Dal primo gennaio 2026 scatterà anche in Liguria l’aumento dei pedaggi autostradali che saliranno dell’1,5% in media.
Un rincaro che coinvolge la quasi totalità della rete nazionale e che pesa in modo particolare su un territorio già messo a dura prova da cantieri infiniti, rallentamenti cronici e problemi di sicurezza.
A dare notizia dell’adeguamento tariffario è stato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dicastero di Matteo Salvini, che nella nota ha parlato apertamente di una ‘bufera politica al casello’ sottolineando come siano stati vanificati gli sforzi del ministro ‘e del governo di congelare le tariffe’.
Gli aumenti riguardano tutte le concessionarie per le quali è in corso la procedura di aggiornamento dei Pef - Piani economico-finanziari.
Tra queste figurano anche società che gestiscono tratti fondamentali per i collegamenti da e verso la Liguria come Autostrade per l’Italia (Aspi), oltre a Milano Serravalle, Satap (gruppo Astm), Cav, Brescia-Padova, Pedemontana Lombarda, Berberi, Tangenziale estera di Milano e Tangenziale di Napoli.
Non tutte le concessionarie subiranno lo stesso trattamento. Per le Concessioni del terreno, che gestisce i tronchi A10 (Genova - Ventimiglia) e A12 (Genova - Livorno), cruciali per la Liguria, Invrea-Torino-Piacenza (A5 e A21) e Strada dei Parchi (A24-A25 e diramazione Torano-Pescara), attualmente in periodo regolatori, non sono previste variazioni tariffarie a carico degli utenti.
Diverso il caso della Salerno-Pompei-Napoli, per la quale è riconosciuto un aumento pari all’1,925%, mentre per Autostrada del Brennero l’adeguamento sarà dell’1,46%, nonostante la concessione sia scaduta e sia in corso il riaffidamento tramite gara.
Alla base degli aumenti c’è la sentenza n. 147 della Corte Costituzionale, depositata il 14 ottobre 2025, indicata dal Mit come la causa diretta dei rincari. I giudici hanno bocciato le norme che, dal 2020 al 2023, avevano rinviato gli adeguamenti dei pedaggi in attesa dei nuovi Pef, ritenendole in contrasto con gli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione.
Secondo la Consulta, quei rinvii – introdotti a partire dai decreti-legge 162/2019 e 183/2020 e poi prorogati – hanno leso la libertà d’impresa e l’equilibrio economico delle concessioni.
La questione è arrivata alla Corte attraverso il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sul ricorso di una concessionaria contro due note del Mit che avevano negato gli adeguamenti tariffari per il 2020 e il 2021. I giudici costituzionali hanno dato ragione alla concessionaria, evidenziando però che una strada alternativa per evitare i rincari sarebbe stata possibile attraverso l’applicazione delle delibere del Cipe e dell’Autorità di regolazione dei trasporti (Art).
Se dal punto di vista tecnico-giuridico l’aumento viene presentato come un adeguamento automatico all’inflazione, in Liguria il rincaro assume un significato ben diverso. Qui l’autostrada è spesso l’unica infrastruttura realmente percorribile per spostarsi lungo la costa e verso l’entroterra. Pagare di più significa farlo in cambio di un servizio che, da anni, è segnato da corsie ridotte, viaggi imprevedibili e disagi quotidiani per pendolari, lavoratori e imprese.
In una regione già fortemente penalizzata sotto il profilo infrastrutturale, l’1,5% in più ai caselli rischia di essere percepito non come un semplice adeguamento tecnico, ma come l’ennesimo costo scaricato sugli utenti che sono costretti quotidianamente a fare i conti con tempi di percorrenza prolungati, chiusure notturne, tratti a corsia unica e una percezione diffusa di insicurezza, soprattutto nei punti più delicati della rete.