Politica - 27 luglio 2020, 17:04

Rossetti: "Toti ha agito come un brand pubblicitario e non ha portato risultati amministrativi. Sansa unica scelta per mandarlo a casa"

Come farà la coalizione che sostiene Sansa a recuperare il tempo perduto per la campagna elettorale? Quali saranno i temi del programma e quali gli equilibri politici? Lo abbiamo chiesto al consigliere del Partito Democratico Pippo Rossetti

Rossetti: "Toti ha agito come un brand pubblicitario e non ha portato risultati amministrativi. Sansa unica scelta per mandarlo a casa"

Dalle elezioni regionali della Liguria ci separano poco meno di due mesi e la coalizione di centrosinistra e Movimento 5 Stelle con il candidato Ferruccio Sansa, se non altro da un punto di vista della campagna elettorale, si trova a rincorrere lo schieramento di centrodestra alla ricerca di una riconferma per Giovanni Toti. Quale sarà la strategia per guadagnare consensi e insidiare la rielezione del governatore uscente? Quali saranno le principali parole d’ordine del programma? La frammentazione delle forze politiche e gli attriti che si sono manifestati durante il percorso che ha definito la candidatura di Sansa e la corsa separata con Massardo di Italia Viva che ruolo giocheranno nell’esito elettorale? Abbiamo deciso di porre questi quesiti al consigliere regionale del Partito Democratico Pippo Rossetti, che potrebbe essere nuovamente candidato per un posto in consiglio regionale. 

La coalizione che sostiene Ferruccio Sansa come presidente della Regione Liguria deve porsi il problema di recuperare il tanto tempo perduto per comunicare programmi, parole d’ordine e candidati all’elettorato, a fronte di un centrodestra da tempo lanciato in un’operazione di autopromozione. Anche viste le limitazioni alle iniziative pubbliche dell’era Covid quale sarà la strategia? 

Toti ha usato i soldi dei liguri per fare 5 anni di continua promozione della sua immagine, e ha prevalentemente agito come un brand pubblicitario piuttosto che come un amministratore. Basti ricordare i suoi 23 spazi pubblicitari sul Secolo XIX in un giorno per trentamila euro. Lui ha capitalizzato questa lunga fase di incertezza, però questa operazione di marketing è il suo tallone di Achille, perché quando parla di qualcosa che avrebbe realizzato lo fa sempre appiccicato a qualcun altro: sul ponte si tratta di Bucci, sul Bisagno e sul Fereggiano si appoggia al fatto che il progetto è stato articolato e finanziato dal governo Renzi, da Burlando e da Doria, e lo abbiamo addirittura visto fare le doppie inaugurazioni al Galliera, ma di fatto non ha portato risultati. La situazione è questa sulle infrastrutture, ma lo è anche sulla partita corrente, per capirlo basta guardare gli indicatori economici che indicano una grossa sofferenza, anche se Toti attribuisce tutti i problemi al crollo del Morandi e al Covid. L’attuale governatore cerca sempre uno scudo dietro cui difendersi o una spalla su cui appoggiarsi, perché di fatto la sua è stata un’operazione di comunicazione assolutamente non operosa. Sotto questo profilo Sansa ha delle buone caratteristiche: si tratta di un personaggio già noto e dall’altra, lavorando da sempre nel mondo della comunicazione, può trovare modalità e stimoli per contrastare Toti, quando altre persone meno addentro a questa dimensione avrebbero avuto bisogno di più tempo per lavorare sul piano mediatico. Ora si tratta di tradurre in due mesi scarsi l’idea di Liguria che noi abbiamo in attività di comunicazione. Abbiamo di fronte delle presidenziali secche in cui vince il governatore che prende più voti, e secondo i dati che abbiamo a disposizione la rilevanza di altri candidati, come Massardo, è minima.  

Qual è la differenza che divide il modello di sanità che avete voi in mente rispetto a quello portato avanti da Toti e Viale? 

