/ Attualità

Attualità | 06 giugno 2021, 14:00

La fiaba della domenica: "Il primo figlio"

La storia Zurlino, gatto di strada, delle sua famiglia allargata e di un padre mai conosciuto

La fiaba della domenica: "Il primo figlio"

Che belle le famiglie dei gattini quando, numerose quali sono, corrono in strada felici con la coda ritta e il musetto simpatico che gira di qua e di là, annusando l'aria.

Che felici sono le famiglie dei gattini quando esplorano i prati rotolandosi e rincorrendosi nell'erba.

Che compatte sono le famiglie dei gattini quando, minacciate da uno spaventoso cane, si chiudono a quadrato e sfoderano le unghie. Tutti per uno e uno per tutti!

Anche la famiglia di Zurlino, una bella famiglia numerosa di gatti di strada sempre pronti a correre, saltare, giocare, rincorrersi, azzuffarsi e fare le fusa, così come si addice ai gatti, e ai gatti di strada ancora di più.

In questa famiglia Zurlino era il primo figlio.

Il primo figlio di sua mamma Medea.

Medea poi si era risposata con Cipresso ed erano nati Carlone, Rinaldo, Maria, Ginestra, Boretto, Luigi, Lavinia, Silvestro, Tarquinio e Torpedine.

Sì, era proprio una bella famiglia di gatti, divertente e numerosa e Zurlino era il primo figlio.

Ma solo di sua mamma Medea.

E Medea, gatta semplice di poco studio e di molta strada, non perdeva occasione per mettere in risalto questo fatto, sia nel bene sia nel male.

Quando Zurlino combinava qualche marachella e arrivava a casa tenuto per un orecchio da Baffo, il vigile di quartiere, subito la mamma diceva: ”Zurlino sei proprio un delinquente come tuo padre, assomigli tutto a lui!”

Quando il gattino Zurlino a scuola prendeva un bel voto ecco Medea affermare: ”Sei tutto tuo padre, intelligente, bello e studioso”.

Quando Zurlino tornava a casa carico di scatolette di tonno rubate al droghiere e utili a sfamare tutta la famiglia per giorni e giorni, la gatta Medea diceva: ”Bravo Zurlino, sei furbo e svelto come tuo padre a cui nessuno poteva farla!”.

E questo fatto, di essere il primo figlio, era diventato a poco a poco, per il gattino una croce e una delizia, un vanto e una vergogna, soprattutto un sentirsi diverso da tutti i suoi numerosi fratelli.

Certamente più una croce che una delizia perché, anche se lui sentiva che la mamma Medea era rimasta legata al suo sconosciuto padre, percepiva nettamente l'odio e il disprezzo della madre verso un gatto che l'aveva abbandonata con lui piccino da allevare. E il padre aveva abbandonato anche lui.

E questo abbandono lo aveva segnato, segnato per sempre.

Anche perché la madre, pur presa dalle mille incombenze dell'allevamento di così tanti gattini, continuava a considerarlo “il primo figlio”.

E anche Cipresso, il marito di mamma, e anche i fratelli.

Loro, certo, giocavano con lui, correvano a perdifiato inseguendo i topolini o scappando dai cani infuriati, ma appena sorgeva una disputa, appena si accendeva una lite, la rabbia accecava i gattini che facevano pesare a Zurlino di essere il fratellastro, “il primo figlio”.

E ogni volta, proprio ogni volta, la paura di essere abbandonato risaliva in lui dal profondo del cuore fino a giungergli in gola, a chiudergli la gola tanto da impedirgli di respirare e di pensare di soffocare.

La mamma Medea a volte riusciva a consolarlo, ma il più delle volte se ne usciva con “sei come tuo padre, rissoso e violento, tu sei il primo figlio e devi essere paziente con i tuoi fratellini più piccoli!”.

E allora Zurlino, con la coda tra le gambe, si metteva all'ultimo posto della fila dei fratelli e non voleva più parlare con nessuno.

La notte sognava. Quasi ogni notte sognava. Quando chiudeva gli occhi, accovacciato in mezzo ai tanti fratellini dormienti dopo una giornata chiassosa, il padre veniva a trovarlo in sogno. Ma non Cipresso, proprio il suo vero papà che lui non aveva mai conosciuto. Era un grosso gatto rosso, con una folta criniera da sembrare un leone, con gli occhi gialli come i suoi, ma più forti, più intensi, occhi che non si abbassavano mai neppure di fronte a quelli del cane più feroce.

Era alto, forte il suo babbo, con le zampe muscolose e la coda sempre in movimento e gli parlava:”Zurlino, caro figlio mio, io non ti ho abbandonato come crede la mamma. Io sono stato catturato dagli uomini e rinchiuso al gattile per il mio brutto carattere e poi, dopo essere stato adottato, sono morto per una brutta malattia”.

E tutte le volte che, al risveglio, Zurlino raccontava il suo sogno alla mamma, Medea lo gelava così:”Zurlino, è solo un sogno che tu ti inventi, tuo padre ci ha lasciati quando eri piccino per rincorrere pranzetti e gattine!”.

E così il piccolo primo figlio ripiombava nell'incubo di essere stato abbandonato e nella paura quotidiana di venire abbandonato ancora dalla mamma e dai fratelli.

Una notte però, una gelida notte d'inverno, con la neve che cadeva copiosa volteggiando nell'aria e coprendo ogni cosa con un candido manto, quando stretti stretti per riscaldarsi i gattini dormivano sognando il calduccio del sole, Zurlino fece un sogno diverso.

Non c'era questa volta il grosso gatto rosso suo padre, ma una dolce bambina bionda con gli occhi blu come il mare e la pelle di pesca.

Zurlino, Zurlino”, disse la bimba, “io so quanto soffri a essere il primo figlio in una famiglia allargata e quanto sei combattuto tra ciò che dice tua madre e ciò che sogni di notte”, “io conosco la verità su tuo padre: vieni nel mio giardino domani in Via della Tavola n.3 e lo saprai anche tu”.

Un brutto risveglio colse Zurlino con un brivido di freddo.

Chi era quella bambina che lui non aveva mai visto? Come poteva sapere di lui e dei suoi crucci? Come poteva sapere la verità su suo padre'

Aveva detto domani, la bimba, ma lui non poteva aspettare il domani, doveva subito andare. E, approfittando del sonno profondo di tutti i suoi cari, lasciando nitide ombre sulla neve, si avviò veloce verso il giardino che aveva indicato la bimba.

E cammina, cammina, cammina, con la neve che aveva imbiancato tutto il suo rosso pelo, arrivò in Via della Tavola al n. 3.

Una bassa casetta con il lume sulla porta lo accolse: sembrava una casa gioiosa.

Bianche tendine alle finestre, un filo di fumo dal camino e sul prato, nella neve, tanti giochi di bimba.

E un po' più distante una croce.

Con il cuore in tumulto, Zurlino corse sulla neve verso quella croce.

Con scrittura di bimba vi era scritto “Qui giace Romeo, gatto rosso e bellissimo, morto di crepacuore per non aver più potuto abbracciare suo figlio Zurlino”.

Un mondo nuovo si aprì all'istante al gattino: non era stato abbandonato dal papà, adesso sì sarebbe stato il primo figlio, esempio e guida per tutti i suoi fratellini”.

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A APRILE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

Telegram Segui il nostro giornale anche su Telegram! Ricevi tutti gli aggiornamenti in tempo reale iscrivendoti gratuitamente. UNISCITI

Ti potrebbero interessare anche:

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore|Premium