- 05 dicembre 2020, 09:00

Tradizioni e usanze del pandolce genovese, una prelibatezza del Natale ligure

Il rito non si conclude col pranzo di Natale, la tradizione richiede che del pandolce vengano conservate due fette, una per un mendicante e l’altra da portare in tavola il giorno di San Biagio

Tradizioni e usanze del pandolce genovese, una prelibatezza del Natale ligure

Secondo la leggenda, il pandolce è il capo della tradizione dolciaria ligure e genovese, una prelibatezza che sarebbe nata nel XVI secolo su ordine del doge Andrea Doria.  

Ancora oggi il pandolce genovese è un prodotto molto richiesto ed esaltato nel periodo natalizio. Tuttavia, il mito del “pandôçe”, non riguarda soltanto il modo in cui lo si prepara, ma c’è anche un modo corretto di distribuirlo e consumarlo.  

Il pandolce non può mancare sulle tavole dei liguri, nemmeno in questo “pandemico”. Non ci saranno le grandi tavolate, ma il pandolce, che può apparire nella versione alta o in quella bassa, non mancherà di certo! 

La scelta, è legata sostanzialmente ai gusti, il pandolce alto è più morbido rispetto al prodotto a base di pasta frolla che è quello basso, lievitato naturalmente e meno ricco di ingredienti, assomiglia a una torta lievitata ed arricchita con pinoli, agrumi e cedro. Solitamente viene preferito da chi non ama i dolci troppo ricchi. 

Il pandolce basso, invece, è molto più elaborato, contiene un’alta quantità di burro e zucchero e ai canditi classici vengono aggiunte ciliegie rosse e nocciole. Una tradizione, quella del pandolce, tramandata di generazione in generazione da mamme, nonne e in certi casi bisnonne che iniziavano a prepararlo nelle settimane precedenti al Natale per dare il tempo all’impasto di lievitare e cuocerlo poi sulla cucina a legna o portarlo al panettiere di quartiere perché lo cuocesse nel suo forno.  

Una volta ultimata la preparazione, tradizione voleva che il dolce venisse distribuito nel modo giusto; innanzitutto per portarlo in tavola bisogna mettere un rametto d’alloro al centro e lo deve portare il più giovane della famiglia, che lo consegnerà direttamente al capofamiglia. Quando il capofamiglia inizierà a preparare le fette, la donna di casa reciterà una poesia di Natale e solo a quel punto inizierà la distribuzione delle fette, partendo proprio dalla mamma e andando in ordine decrescente d’età.   

Il rito non si conclude con il pranzo di Natale, in quanto la tradizione richiede che del pandolce vengano conservate due fette, una da donare al primo mendicante che viene a bussare alla porta e l’altra da portare in tavola il 3 febbraio, giorno di San Biagio, protettore della gola: ogni membro delle famiglia dovrà averne un pezzetto e mangiarlo per invocarne, appunto, la protezione. 

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Dario Rigliaco

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