Le differenze sono abissali: Toti aveva promesso di portare il modello lombardo da noi, e in cinque anni non è riuscito nemmeno ad avere la partecipazione dei colossi sanitari non liguri su Erzelli, ed è ancora impantanato nei tre ospedali di Savona e Imperia, cioè Bordighera, Albenga e Cairo. Di fatto il modello lombardo non è sostenibile in Liguria per il numero di abitanti e per la concentrazione di potenziali pazienti, anche l’area genovese probabilmente non arriva al milione quando solo a Milano sono quattro milioni. Quel modello, che svilisce il territorio e comprime la funzione pubblica dando le chiavi della sanità in mano a grandi investitori che mettono lì 100 – 150 milioni per un ospedale, ha manifestato con il Covid, che non è ancora passato, tutti i suoi limiti. Noi siamo malati cronici prevalentemente, per cui abbiamo bisogno di presidi territoriali, di cure domiciliari, di cure intermedie, di un’infermieristica di territorio, di un gabinetto medico attivo sulle 24 ore per tutta la settimana; abbiamo bisogno di poter fare velocemente delle diagnosi e fare cure e riabilitazione a casa. Quindi il modello sanitario “ospedalecentrico” con grandi ospedali privati verso cui vengono dirottate risorse pubbliche ha determinato un disastro in Lombardia, ed è poco immaginabile in Liguria, dove sarebbe la premessa per i disastri che abbiamo visto in Lombardia. Noi crediamo in un’amministrazione sanitaria pubblica che gestisce circa 3,2 miliardi di euro l’anno conducendo i giochi, integrandosi con il privato al quale chiede delle cose, ma evidentemente non può essere il privato a decidere le cose che bisogna fare.  

L’istituzione di Alisa è stata una mossa corretta oppure come centrosinistra avreste fatto delle scelte diverse per la riforma della governance della sanità regionale? 

Il sistema sanitario gestito da Alisa è stato un disastro perché si è aumentata la burocrazia rallentando il processo decisionale; in sé l’idea dietro Alisa di rendere più omogenee sul territorio le prestazioni offerte ai liguri era giusta, ma si sono solo aumentati i costi lasciando intatte le autonomie delle singole aziende sanitarie. Si è detto che il problema era della governance, e si sono aumentati i direttori sanitari: di fatto ci sono 190 persone in Alisa, organizzati come una normale Asl, ma in realtà fanno programmazione con un sacco di problemi. Ciò si è dimostrato in occasione del Covid, quando la mancanza di organizzazione e condivisione dei processi ha toccato livelli inspiegabili. Dietro a tutto ciò manca un processo di programmazione, e uno dei punti qualificanti del programma del centrosinistra è quello di restituire la facoltà legislativa e programmatoria alla Regione, a cui con Toti ha abdicato anche in termini di economia, lavoro formazione: al presidente ligure di come funzionassero le linee degli autobus integrate al trasporto su ferro non è mai importato nulla. Questo determina costi inauditi e una risposta inefficace sui servizi per i cittadini. 

La ”prima industria” della Liguria è il turismo. Come è possibile dal vostro punto di vista rilanciare il comparto ma al tempo stesso cercare di svincolare l’economia regionale dalla dipendenza da questo settore economico, creando occasioni di sviluppo e lavoro in altri ambiti produttivi? 

Credo che sul turismo la nostra proposta sia articolata in termini di obbiettivi e di strumenti; dobbiamo destagionalizzare la parte turistica a ponente, dobbiamo rivitalizzare Genova come città di cultura e non come sede di sporadici eventi-vetrina, che rischia di perdere il suo ruolo di luogo editore e creatore di contenuti. Pensare che Genova viva turisticamente solo facendo venire qualche famoso cantante, come ha fatto la giunta, è una logica che non sta in piedi; bisogna attivare dei processi culturali che Toti ha dal canto suo ignorato totalmente. Esiste poi il tema entroterra, che deve essere raggiunto dai pullman, e dove occorre creare una rete di accoglienza diffusa. Abbiamo una linea di sentieri straordinari che non è stata considerata. Non è la Regione con la sua agenzia, che fa solo manifesti, a portare pacchetti turistici nei mercati emergenti e quindi abbiamo la necessità di sostenere un marketing con la collaborazione degli operatori turistici professionali. La risposta a questa esigenza è fare sì che il fondo per lo sviluppo economico, dotato di circa 400 milioni, veda nel turismo una misura ad hoc, non collegata come oggi con commercio e artigianato. Occorre trovare il coraggio di individuare strategie di promozione area per area: per capirci i finanziamenti a pioggia sul turismo di Toti non hanno portato risultati. Ha fatto bene a mettere un milione sulle botteghe dell’entroterra, ma non è che rifacendo scaffali e illuminazione di simili attività gli si consente di rimanere aperte. Considerazioni analoghe si possono fare per i 6 milioni destinati alla riqualificazione alberghiera di tutta la Regione, senza considerare che in strutture a 4 o 5 stelle con quelle cifre si può operare in una manciata di realtà. Il meccanismo è stato di dire a tutti che potevano pescare dalla lotteria della Regione, addirittura è stato deciso di attribuire le risorse non perché si aumentavano i lavoratori, perché si aprivano nuove sedi, o si garantiva la vendita di servizi su mercati esteri, ma per sorteggio. Rixi e Toti hanno organizzato una bella lotteria con 5000 domande, visto che il bando era generico, con 150 estratti per un centinaio di erogazioni finali. 

