Attualità - 17 giugno 2025, 08:00

Tunnel subportuale, inquinamento, rischio esondazione e destino della sopraelevata: il dossier del comitato ‘Porto Aperto’ mette un punto di domanda sulla mobilità di Genova

“Non c’è nulla da festeggiare”: il documento consegnato al Municipio Medio Levante solleva dubbi sull’impatto ambientale e sulla sicurezza idraulica dell’opera e torna d’attualità con i sessant’anni della ‘Aldo Moro’

Questo tunnel, ricordiamolo bene, è un ristoro alla città per i danni che avevamo subito, non per quelli che abbiamo continuato a subire e che continueremo a subire per innumerevoli anni”. È uno dei passaggi più forti del documento redatto dal Comitato Porto Aperto e consegnato, l’11 ottobre 2023, al Municipio 8 Medio Levante. Il tema, quello del tunnel subportuale di Genova, continua a generare dibattito.
Nel fascicolo (corposo documento corredato da cartografie, rilievi ambientali e fotografie di eventi alluvionali) il comitato mette nero su bianco le proprie preoccupazioni: non solo sul piano ambientale, ma anche su quello idraulico. “Occorre chiedersi se la realizzazione del tunnel possa costituire un vero risarcimento alla città per il crollo del Ponte Morandi e se, quando realizzato, si possa considerare anche sicuro”, si legge nelle prime pagine del testo inviato alla nostra redazione in risposta all’approfondimento sul destino della Sopraelevata pubblicato domenica su La Voce di Genova.

Una camera a gas sotto la città?

Il primo fronte critico riguarda l’inquinamento. Secondo il comitato, il tracciato del tunnel si svilupperebbe quasi interamente all’interno di un’area urbana definita come “sobborgo industriale”, per la concentrazione di attività potenzialmente inquinanti: cantieri di refitting navale, fonderie, traffico portuale.
L’aria che vi circolerà potrebbe essere, pressoché inevitabilmente, permeata di molti, se non tutti, gli inquinanti ambientali”, si legge nel documento. Alcuni, si precisa, “sono di dimensioni inferiori a 1 micron, difficilmente intercettabili anche dai filtri”. Le aperture del tunnel, secondo i firmatari, potrebbero addirittura agire “da abnorme camino di tiraggio, considerando anche le aerazioni”. Il rischio evocato è netto: “Il tunnel potrebbe diventare, in qualche modo, assimilabile a una potenziale camera a gas, se la concentrazione di inquinanti superasse certi limiti”.
Il comitato richiama anche una campagna di monitoraggio condotta con 11 stazioni di rilevamento, in cui sarebbero state rilevate concentrazioni di cadmio, mercurio, nichel e altri metalli pesanti ben oltre i limiti accettabili. “Da una campagna di monitoraggio ambientale [...] era emersa la presenza di: cadmio (10 volte superiore), cromo (126 volte), mercurio (186 volte), zinco (75 volte) rispetto ai limiti di altri Paesi”.

Il tunnel e il Bisagno: una vicinanza che preoccupa

L’altra questione sollevata dal Comitato riguarda il rischio idraulico. “Il tunnel sbuca in piena zona esondabile”, viene spiegato, con riferimento alla foce del Bisagno. La preoccupazione è che, in caso di eventi meteorologici estremi (sempre più frequenti per effetto del cambiamento climatico) l’opera possa allagarsi e diventare un pericolo per chi si trova al suo interno. Il dossier ipotizza “centinaia di auto in coda, magari in occasione di manifestazioni sportive o fieristiche”, e un rischio simile a quello “di topi in trappola”.
Anche le recenti opere di messa in sicurezza del Bisagno, come gli scolmatori del Fereggiano e della Sciorba, vengono considerate non risolutive. “Basta un certo numero di tronchi d’albero che si mettono di traverso e fanno diga, e/o altri detriti, per limitare il regolare deflusso delle acque”, si legge. Nel documento sono riportate anche immagini delle alluvioni di Genova, Senigallia, Emilia-Romagna, Valencia e Firenze, per rafforzare l’argomentazione visiva.

Il richiamo alla memoria e il nodo sopraelevata

Il comitato avanza anche una proposta concreta: chiudere il tunnel al traffico nei giorni di allerta meteo, come avviene in altre città europee. Ma questo comporterebbe, secondo i firmatari, “l’abbandono dell’idea di demolire la sopraelevata”, che tornerebbe a essere necessaria come via alternativa. “Se si procedesse con tale malaugurata intenzione, la viabilità veicolare di Genova ne risulterebbe fortemente condizionata”, si legge nelle conclusioni.
Il tono del dossier è d’allarme, a tratti drammatico. Ma pone interrogativi legittimi in un momento in cui Genova è al centro di grandi trasformazioni urbanistiche e appare chiaro che attorno a quest’opera serva ancora ascolto per evitare che una promessa di risarcimento si trasformi in una nuova frattura.