Attualità - 07 ottobre 2025, 08:00

“Il vero cinema è il non detto”: Christian Olcese e La ragazza delle gardenie, il cortometraggio genovese che conquista i festival

Dopo Lecce, Carrara e Ortigia il film arriva a Genova l’8 ottobre: il regista racconta il lavoro, la sua passione per la città e un cinema che preferisce il sentimento alla violenza

È una piccola sorpresa che cresce, passo dopo passo, nei circuiti dei festival: La ragazza delle gardenie, il cortometraggio scritto e diretto da Christian Olcese, approda finalmente a casa sua. Dopo le prime proiezioni a Lecce e al Carrara Onirica Film Festival - dove Olcese ha ricevuto il premio per la miglior regia - e la convocazione in concorso all’Ortigia Film Festival, il film sarà presentato per la prima volta a Genova l’8 ottobre, al Flight Festival, consuma proiezione speciale negli spazi della Fondazione Carige.

La pellicola, che attinge a storie di memoria e radici locali, ha colpito critica e pubblico per la sua sobrietà e per l’accento sui sentimenti: “È incredibile quello che sta succedendo al film, siamo tutti rimasti interdetti. Vedo che questa mia trasposizione dei sentimenti sta piacendo tanto”, confida il giovane regista mentre racconta il calendario fitto di proiezioni e premi che lo sta portando in giro per l’Italia (Ortigia, Basilicata, Roma, Catania, Treviso, Asti, La Spezia).

Una pellicola che parla di ritorni, di riconciliazione: Alessandra, politica di carriera, torna a Cassano Spinola per vendere la casa di famiglia. Nel diario di una prozia poetessa riaffiorano memorie e un’innocente infatuazione per un giovane contadino del Novecento. Il contatto con quel passato fa scattare in Alessandra una scelta diversa: non vendere, ritrovare un senso di appartenenza, riscoprire radici che sembravano perdute. L’intreccio mette in gioco la politica del quotidiano e il valore di ciò che si è ereditato.

Olcese sottolinea quanto per lui sia importante girare qui: “Sono contentissimo di portarlo nella mia città, perché il film parla di radici e identità. Io stesso credo che un regista debba raccontare i luoghi che conosce. Genova resta al centro del mio lavoro, ed è qui che voglio continuare a girare”.

Il regista non nasconde il senso di sorpresa per la risonanza che il corto ha ottenuto, ma parla anche con franchezza delle contraddizioni del sistema dei festival e del mercato: “Il primo festival è stato a Lecce, a Nardò, all’Apollo Film Festival. Poi dopo Carrara, Ortigia, una grande proiezione. Adesso Basilicata” prima di arrivare nuovamente all’ombra della Lanterna.

Sul rapporto con i festival e la pressione a “produrre” Olcese è netto: “Il mercato di oggi ci spinge a dover ipercreare, supercreare. Questo non mi piace: se non hai nulla da dire, conviene stare zitti per un po’” e offre un esempio d’elezione: “Apprezzo tantissimo Kubrick, lui faceva un film ogni cinque anni perché diceva che per cinque anni non aveva niente da dire, si prendeva questa libertà di star zitto”.

Il bilancio del regista è dunque onesto: la vetrina festivaliera può aprire porte - e così è stato per La ragazza delle gardenie - ma spesso impone ritmi che poco si conciliano con il tempo necessario alla gestazione di un’opera autentica.

Al centro della sua poetica c’è una scelta estetica precisa: non puntare sull’iperrealismo della violenza o sull’eccesso. “Non credo nel cinema che insiste sulla violenza e sul sangue. La gente ne ha già abbastanza davanti agli occhi, nei telegiornali, sui social. Io cerco di raccontare i sentimenti sopiti, le piccole verità che emergono da uno sguardo, da un gesto non previsto. Il vero cinema, per me, è quello che accade quando gli attori non recitano ma vivono un istante autentico davanti alla macchina da presa”, dice Olcese, che rifiuta i colpi di scena gratuiti e invoca un racconto più “respirato”, capace di restituire pace e spessore emotivo a chi guarda.

Sullo stato del dibattito critico e dell’abitudine al consenso di maniera, il regista è altrettanto critico: “Io applaudo se la cosa mi è piaciuta. E questo invece no, c'è un po' l'applauso che comunque devi farlo”.

Più volte nelle sue parole ritorna il tema di Genova, della sua trasformazione urbanistica e del rischio che la storia recente vada perduta. Un piccolo sguardo che si apre sul futuro con i prossimi impegni di Olcese su cui, per ora, vige il massimo riserbo ma che, come lui stesso conferma, saranno una ulteriore scoperta della ricchezza che conserva la città.

Dopo i festival voglio lavorare a un lungometraggio, sempre legato a Genova. Credo sia importante continuare a raccontare la nostra città, non solo il suo passato più lontano, ma anche le trasformazioni recenti che rischiano di scivolare via dalla memoria collettiva”.

Nel corto recitano Marta Gastini, Francesco Patanè e Steve Della Casa, presidente della Cineteca Nazionale. Anche loro saranno presenti l’8 ottobre al Flight (Fondazione Carige, via Chiossone).

Sarà quella l’occasione per vedere La ragazza delle gardenie in città, ascoltare il regista e misurare la reazione del pubblico genovese a una storia che parla di casa, radici e scelte. 

Se il cinema contemporaneo ha bisogno di voci che ricordino il valore del “non detto”, della pazienza creativa e della delicatezza emotiva, la parabola di La ragazza delle gardenie - dai piccoli festival alle sale cittadine - è un invito a prestare ascolto. Perché, come ripete Olcese, “il vero cinema è il non detto”: è quello che rimane dentro chi guarda, molto tempo dopo l’ultimo fotogramma.