Quindi la prospettiva di costruire una gamba d’appoggio per l’economia ligure che non sia dipendente dai flussi turistici è un’idea peregrina? 

Toti come al solito ha pompato sul turismo facendolo diventare l’unica carta della Liguria, ma in realtà la regione ha un’economia variegata. E’ evidente che noi abbiamo un grandissimo bacino di sviluppo e aumento dell’occupazione sulla portualità, pur con tutti i problemi di infrastrutturazione retroportuale che esistono. L’economia del mare deve essere una delle vocazioni principali del territorio, e non possiamo nemmeno perdere tutta quella tradizionale industria, prevalentemente pulita, hi tech e quant’altro, forte di storici marchi e imprese che hanno fatto l’Italia, ma anche di tantissime aziende moderne che sono un altro enorme contenitore di potenziale sviluppo. Si tratta di un discorso legato naturalmente anche all’ateneo universitario e all'Istituto Italiano di Tecnologia. Il turismo in effetti in tanta parte del territorio è gestito in maniera anacronistica, centrato sul modello strettamente balneare, seconda casa e spiaggia: noi dobbiamo costruire dei pacchetti articolati, visto che oggi il turismo significa proporre se stessi e la propria maniera di gestire il territorio nel suo complesso con le sue risorse, dando rilevanza a costumi, tradizioni, cibi, musica e profumi della Liguria. Il turismo dunque non è solo spiaggia, paesaggio e mare, ma deve evolversi; sotto questo profilo grosse attività strategiche non si sono viste da Toti. 

Sansa in un’intervista per La7 ha dichiarato che se sarà presidente non si costruiranno più nuove abitazioni in Regione, ma che sarà varato un piano di incentivi alla ristrutturazione e all’ammodernamento dell’esistente. Conferma che questa impostazione sarà centrale nella vostra proposta politica? 

La linea tracciata dal governo con il 110% di super ammortamento sulle ristrutturazioni che migliorano la classe energetica degli edifici rappresenta la strada maestra per far ripartire l’edilizia. Ripristino e riqualificazione del patrimonio immobiliare con una forte possibilità per incrementare risparmio e produzione energetici va nella direzione dell’Agenda 2030 – il documento europeo che indica le linee guida per una crescita economica sostenibile a livello europeo - di cui Toti non è stato il peggior interprete, ma colui che maggiormente l’ha ignorata. L’economia moderna invece va proprio in questa direzione: noi abbiamo la necessità di contemplare il benessere e la salute delle persone insieme. Di fronte a un panorama di peggioramento dobbiamo sapere che la crescita sociale, economica e culturale delle persone è possibile solo in un contesto di tutela dell’ambiente, e quindi la crescita economica deve tutelare sì il benessere delle persone, ma senza compromettere l’ecosistema. Questa prospettiva per la Liguria consentirebbe di accedere a moltissimi fondi: a questo proposito è stato chiuso da Toti l’ufficio della Liguria a Bruxelles voluto da Biasotti dove si contribuiva a definire i bandi europei, e grazie a questo abbiamo perso molti fondi non strutturali. Invece di fare nuovi palazzi bisogna ristrutturare quelli che già ci sono installando cappotti termici e pannelli solari per consentire efficientamento energetico e riduzione dell’inquinamento: la Liguria potrebbe essere un territorio di fortissima sperimentazione nell’ambito. Abbiamo abusato del territorio e dobbiamo riqualificarlo migliorandolo con le giuste infrastrutture, consentendo così anche di ripartire a una dimensione corretta del turismo, che esuli dal classico sole mare e ombrellone. L’entroterra ligure deve incrementare le presenze ma non possiamo farlo costruendo villette, dobbiamo invece immaginare servizi e giuste infrastrutture perché si recuperino i borghi. Esiste una linea non di decrescita felice, a cui non credo, ma di sviluppo economico che va verso una produzione di energia più compatibile con gli standard europei e mondiali. Una logica di questo genere implica investimenti e lavoro, quindi crescita economica. Oggi non abbiamo bisogno di altri palazzi ma di riqualificare il patrimonio immobiliare, il territorio, i nostri siti culturali, i parchi che attirerebbero un sacco di turisti.  

