Gli scongiuri sono d’obbligo, ma il 2025 sembra essere un anno buono per la produzione vitivinicola genovese. Al netto di quel velo di scaramanzia che non guasta mai, è Paolo Campocci , direttore di Coldiretti Genova, a parlare di “sensazioni buone” e di una produzione che dovrebbe essere soddisfacente per “qualità e quantità”. I cambiamenti climatici hanno inevitabilmente giocato la loro parte, con temperature alte a giugno e ad agosto e le piogge abbondanti di luglio, portando a una maturazione lievemente anticipata con alcune aziende che hanno già dato il via ai primi raccolti. Anche se il grosso della vendemmia si inizierà a vedere dal prossimo fine settimana in poi.
“In questo momento siamo in attesa, qualcuno ha fatto un po’ di preraccolta, ma per la vendemmia stiamo aspettando che i terreni si asciughino dopo la pioggia - spiega Paolo Campocci ai nostri microfoni - le sensazioni sono buone rispetto al 2024 che non è stato un grande anno per la provincia di Genova. Ci si aspetta un miglioramento rispetto all’anno passato, sempre considerando che il 2023 è stato da record”.
“Il 2025 sembrerebbe in miglioramento sia per la qualità, sia per la quantità anche se siamo un po’ su un ottovolante per la maturazione delle uve - aggiunge il direttore di Coldiretti Genova - a giugno ci sono stati 40 gradi, poi un luglio molto piovoso e ad agosto ancora 40 gradi. Queste escursioni termiche influenzano molto sulla maturazione delle uve”.
Ma le insidie non arrivano solo dal clima: “In questo momento c’è apprensione per i problemi della fauna selvatica - conclude Campocci - abbiamo ancora la presenza di cinghiali anche se un po’ in diminuzione e ci sono anche le gazze che possono rovinare il raccolto, oltre ai caprioli che, però, fanno danni minori”.
Coltivare vite nella provincia di Genova significa affrontare pendenze, muretti a secco e microclimi diversissimi nel giro di pochi chilometri, oltre alle insidie dei cambiamenti climatici e della fauna selvatica. Una complessità che dà origine a una produzione vinicola unica, ancora di nicchia ma sempre più apprezzata per la sua identità territoriale forte.
Nell’entroterra genovese, lo ricordiamo, si produce: Bianchetta Genovese DOC, la regina dei bianchi genovesi, vitigno autoctono storicamente coltivato nella Valpolcevera, dà origine a vini freschi, leggeri, con note agrumate e floreali, perfetta con la cucina ligure; Vermentino DOC del Golfo del Tigullio – Portofino, fresco, sapido, marino, il Vermentino coltivato lungo la costa orientale genovese beneficia dell’influsso del mare e di terreni poveri che ne esaltano mineralità e profumi; Ciliegiolo, vitigno a bacca rossa diffuso nell’entroterra, vinificato in purezza o in blend, dà rossi morbidi, fruttati, di media struttura. Sta vivendo una riscoperta grazie a piccoli produttori locali; Bianco e Rosso Val Polcevera DOC, denominazione che raccoglie diverse varietà (tra cui Ruzzese, Bianchetta, Dolcetto, Sangiovese) coltivate nei comuni dell’alta Val Polcevera. Il bianco è fresco e delicato, il rosso giovane e fragrante; Scimiscià (o Cimixa), rarissimo vitigno autoctono della Valle Sturla, recuperato da pochi produttori, dà vita a un bianco aromatico e sorprendente, spesso in quantità limitatissime; Moscato bianco, coltivato nella zona di Sant’Olcese e Mignanego, viene vinificato anche come vino da dessert, con profumi intensi e piacevoli note fruttate.