Dopo essere rimasto fuori dal consiglio comunale, nel 2022, per un solo voto, risultando il primo dei non eletti della sua lista, Walter Melillo ci riprova. Classe 1980, docente di diritto ed economia, sportivo appassionato e già impegnato nella vita politica genovese, torna nuovamente in campo a sostegno della candidatura di Pietro Piciocchi con Vince Genova.
Nel 2022 è rimasto fuori per un solo voto. Questo non è stato un deterrente, anzi. Come mai ha deciso di riprovarci?
“Credo che dalle sconfitte nascano sempre delle opportunità. È vero, ci sono rimasto male, è naturale: fuori per un solo voto. Ma non mi sono arreso. Ho deciso di riprovarci con ancora più determinazione e, soprattutto, con coerenza. In un panorama politico dove vedo molti candidati saltare da una parte all’altra, io resto nella lista civica Vince Genova, dove ho iniziato il mio percorso due anni e mezzo fa".
Ha visto da vicino il lavoro dell’amministrazione che sostieni. È soddisfatto?
“Assolutamente. È un contenitore politico molto in linea con la mia visione. Genova oggi è una città trasformata. Non sono anziano, ma conosco bene le macerie su cui è nata la prima giunta Bucci, e so quanto sia stato fatto. Certo, si può sempre migliorare, ma chi non fa può solo criticare. Il cambiamento c’è stato, anche grazie a un’ottima operazione di marketing territoriale. Basta guardare i numeri del turismo per rendersene conto”.
Qual è la Genova che immagina per il futuro?
“Una città attrattiva per investimenti, che offra opportunità lavorative, che valorizzi le sue potenzialità. Dobbiamo contrastare la narrativa dell’abbandono e portare avanti quanto di buono è stato avviato. Eventi come la Ocean Race o il Red Bull Cierro Abajo hanno dato lustro alla città. Genova è la sesta città d’Italia, ha quasi 5 miliardi di euro a bilancio e un porto che è un motore economico: è una città che deve diventare sempre più protagonista a livello nazionale".
Parliamo dei quartieri: nato a Pegli, oggi vive ad Albaro. Quali criticità hanno questi territori?
“Io guardo a tutta Genova nella sua interezza. Ma è vero che alcune zone, penso alla vallata del Ponente, al Cep, a Ca’ Nova, hanno bisogno di maggiore attenzione. Servizi, presidi sanitari, centri aggregativi: sono fondamentali per contrastare il degrado e la microcriminalità. Un esempio concreto? Il nuovo presidio sanitario in fase di apertura, frutto anche di un mio contributo, pur da fuori le istituzioni. Serve attrarre investimenti pubblici e privati per far rinascere queste aree”.
È insegnante e sportivo. Cosa porta in politica da queste esperienze?
“Lo sport e l’insegnamento sono due scuole di vita. Lo sport ti insegna la disciplina, il sacrificio, il gioco di squadra. L’insegnamento ti mette a contatto con i giovani, la fascia più difficile e più affascinante: tra i 14 e i 19 anni c’è una trasformazione in corso, ma io ho fiducia nei ragazzi. Non è vero che sono tutti disadattati o svogliati: ci sono talenti incredibili, solo da coltivare”.
Il tema della fuga dei giovani da Genova è ricorrente. Qual è il suo punto di vista?
“Io i dati li ho letti, e parlano chiaro: negli ultimi anni c’è stato un aumento della popolazione residente. Il problema è nazionale, non genovese. I giovani vanno dove trovano stipendi più alti, questo è ovvio. Ma Genova può colmare quel gap offrendo qualità della vita, servizi, cultura, spazi per il tempo libero. La sfida è rendere Genova una città dove si voglia restare, non solo per affetto, ma per opportunità”.
Parlando di scuola, qual è il ruolo che deve avere oggi?
“Fondamentale. Dopo la famiglia, la scuola è il secondo nucleo di formazione sociale. E oggi è molto più presente rispetto al passato, anche grazie ai percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento. Si fanno esperienze di lavoro, l’Erasmus è previsto anche alle superiori. Bisogna aiutare i ragazzi a trovare obiettivi, a maturare motivazione: non tutti a 14 anni sanno cosa vogliono fare. Io stesso ho fatto un percorso di studi iniziale completamente diverso da quello che poi ho scelto all’università. Bisogna aprire la mente, offrire visioni”.
Tre parole per la Genova del futuro?
“La prima parola che mi viene in mente è innovazione. Serve qualcosa di nuovo, un'idea diversa di città. Non voglio più sentire i soliti cinque punti da programma, che vanno bene, sì, ma ormai sono diventati quasi uno slogan. Serve invece un approccio innovativo, che parta dalle idee. E le idee, quelle vere, nascono nei laboratori di pensiero, nei confronti aperti, nei tavoli con chi vive e conosce la città. Fortunatamente ce ne sono, sono in cantiere, e bisogna avere il coraggio politico di ascoltarli. L’innovazione per me è questo: non solo tecnologia, ma anche nuovi modi di pensare la vivibilità urbana, i servizi, la partecipazione.
La seconda parola è decoro. Vorrei vedere una Genova più pulita, più ordinata, con più dignità. Quando dico decoro non mi riferisco solo alla pulizia delle strade, ma a una cultura del rispetto che deve partire da ciascuno di noi. Lo dico spesso: se siamo in 500.000 a sporcare e in dieci a pulire, la città sarà sempre sporca. Serve una rivoluzione culturale. E non parlo per dire: io stesso, davanti ai bidoni sotto casa mia, vedo scene surreali. Gente che lascia lavatrici, gabinetti, mobili rotti come se fosse normale. E allora non è solo un problema di pulizia urbana, è che manca educazione civica. La scuola può fare tanto, ma se poi l’adulto dà l’esempio sbagliato, il messaggio si perde. Serve anche repressione, certo, per comportamenti incivili. Ma più di tutto serve un cambio di mentalità: la città è casa nostra, trattiamola come tale.
La terza parola è sviluppo. Una città non può fermarsi. Genova sta cambiando, ci sono cantieri ovunque, e lo so che sono scomodi, che creano disagio. Ma quando ristrutturi casa tua non vivi per un po’ nel disordine, nella polvere? Però poi, quando è tutto finito, dici “Wow, guarda che risultato!”. Ecco, io credo che valga lo stesso per la città. Lo sviluppo vuol dire crescita, vuol dire progettare e costruire per il domani. Vuol dire pensare ai nostri figli, e a una città che possa offrirgli opportunità, lavoro, cultura, tempo libero, tutto. Non basta mantenere ciò che c’è: bisogna investire, avere una visione. Perché Genova ha tutto il potenziale per essere protagonista, non solo in Liguria, ma in Italia e in Europa. Innovazione, decoro, sviluppo: è da lì che si costruisce il futuro”.