Cultura - 19 luglio 2018, 16:24

Alla scoperta delle voci di Genova: il cantautore Libero tra rock e urban pop

L'intervista al giovane musicista che della nostra città dice: “Genova? Un sottobosco musicale enorme preso poco in considerazione”

Libero, classe 1990, cantautore, produttore e ingegnere del suono. Un personaggio poliedrico della scena musicale genovese dalla voce graffiante e le idee molto chiare.

Nato a Genova ma in costante movimento tra il capoluogo e Milano, trova il suo stile, definendolo ibrido, nel Urban Pop dove riesce a fondere il rock nostrano e internazionale con il cantautorato italiano. Il risultato è decisamente originale: un insieme di sound inediti che abbracciano insieme Pop e Rap, senza mai abbandonare la vena rockeggiante.

Ci accoglie nel suo studio, che definisce più volte la sua tana, il luogo dove tutto inizia, e ci racconta un po’ di sé con l’umiltà di chi ha capito, seppur giovane, che “la musica non è costruire case, la musica è musica e per questo deve divertire”.

Nel tuo percorso musicale sei passato dal rock ai suoni del pop: com’è avvenuto questo cambiamento?

"Si, il mio background proviene dal Rock, in particolare dall’ambiente delle band. Il cambiamento, tuttavia, non è stato né studiato né forzato ed è avvenuto naturalmente. Una delle motivazioni a questo è la mia curiosità nei confronti di alcuni suoni e delle metriche tipiche del rap che, ad oggi, risultano essere più incisive a livello comunicativo nel panorama musicale. Uno degli obiettivi che mi pongo è però quello di non affezionarmi mai troppo ai suoni e agli stili che utilizzo, ma cerco sempre di variare ed evolvermi".

A fronte di questo cambiamento, che cosa diresti oggi al Libero di ieri?

"Di continuare così. Ho ancora tanti sogni da realizzare e per tutto questo tempo sono sempre rimasto fedele a me stesso e divertito; spesso gli artisti cambiano a seconda delle regole del mercato musicale e smettono di divertirsi. Questo a me non è mai capitato, ho sempre trovato il piacere in quello che faccio, perché la musica senza il divertimento non ha alcun senso".

Come nascono le tue canzoni?

"Non c’è mai lo stesso approccio. A volte inizio a suonare e parto da una linea melodica, altre volte invece l’ispirazione arriva da input esterni: una frase detta al telegiornale, un discorso preso dalla vita di tutti i giorni".

Oltre ad essere un cantautore sei anche produttore: pro e contro di questi due approcci alla musica

"L’approccio da produttore è senza dubbio quello che tra i due mi permette di essere più libero e disinteressato. Mi concentro solo sull’aspetto produttivo e lascio da parte le preoccupazioni da interprete che molto spesso ti fanno perdere l’obiettività e la lucidità. Infatti anche io, a mia volta, ho un produttore che mi aiuta in questo".

Quali sono i tuoi punti di riferimento musicali italiani e internazionali?

"Dal punto di vista lirico amo molto i cantautori del passato come Fabrizio De Andrè o, per fare un esempio contemporaneo, Caparezza. Da un punto di vista più musicale, invece, stimo i Negrita: mi piacciono sia per l’attitudine e la loro capacità di rinnovarsi sempre rimanendo loro stessi. Per quello che riguarda il panorama internazionale ho dei gusti un po’ datati: mi piacciono Bruce Springsteen, i Beatles, Elvis...".

Che cosa pensi dei talent show televisivi?

"Non mi piace l’idea che la musica finisca in circuiti dove essenzialmente non c’entra niente. La musica deve parlare di musica e deve mantenere la sua natura. Entrando nell’ambito televisivo si deve adattare ad altre forme di linguaggio e per questo motivo si inquina. Ritengo i talent dei luoghi in cui si perde l’individualità e il senso stesso dell’artista. Gli artisti hanno bisogno di tempo per esprimersi, a volte è necessario anche fallire per poi riuscire: questo nei talent non è possibile poiché viene tutto accelerato e deformato a favore dei tempi televisivi. Ritengo inoltre che ci sia poco rispetto per l’autorato: i talent sfornano moltissimi interpreti e gli autori sono sempre meno. Rispetto chi decide di prendere parte ad un sistema del genere, io non sarei un personaggio vincente".

 

Indie e trap sono i fenomeni musicali del momento: meteore o pezzi di storia?

"La musica è ciclica, si rinnova sempre, come le mode nell’abbigliamento. Alla fine l’indie è una branchia del pop così come la trap lo è dell’hip hop, che sono due pilastri intramontabili. La gente si annoia facilmente, per questo motivo la musica è in continua e naturale evoluzione e così sarà per sempre. Ciò che non condivido è il tornare indietro per andare avanti: andare a ricercare le influenze degli anni ‘80 nel 2018 non è una strategia vincente. Proviamo ad osare, anche rischiando di fare cose discutibili, ma non voltiamoci indietro solo perché ci dà sicurezza".

Il 20 luglio uscirà il tuo nuovo singolo “Divertiti”: ci anticipi qualcosa?

"Si tratta di un brano più leggero e allo stesso tempo una sfida nei miei confronti. Ho provato a mettermi in gioco distaccandomi dal classico mood che è presente nei miei brani, riflessivi e talvolta molto forti testualmente, per creare qualcosa di diverso, più spensierato. Creato insieme al mio produttore Fabio Moretti, in verità riporta un titolo un po’ sarcastico ma che racchiude tutto ciò che avevo bisogno di comunicare in quel momento. Sono curioso di vedere come andrà e come verrà recepito dalle persone".

Chi è per te la voce, o le voci, di Genova?

"Cavalcando una grande retorica mi verrebbe da rispondere Fabrizio De Andrè. Qui, però, c’è un sottobosco di artisti e musicisti davvero esteso, di cui purtroppo si conosce troppo poco. Ciò di cui sono felice è che, in una città ostile come la nostra, molti artisti emergenti nel panorama della trap sono proprio genovesi, a dimostrazione del fatto che la città inizia a rispondere e a farsi notare. Quella, oggi, è una voce importante. Bisogna imparare a condividere e supportare i piccoli artisti affinché emergano".

Ascolta i brani di Libero:

“Love Me Do” 

“Cabaret” 

 

Giovanna Ghiglione