Continua con questo lunedì, e andrà avanti per tutti i lunedì successivi, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato alle Botteghe Storiche e ai Locali di Tradizione della nostra città. Vogliamo raccontare, di volta in volta, quelle che sono le perle del nostro tessuto commerciale, e che ci fanno davvero sentire orgogliosi di appartenere a questa città. Buon viaggio insieme a noi!
C’è un pezzo di Sestri Ponente che da oltre un secolo e mezzo vive dentro le pareti di un palazzo, nei corridoi che profumano di tessuti, nei ricordi di chi ha comprato qui il primo abito o il corredo per un matrimonio. Si chiama Giglio Bagnara, e la sua storia è quella di una famiglia, di un territorio e di un modo di intendere il commercio che ha attraversato generazioni, guerre, rinascite, crisi e trasformazioni epocali.
La tradizione dell’azienda ha origini lontane: già nel 1869 il capostipite Giglio Bagnara andava personalmente a Tunisi in cerca delle lane per i materassi. A fine Ottocento iniziava l’espansione con l’acquisto di Palazzo Lomellino e l’apertura del negozio di tessuti più importante dell’epoca: cinquecento metri quadrati di eleganza e intraprendenza, dimensioni da grande magazzino ante-litteram.
Oggi Bagnara è uno showroom di seimila metri quadrati con parcheggio nella centralissima via Sestri, una piccola città del commercio che ospita i marchi più prestigiosi: abbigliamento uomo, donna e bambino; biancheria per la casa, arredamento e tappeti; calzature e accessori; intimo e profumeria. Un mondo di prodotti e relazioni, costruito con la cura artigianale di una vendita assistita e personalizzata, che da sempre lo rende unico.
Enrico Montolivo, patron e anima dell’azienda, ripercorre con voce ferma e grata una storia che sembra un romanzo industriale e umano insieme: "Diciamo che c’è stato un primo periodo, dal 1869 al 1910 circa, di sostanziale stabilità. Poi, fino al 1930, c’è stata una discreta crescita: era un negozio molto importante che trattava solo tessuti a metraggio. Negli anni Trenta c’è stato l’ingresso del primo prodotto confezionato, seppur in modo timido; sino al 1955 prevaleva la vendita di tessuti a metraggio, per biancheria, corredo e abbigliamento. Nel dopoguerra, passata la crisi del periodo bellico, dal ’48 al ’68 sono stati vent’anni di sviluppo altissimo, culminati con la costruzione del palazzo di sette piani, inaugurato nel 1969 per i cento anni dell’azienda. Dopo di che c’è stata una sostanziale stabilità fino al 1995, e poi un buon sviluppo anche con l’apertura di diversi punti in centro fino al 2015".
Il cuore pulsante di Giglio Bagnara, racconta Montolivo, non è mai stato solo la merce o la dimensione, ma il rapporto diretto con la sua gente: "Il cuore pulsante è sempre stato il rapporto con la clientela, anche tramite il sistema delle vendite rateali, con i cosiddetti libretti vendite a credito, che hanno permesso a una clientela di impiegati, operai, media borghesia, di far fronte con il proprio stipendio mensile alle spese necessarie per vestire la famiglia. Questa è stata la nostra forza, accompagnata sempre da una ricerca costante della qualità del prodotto, che abbiamo sempre basato su questo sistema di vendita".
E mentre negli anni il negozio cresceva, diventando punto di riferimento per l’intera città, Bagnara restava radicato nel cuore di Sestri, pelle viva di un quartiere che nel tempo è cambiato ma non ha mai smesso di riconoscersi nelle sue vetrine: "Fino agli anni ’70 c’è stata una grande crescita, che ha portato Bagnara a essere il più grande negozio di Genova, e ancora oggi è così. Parliamo di oltre 4mila metri quadrati, contro i 3.500 di Rinascente o Coin. Questa dimensione, abbinata alla qualità e a un ambiente familiare, ha determinato un’attrattività di una clientela da tutta Genova. Prima del crollo del ponte Morandi vendevamo solo il 38% ai sestresi, il 62% ad altri. Poi il crollo e il Covid hanno determinato un disastro, perché ci hanno tagliato dai nostri clienti. Noi storicamente avevamo grande penetrazione nel centro e levante della città, quasi il 10%, e nell’hinterland vicino, Arenzano, Ovada, Busalla, anche lì un 10%, e il resto sul ponente genovese come bacino d’utenza importante".