La designazione di Sansa è stata difficile e ha superato resistenze sia nei 5 Stelle che nel Partito Democratico, e proprio con la votazione in direzione Pd sono di nuovo emerse fratture su questa decisione. I delegati del ponente si sono astenuti in parecchi e c’è poi chi ha pubblicamente espresso disappunto per la candidatura di Sansa. C’è da aspettarsi che qualcuno esca dal partito, che qualcuno senza pubblicizzarlo troppo inviti a orientare i voti verso altri candidati (come Massardo), oppure che si astenga dalla campagna elettorale? 

Io non credo a questa ipotesi: il Pd ha espresso un voto con la maggioranza che ha aderito alla proposta di Orlando e della Pinotti di candidare Sansa. Il partito è serio e compatto, c’erano delle posizioni legittime all’interno del partito ma ora si procede unitariamente sulla candidatura di Sansa. 

Non vi aspettate perciò nessuna sorpresa da esponenti del Pd... 

Questa è una fase politica in cui ciascuno si sente legittimato a dire quello che pensa, in maniera diversa da un tempo. Può darsi che qualcuno a Sanremo lo abbia fatto in modo pubblico, ma il partito non si misura sui casi individuali. C’è una liquidità organizzativa e dei rapporti politici per cui oggi succedono queste cose; peraltro Sansa è l’unico candidato che per numeri può contrastare Toti e io ho sempre sostenuto quello che capisce anche un bambino, cioè che avere più voti in politica porta a un risultato migliore. Poi la somma di più simboli non è sempre stata foriera di successi: oggi abbiamo, a esclusione di Italia Viva, la coalizione di governo unita in Liguria e si è scelto il candidato in maniera limpida, tranquilla e democratica. Tutto il retroscena che lei ha accennato io non credo esista. 

E la scissione che ha decapitato gli eletti del M5S liguri con la fondazione del nuovo movimento di Salvatore e Ferraris mette a rischio il bacino elettorale per Sansa oppure non c’è questa possibilità? 

Non lo so, e forse non è nemmeno corretto che commenti. Non ho capito la scelta di Alice Salvatore, una decisione non di governo e debole da un punto di vista della testimonianza, nel senso che alcune battaglie hanno più rilevanza se si conducono dentro un soggetto politico grande che se si esce per dire quello che si pensa. Devo anche dire che le posizioni del nuovo movimento, che io rispetto, non sono per noi digeribili; basti pensare alla battaglia che la Salvatore ha condotto sulle riparazioni navali che dovevano essere trasferite e alla battaglia contro le infrastrutture. Sono posizioni da decrescita felice con le quali noi difficilmente ci saremmo produttivamente confrontati, e non so quanto consenso possano riscuotere dentro i 5 Stelle, ma lo vedremo a fine elezioni.  

Massardo, candidato di Italia Viva, rischia di togliere dal suo punto di vista più voti al centrosinistra o al centrodestra? 

Mi auguro che tolga i voti a Toti, e non credo che sia in grado di drenare molti consensi altrove. Italia Viva con alcune aggregazioni ha fatto la scelta di correre da sola e raccoglieranno preferenze nel loro elettorato. Fare la somma fra quell’area politica e la coalizione di centrosinistra consentiva di partire, almeno su un piano teorico, con numeri migliore nella battaglia con il centrodestra. Ora non voglio entrare nel gioco delle stime, ma quello che so è che se qualcuno vuole mandare a casa Toti lo può fare soltanto con Sansa. 

Carlo Ramoino


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