“Qui non c’è nessuna misura di sicurezza, nessuna protezione, nessun metro di distanza”. La protesta arriva da alcuni scrutatori dei seggi genovesi, ed è piuttosto significativa.
Sabato, all’atto d’insediamento dei seggi, le defezioni sono state moltissime e il Comune di Genova è dovuto correre ai ripari per rimpiazzare gli scrutatori mancanti e, in diversi casi, anche i presidenti.
Oggi, c’è chi condivide quelle assenze: “Una volta visto com’erano state allestite le classi, in diversi se ne sono andati”, racconta una scrutatrice di un seggio nel Ponente genovese. “Mi pare abbastanza normale. I banchi sono larghi appena trenta o quaranta centimetri, non c’è alcun plexiglass, c’è solo la mascherina per proteggersi, ma è troppo poco. Stiamo qui anche sedici ore, in un ambiente al chiuso, e per un compenso assai magro. Ci si poteva organizzare decisamente meglio”. È vero che le aree sono sanificate, è vero che si entra in maniera scaglionata, è vero che le matite vengono ogni volta disinfettate, “ma c’è stata troppa poca tutela per chi lavora qui dentro. Ci sentiamo un po’ mandati allo sbaraglio ed è comprensibile se ci sono state rinunce”.
L’amministrazione comunale ha fatto una vera corsa contro il tempo, per riempire i posti mancanti e riuscire ad aprire tutti i seggi. C’è stato anche un appello direttamente sulla pagina Facebook del Comune di Genova.
In tutto, si sono contate 855 rinunce rispetto ai 2.644 scrutatori complessivi: quasi uno su tre, quindi, ha deciso di fare a meno dei 148 euro di rimborso previsti dalla tornata elettorale (126 euro solo per il referendum, il resto per le regionali). Defezioni ben più alte dello scorso anno, in occasione delle elezioni Europee, quando gli scrutatori mancanti furono 549.