lavorano. Le aziende lavorano con operai e dipendenti, il Teatro è un’azienda, perché dovrebbe fermare il lavoro creativo e performativo, se potesse farlo a queste condizioni?! 

Ci potrebbero essere performance aperte al pubblico, con spettatori contingentati nel numero massimo di 15/20 ogni giorno, ripetendo il meccanismo, ma arrivando a tutti con dirette streaming e ogni altra forma di diffusione on line. In questo modo gli artisti, nei periodi di emergenza che sembrano preannunciarsi sempre più frequenti, potrebbero continuare a lavorare nei teatri chiusi, facendo formazione e ricerca drammaturgica, interdisciplinare, sull’utilizzo delle nuove tecnologie, sulle arti applicate alle arti performative e molto altro, il Teatro continuerebbe a creare linfa vitale per le società; un Teatro vivo, punto di riferimento che pulsa, che ci rassicura che la nostra anima è salva, e stiamo solo preparandoci a tempi migliori.

Con una normativa emergenziale del FUS (Fondo Unico per lo spettacolo), lo stato potrebbe sostenere economicamente i Teatri e le compagnie in questo percorso, in cambio di giornate lavorative, di ricerca e di formazione; in questo modo il lockdown non sarebbe punitivo e mortificante per una vasta categoria di lavoratori che fanno del proprio lavoro una ragione di vita.   

È urgente cercare e attivare norme intelligenti, generatrici di energie positive, che dovranno ispirare alla rigenerazione morale e a nuovi modelli di lavoro. Oggi più che mai, abbiamo bisogno di una welfare society piuttosto che di un welfare state; abbiamo bisogno di una sussidiarietà vera, rispettosa degli aspetti individuali e collettivi.  

Per queste ragioni è arrivato il momento di scatenare la fantasia: vanno costruite e recuperate reti, occorre organizzare una rilevazione complessiva dei bisogni dei cittadini, soprattutto di quelli fragili, e tra queste categorie le donne e gli artisti sono i più fragili, immaginando e organizzando risposte efficaci". 

Comunicato Stampa

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