Ma Bagnara non ha mai perso la sua anima di quartiere, anche quando era diventata un’istituzione cittadina: "Non abbiamo mai voluto spersonalizzare il rapporto con la clientela. Abbiamo fatto tanti eventi, tante inaugurazioni, per cercare di andare sempre incontro all’interesse dei clienti. Abbiamo aperto, penso al bar o alla libreria: tutto per creare un ambiente particolare e far sentire il cliente a suo agio".
Oggi, a pochi giorni da un passaggio storico per l’azienda, Montolivo guarda indietro con orgoglio: "La più grande soddisfazione? Aver fatto parte di un’attività radicata nel territorio, essersi sentiti un tutt’uno con la vita della propria città. Oltretutto, noi avevamo moltissimi clienti che magari avevano raggiunto posizioni di notorietà, e si rivolgevano a noi per sollecitare l’attenzione verso un fatto, per chiedere informazioni o per organizzare eventi. Abbiamo fatto tante cose su proposta dei nostri clienti. Ricordo con affetto Giuliano Boffardi, senatore e grande studioso, una persona meravigliosa: quando fu intervistato da un giornale locale, gli chiesero se avesse passioni per la moda. Lui rispose che rigorosamente andava da Giglio Bagnara a comprare i vestiti con sua madre. Era il più a sinistra di tutti, ma veniva con la mamma da noi".
I ricordi si intrecciano, diventano aneddoti di un mondo che oggi sembra lontano: "Avevamo un cliente, figlio di operai, che aveva il conto da noi. Poi era diventato grande dirigente di un’industria tecnologica europea, con un migliaio di dipendenti. Aveva mantenuto il libretto e si accertava che un commesso fosse sempre presente. Veniva a comprare per i sei mesi successivi, marcavamo i vestiti sul conto e li trasmettevamo alla madre, che poi riceveva i soldi dal figlio. Lo faceva perché voleva mantenere il rapporto con noi".
E quel rapporto, costruito su fiducia e continuità, si è esteso anche oltre le mura del negozio, fino a diventare parte del tessuto culturale di Sestri: "Nel 1993 mi avevano chiesto di fondare un’associazione, che abbiamo creato, e si chiamava ‘Associazione Casa Verdi’, perché c’era il rischio che il teatro diventasse un supermercato. Fu un’enorme opera di sensibilizzazione, coinvolgendo le cento associazioni sestresi di allora, che avevano più soci degli abitanti di Sestri. Abbiamo fatto eventi al teatro e sono emerse tantissime storie: era il primo teatro in Italia dedicato a Giuseppe Verdi, aveva raggiunto un milione di spettatori come cinema negli anni ’60, e Govi vi aveva recitato le sue prime opere con la Rai. Poi, nel 1995, per i centocinquant’anni della Filarmonica Sestrese, abbiamo convocato il Carlo Felice e la Rai per celebrare l’anniversario qui da noi, con mostra e spettacoli al Verdi, riportando all’onore della cronaca il grande valore della Filarmonica, la prima banda che suonò l’Inno di Mameli a Oregina nel 1847, quella che Giuseppe Mazzini volle accompagnasse il suo feretro da Principe a Staglieno. Tutto questo fino al 1995 nessuno lo sapeva, e noi abbiamo cercato di diffonderlo".
Gli episodi sono infiniti, come infiniti sono i volti che hanno attraversato le porte di Bagnara: "C’era quella che era diventata vicepresidente del MoMA di New York, che viveva a Milano, ma era innamorata di Giglio Bagnara e veniva a comprare sempre da noi. Ce ne sono tantissimi di ricordi":
Oggi, per Montolivo, il futuro è fatto di responsabilità e cura verso ciò che resta: "C’è una cosa sola che sappiamo: che dobbiamo chiudere e vendere l’immobile, perché dobbiamo pagare e onorare i debiti con le banche e i dipendenti. Poi starà a chi comprerà. Io metterò il massimo impegno per non far sì che finisca come la Rinascente, chiusa da sette anni. È un impegno più sociale che amministrativo. L’immobile sarà venduto a parti: metà commerciale e metà residenziale. L’obiettivo sarà non farlo diventare una cosa scadente o come la Rinascente. Metterò tutto l’impegno".
Una storia che non si misura in metri quadrati o bilanci, ma in emozioni, incontri, comunità. Perché Giglio Bagnara non è stato solo un negozio: è stato un modo di essere genovesi, e soprattutto sestresi.