Dal 9 marzo l’Italia è blindata da stringenti misure destinate al contenimento del virus. Fra i diversi aspetti con i quali quotidianamente dobbiamo misurarci, vista l’emergenza legata al Covid-19, c’è quello – faticoso, ma necessario – del restare a casa. Inutile sottolineare l’importanza dal punto di vista della prevenzione del contagio, con tutto ciò che ne deriva a livello medico: è un sacrificio grande, fondamentale tuttavia per la salute nostra e ancor più delle persone anziane e/o affette da patologie più o meno gravi. C’è un altro fattore da considerare, tuttavia, ed è quello legale, per chi non rispetta il divieto.
Ne abbiamo discusso con l’avvocato albese Elisa Veglio, del foro di Asti, cercando di fare il quadro delle conseguenze legali in caso di trasgressione alle regole imposte dal Governo. Cosa rischia chi non rispetta i divieti?
“Il quadro normativo di riferimento attuale è il decreto del presidente del consiglio dei ministri (detto DPCM) del 9 marzo 2020, che ‘allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19’, con validità fino al 3 aprile prossimo, ha esteso all’intero territorio nazionale le misure dettate nel DPCM del giorno precedente.
A mio avviso, la previsione sanzionatoria più importante inserita nel DPCM è il rinvio all’art. 650 del Codice Penale.
L’articolo 4 del DPCM 8 marzo, al comma II testualmente recita: ‘Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale, come previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6’. Il riferimento è dunque agli obblighi, mentre per le numerose ‘raccomandazioni’ ivi contemplate, il medesimo testo non prevede conseguenze”.
Quali sono dunque gli obblighi cui sottostare?
“L’obbligo più importante è sicuramente il seguente: i cittadini che non presentano sintomi, non hanno la febbre e non sono positivi a COVID-19 (per loro è fatto divieto di uscire di casa) sono invitati a evitare ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori da province e comuni e a limitare tutti gli spostamenti all’interno del proprio Comune di residenza a eccezione per quelli ‘motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute’ per i quali sarà necessario esibire un’autocertificazione qualora si venisse fermati per un controllo dalle forze dell’ordine”.
E cosa prevede l’articolo 650 c.p. e, di conseguenza, cosa rischia chi dovesse contravvenire a quanto sopra?
“Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità: l’art. 650 statuisce che ‘Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato (più gravi reati potrebbero essere Resistenza a pubblico ufficiale, sanzioni per autodichiarazioni mendaci), con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro. Per cui l’obbligo previsto nel DPCM ci consente di spostarci e non rischiare la sanzione di cui all’art 650 solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute".
Come possiamo provare le nostre esigenze?
“Dette circostanze devono essere attestate attraverso l’autodichiarazione o autocertificazione, disponibile sul portale istituzionale del Viminale. Se poi ci soffermiamo su cosa si intenda per ‘comprovate’, lo dice la parola stessa: l’esigenza deve essere certificabile documentalmente. Per esempio, se dobbiamo fare la spesa dovremmo poi essere muniti di scontrino, se dobbiamo recarci in ospedale dovremmo avere poi il certificato medico di entrata/uscita, se dobbiamo spostarci per motivi di lavoro dipendente sarà sufficiente la nostra certificazione e al controllo sul contratto di lavoro sarà facile capire che quanto dichiarato fosse vero; per i lavoratori autonomi ogni esigenza lavorativa dovrà essere comprovata da bolle accompagnamento merci, incarico del cliente a seconda delle tipologie di lavoro autonomo e dovremmo chiaramente essere sul tragitto che ci collega al luogo dove indichiamo di spostarci in andata o ritorno presso la residenza. Ricordiamoci che è consentito, se siamo genitori separati, recarci dall’ex coniuge per prendere o portare i bambini: la nostra prova sarà l’omologa della separazione con le modalità di visita o il divorzio”.
Cosa succede se sull’autocertificazione si dichiara il falso?
“È il corpo dello stesso modulo a richiamare le sanzioni per le ipotesi di dichiarazioni mendaci a pubblico ufficiale: art. 76 del DPR n. 445/2000, che richiama i reati di falso, anche commessi ai danni di pubblici ufficiali; art. 495 c.p. recante “Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”, prevedendo la pena della reclusione da uno a sei anni. Quindi la situazione sarà ancora più complessa in quanto anche ‘il falso’ è un reato”.
Se non abbiamo l’autocertificazione o il motivo non rientrasse tra quelli consentiti per lo spostamento, cosa succede?
“L’art. 650 c.p. non prevede una semplice sanzione amministrativa base (come può essere il divieto di sosta): è una contravvenzione in senso tecnico, cioé un reato. Vuol dire che a seguito dell’accertamento da parte di polizia, carabinieri, esercito o chi incaricato del controllo, scatterà un procedimento penale. È una cosa seria, che può avere pesanti conseguenze, prima fra tutte l'iscrizione sul casellario giudiziale (la c.d. fedina penale). Non è una semplice multa!
Questo quindi prevede che nell’immediatezza della contestazione venga rilasciato un verbale (elezione di domicilio) dove si dovrà anche indicare il nome del proprio legale di fiducia (in mancanza del legale fiduciario ne sarà assegnato uno d’ufficio, che – attenzione – anche se d’ufficio sarà poi da pagare!) e l’indirizzo al quale ricevere la documentazione e le notifiche relative al procedimento (attenzione: se non si è soliti guardare la posta è consigliabile eleggere il domicilio presso il difensore).
Importantissimo è avvisare quindi il legale scelto o assegnato, in modo tale che possa seguire il destinatario del verbale nella procedura. Ci saranno infatti decisioni da prendere, come il pagamento dell’eventuale ammenda o la richiesta di oblazione o altro, a seconda del caso concreto".
"Per cui il consiglio è davvero quello di stare a casa. Prima di tutto per la salvaguardia del bene comune, in questo caso forse il bene più importante: la salute, tutelata proprio da questo impianto normativo. In aggiunta, per non incorrere in un procedimento penale con tutte le spese e le problematiche che ne derivano".






