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| 03 dicembre 2020, 18:15

Tentano di sequestrare un imprenditore genovese a Varazze, la Procura conferisce ad un perito informatico un accertamento tecnico sui telefoni sequestrati alla banda

In questo caso il consulente si limiterà però ad effettuare la mera copia della memoria del cellulare, lasciando l'analisi della stessa agli inquirenti e liberandosi immediatamente dei dispositivi. Ancora scena muta del capo banda Davide Termine

Tentano di sequestrare un imprenditore genovese a Varazze, la Procura conferisce ad un perito informatico un accertamento tecnico sui telefoni sequestrati alla banda

Davide Termine, il presunto capo della banda, in carcere, continua ad avvalersi della facoltà di non rispondere. 

Ancora scena muta, forse per difendere qualcuno,  da parte di uno dei sei soggetti arrestati lo scorso 19 novembre a Varazze nell'hotel "La Vela" di via Sardi, dalla squadra mobile della polizia per spaccio di droga, sequestro di persona e minacce con armi da fuoco.

La Procura di Savona, tramite il pm Claudio Martini, titolare del fascicolo, data l'eccezionale gravità del caso, ha deciso di conferire ad un perito informatico un accertamento tecnico irripetibile sui telefoni sequestrati alla banda. In questo caso il consulente si limiterà però ad effettuare la mera copia della memoria del cellulare, lasciando l'analisi della stessa agli inquirenti e liberandosi immediatamente dei dispositivi.

L'ATTIVITA' D'INDAGINE E GLI ARRESTI:

I poliziotti nella loro attività di indagine avevano captato le intenzioni del gruppo di procedere ad un sequestro di persona a scopo di estorsione.

L'attività criminosa dei sei componenti prevedeva infatti l'utilizzo frequente della forza nei confronti dei propri creditori, ma nei giorni scorsi i protagonisti in negativo della vicenda hanno deciso di compiere un ulteriore passo e procedere ad un sequestro di persona nella cittadina dell'estremo levante savonese, teatro poi nella serata di giovedì del blitz decisivo.

L'associazione a delinquere, come l'aveva definita la dirigente della Squadra Mobile savonese Rosalba Garello, aveva contattato nei giorni scorsi un facoltoso imprenditore genovese operativo nel mondo dei catering (che non aveva mai avuto contatti con questi soggetti) con la scusa di effettuare un sopralluogo nell'hotel per un ricevimento, ovviamente non reale, che si sarebbe dovuto svolgere nel prossimo marzo. In realtà in una delle stanze dell’hotel era stato progettato di rinchiudere l’uomo al fine di farsi consegnare, anche con violenza fisica, un’ingente somma di denaro, in cambio della libertà.

L'uomo però, con la scusa di un atto preventivo di controllo da parte della Polizia nell'ambito del monitoraggio anti Covid, era stato intercettato e fermato per essere quindi sostituito da un poliziotto della squadra mobile che si era recato nell'albergo varazzino facendo scattare il piano dei criminali e delle forze dell'ordine, in grado così di cogliere sul fatto gli indagati e procedere agli arresti.

Davanti al gip Alessia Ceccardi, lo scorso 23 novembre, avevano fatto scena muta Claudio Isosceli 43 anni di Torino, titolare dell'albergo e Davide Termine, il presunto capo della banda, 25 anni torinese. 

Parziali ammissioni per il 41enne Bruno Pavese, nativo di Acqui con residenza a Sessame, Asti. Hanno negato i fatti a loro contestati, dichiarandosi estranee alla vicenda, Viviana Amoretti, 28 anni di Pavia, che era stata considerata dal pm "il palo" insieme alla 25enne Samantha Pluchino. Avrebbe ritrattato la sua prima testimonianza davanti al pm Davide Girlanda, 35 anni di Piossasco.

Oltre agli arresti, i poliziotti avevano provveduto, dopo diversi sopralluoghi anche a Torino, al sequestro, oltre che dell'hotel stesso, di circa 1 kg di marijuana, 65 grammi di cocaina, 4 autovetture e di una serie di strumentazioni utili nelle diverse fasi del sequestro di persona, come tre armi da fuoco modificate e non catalogate semiautomatiche (uno degli arrestati aveva in tasca un caricatore con 5 cartucce, la pistola conficcata nei pantaloni e aveva indossato un guanto per non lasciare impronte sull'arma), due corde, un passamontagna, guanti, delle fascette contenitive, un lenzuolo, e delle pinze per immobilizzare la vittima.

I reati ipotizzati a carico degli arrestati sono quindi, oltre alla detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, la detenzione di armi e quella di tentato sequestro di persona a scopo di estorsione. Reato, quest'ultimo, di competenza della DDA per il quale è stato aperto un procedimento presso la procura della Repubblica di Genova.

"Non si trattava di un hotel che riceveva molti clienti, era la vera e propria base operativa dello spaccio dello stupefacente, avvenivano anche piccoli regolamenti di conti per cercare di recuperare i debiti non onorati da parte di questi acquirenti, con atti di intimidazione che probabilmente sono avvenuti con l'uso di armi. Sarebbero stati disposti a tutti" ha continuato Rosalba Garello.

Non è ancora chiaro il motivo legato alla scelta per il sequestro dell'imprenditore genovese e chi e perché nel caso lo avesse "venduto" alla banda. 

Luciano Parodi

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