La Croce Verde Pegliese lancia un forte segnale di allarme: la carenza di volontari rischia di compromettere il futuro del volontariato nella pubblica assistenza. Senza nuove leve pronte a impegnarsi, non solo si riduce "la capacità di garantire interventi quotidiani sul territorio", ma si mette a rischio la trasmissione di competenze, esperienze e valori fondamentali per la continuità del servizio e per la coesione della comunità.
A sollevare la questione, sempre più all'ordine del giorno, è Diego Snaidero, il Presidente della Croce Verde Pegliese: "Facciamo in media sette interventi d’emergenza al giorno, oltre ai trasporti ordinari, come quelli di persone disabili o immunodepresse. In totale sono circa 2.500 gli interventi d’emergenza ogni anno, non solo a Pegli, ma anche a Sestri e Pra’, dove interveniamo quando le altre pubbliche assistenze sono impegnate. Il vero problema oggi, appunto, è la disponibilità di volontari: dobbiamo razionalizzare al massimo le risorse umane e per questo contiamo anche su 13 dipendenti, perché i volontari sono pochissimi”.
Per Snaidero, il volontariato è una scelta di vita e un patrimonio umano insostituibile: “Ho iniziato a fare volontariato a 16 anni, e questa esperienza ha influenzato il mio percorso professionale come infermiere per quasi 50 anni. Tornare oggi come volontario mi dà ancora gratificazioni impagabili: il riconoscimento sociale e la gratitudine dei pazienti sono un tesoro che rimane nel tempo. Fare il volontario significa questo: compiere gesti concreti che aiutano qualcun altro”.
Secondo il presidente, i volontari rappresentano “la linfa della pubblica assistenza”, ma oggi sono sempre più rari: “Se avessimo sei volontari disponibili, formati da noi, le cose andrebbero decisamente meglio. Sulla carta ne ho 27, ma attivi sono solo tre, su una necessità di almeno sette effettivi”.
Snaidero sottolinea anche come il rapporto tra sanitari e pazienti sia cambiato negli anni: “Il paziente di oggi è più consapevole dei propri diritti ed esigente. La penuria di risorse rende però ogni intervento più frettoloso, facendo perdere il centro del nostro lavoro: il dialogo e l’ascolto, la comprensione dei bisogni reali e psicologici. Questo impatta sulla qualità del rapporto tra curante e curato”.
Le cause della scarsa adesione dei giovani al volontariato, secondo il presidente, sono soprattutto culturali e sociali: “Manca educazione alla possibilità di fare volontariato. Una volta c’erano istituzioni come la chiesa che offrivano aggregazioni e responsabilità dirette; oggi questi percorsi sono venuti meno. L’uso eccessivo dei social ha inoltre sterilizzato il rapporto tra le persone, inducendo i giovanissimi a relazioni mediate, con meno coinvolgimento emotivo. Anche la struttura familiare è cambiata, contribuendo a un disinteresse generale”.