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Attualità | 13 agosto 2022, 07:32

Speciale Morandi - Fra la tragedia e la rinascita: viaggio tra i commercianti della zona rossa

Due testimonianze, quelle di Antonio e Lala, che hanno resistito dopo il crollo tenendo aperti i loro negozi nonostante le difficoltà

Speciale Morandi - Fra la tragedia e la rinascita: viaggio tra i commercianti della zona rossa

A quattro anni dal crollo del ponte Morandi, costato la vita a 43 persone, La Voce di Genova vuole ricordare i terribili fatti di quel giorno con uno speciale che accompagnerà i lettori fino all’anniversario di domenica. La giornata è dedicata ai commercianti della zona rossa.

La zona rossa, istituita subito dopo il crollo del Ponte Morandi per la sicurezza, ha visto coinvolte decine e decine di attività commerciali: alcune non sono riuscite a resistere ai mancati incassi, altri hanno provato a resistere, qualcuno c’è anche riuscito. 

Racconta Antonio Lualdi, barbiere e parrucchiere di via Walter Fillak: “È stato un disastro, la gente di qua non poteva più passare, e molti dei residenti hanno lasciato il quartiere. Tra loro c’erano anche molti miei clienti storici”. L’espressione è quella di chi ha dedicato una vita al lavoro, per poi trovarsi in una difficoltà inaspettata e decisamente immeritata. “Abbiamo perso tutti indistintamente, la ripresa in realtà non c’è stata sul serio. Le persone ora si spostano di più, continuano ad andare in giro, ma palanche… nu ghe né”.

Tra i negozianti della zona intorno al Ponte Morandi c’è anche Lala Kreshnik, il titolare della pizzeria Il Gabibbo di via Walter Fillak. L’attività non è sempre stata sua: Lala ci ha lavorato qualche anno come dipendente prima di decidere di prenderla in gestione, un paio di anni prima del crollo. Gli affari vanno bene, fino a quel 14 agosto, anche se la zona ha sempre presentato qualche difficoltà. Difficoltà che sono aumentate, come logico, dopo l’estate del 2018.  

Il giorno in cui è crollato il ponte non eravamo a Genova, eravamo in ferie. Lo abbiamo saputo dopo, nemmeno sapevamo si chiamasse ponte Morandi, figurati. La notizia è arrivata su un gruppo Whatsapp che abbiamo insieme agli altri negozianti della zona e al sindacato, e lì ci hanno scritto che il ponte era crollato”. 

Pensavate che sarebbe potuto succedere un evento del genere?

Sinceramente parlando, ci sono passato sotto e sopra mille volte e mi faceva impressione, parecchie volte sembrava impossibile che stesse in piedi. Ci sono passato sopra 3 o 4 volte al giorno per anni, sotto anche più frequentemente”.

Dopo il crollo la pizzeria era nel pieno della zona rossa, che ripercussioni avete avuto sulle vendite?

“Mandare avanti l’attività è stato difficile, la strada era chiusa, abbiamo fatto il giro largo per non perdere i pochi clienti che ci erano rimasti. Abbiamo tenuto aperto per loro, con pochi ragazzi e in orario ridotto, dalle 19 alle 21 perché poi dopo non ordinava più nessuno. 

Non c’era passaggio sulla strada, solo qualche camion che veniva a fare manovra e poi tornava indietro”.  

“Abbiamo tenuto duro in questi anni, siamo rimasti aperti nonostante le difficoltà, ma alla fine ne è valsa la pena. Nell’ultimo periodo le cose stanno andando meglio, con il parco che hanno fatto sotto il nuovo ponte c’è più passaggio, tanti bambini e tanta gente, c’è più vita e più visibilità. Prima non passava nessuno, solo i residenti a passeggio col cane. Ora ci sono famiglie che vanno verso i giardini, quando faranno il centro culturale diventerà ancora più bello”.  

Resistere è stata la parola d’ordine che ha salvato Lala e gli affari legati alla sua pizzeria. Le difficoltà sono spesso inevitabili, talvolta anche le tragedie, ma andare avanti rimboccandosi le maniche è il solo modo di affrontarle 

“Abito a Genova da tanti anni, sono arrivato in Italia nel 1997, prima ho vissuto a Napoli, poi sono venuto qui e ho preso la cittadinanza. Ho una famiglia, due figli, il destino mi ha portato qui perché qui avevo delle conoscenze che mi hanno aiutato.

Mi piacerebbe girare ancora, magari quando i bambini saranno cresciuti, andare in America o in Inghilterra, per fare esperienze nuove. Se sai fare bene un mestiere e hai voglia di lavorare non è un problema ambientarsi. Alla peggio si torna a casa”.

Le storie di Lala e di Antonio non solo le sole che abbiamo provato a raccontare. Ci sono però negozianti che non sono riusciti a trattenere l’emozione quando abbiamo chiesto loro di dedicarci qualche minuto per ricordare i tragici fatti. È il caso di una barista, che ha preferito restare anonima, che è ancora scossa al pensiero di quel 14 agosto. Ripartire, superare, guardare avanti è necessario, ma non sempre semplice: c’è chi ha dovuto fare i conti con la paura di perdere persone care, chi le ha perse sul serio, e questo dolore non riesce ancora a trovare il coraggio di mostrarsi davanti a un microfono.

Chiara Orsetti

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