Cultura - 27 settembre 2020, 14:00

"La prima poliziotta italiana": la biografia di una donna speciale sarà presentata mercoledì al Ducale

Si tratta del libro scritto dalla genovese Alessandra Revello: "Rosa Scafa. La prima poliziotta italiana" (ed. Licosia), terza biografia della collana Mnemosine-Donne nell'ombra

"La prima poliziotta italiana": la biografia di una donna speciale sarà presentata mercoledì al Ducale

Alessandra Revello, avvocatessa di Genova, per il proprio esordio letterario ha scelto di raccontare la storia di una donna speciale, che ha messo la propria vita al servizio degli altri. Si tratta, infatti, della biografia “Rosa Scafa. La prima poliziotta italiana” (Licosia editore), nata dalle conversazioni tra l’autrice e Rosa, che oggi ha 95 anni ed è stata, appunto, la prima donna a entrare nella Polizia di Stato. Si tratta di una storia di tenacia, coraggio e generosità, ma anche di una storia poco nota, che invece merita di essere conosciuta, e che, non a caso, esce all’interno della collana Mnemosine – Donne nell’ombra (diretta da Simonetta Ronco e del cui comitato scientifico è membro Alessandra Revello), dedicata alle figure femminili meno famose della storia, ma non per questo di minor importanza.

Ecco, quindi, che dopo Giuditta Sidoli, personaggio storico del Risorgimento, e Fabia Fagetti, umanista lombarda, è la volta del libro di Alessandra Revello su Rosa Scafa, la ragazza di Vibo Valentia che, arrivata a Trieste nel dopoguerra, prima è entrata a far parte del Corpo di Polizia femminile della città, e poi, nel 1959, è stata la prima donna a vestire l’uniforme della Polizia di Stato, ricevendo nel 2010 anche l’Onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana da Giorgio Napolitano.

Il libro, che vede la prefazione del questore di Trieste Giuseppe Petronzi, sarà presentato mercoledì 30 settembre alle 18 alle Terrazze del Ducale. All’evento, organizzato da Fidapa Genova2, saranno presenti, insieme all’autrice, la prima presidente della corte d’appello di Genova Maria Teresa Bonavia, il presidente del tribunale di Genova Enrico Ravera, l’ex procuratore generale Valeria Fazio, il procuratore Francesco Cozzi, il questore Vincenzo Ciarambino e il dirigente capo della Digos Riccardo Perisi.

Perché scrivere un libro sulla prima donna poliziotto?

Rosa Scafa ha ormai 95 anni. Si è trattato di raccogliere una testimonianza inedita: infatti si è scritto ben poco delle cosiddette ‘triestine’, le reali antesignane delle odierne poliziotte italiane. Nel 1945, mentre in Italia non esisteva ancora la polizia femminile, a Trieste, allora sotto il governo militare alleato, c’erano, appunto, le ‘triestine’, che hanno vissuto un’esperienza di assoluta meritocrazia e parità rispetto agli uomini. Nel 1954 Trieste è tornata sotto il governo d’Italia e la polizia femminile è stata creata solo nel 1959 e con funzioni inizialmente circoscritte a reati relativi a donne e minori e con un’attività prevalente di prevenzione. Nel 1981, quando la Polizia di Stato diventa un unico corpo, le donne raggiungeranno finalmente la parità dei colleghi maschi, quella di cui avevano già goduto le ‘triestine’. Quando è stata creata la polizia femminile in Italia, sebbene inizialmente con funzioni residuali, solo 20 ‘triestine’ hanno chiesto di potervi accedere, e Rosa è stata la prima. Ha anche partecipato al primo corso come docente, per mettere a disposizione delle nuove poliziotte da formare la propria esperienza. Per queste ragioni mi è sembrato importantissimo raccogliere la sua testimonianza.

Che tipo di biografia è questa?

Non sono una scrittrice, faccio l’avvocato e scrivo d’avvocato, ma in questo caso l’obiettivo era riportare la testimonianza di Rosa Scafa con la massima genuinità, senza romanzarne la storia, ma riconoscendo il giusto significato ai diversi momenti della sua vita e della sua esperienza, contestualizzandoli e facendo in modo che il valore e l’insegnamento della sua storia potessero arrivare a tutti e nel modo più semplice. È infatti una biografia di facile lettura e dalla quale deve emergere un racconto gradevole e non io come scrittrice. Per scriverla sono stata al telefono per un anno con Rosa, con due appuntamenti mensili, a volte anche di più, sempre al pomeriggio e ogni volta per 10 o 15 minuti.

Si è creato un legame tra di voi?

Ne è nato un forte legame. Ci siamo riconosciute ed è buffo, perché ci assomigliamo anche fisicamente e lo dicono tutti! Quando l’ho chiamata il 18 luglio scorso per il compleanno, mi ha detto che faccio parte della sua famiglia.

 

Che cosa l’ha colpita di più di Rosa?

Innanzitutto mi ha insegnato che non bisogna arrendersi, perché anche davanti a situazioni di grande difficoltà, da cui non sai come uscire, devi andare avanti, perché una soluzione la puoi trovare. Lei lo ha fatto e non si è mai scoraggiata, anche grazie a una fede profonda, in cui ha sempre confidato. Penso che la sua storia abbia due piani di lettura: una è la storia di lei in Polizia e della Polizia stessa, e l’altra è la storia di lei che, nata a Vibo Valentia, con i genitori trasferitisi a Trieste, ha vissuto la guerra, i bombardamenti, le lotte partigiane e il desiderio di sopravvivere e trovare una normalità. Rappresenta tutti gli italiani che in condizioni di pericolo e difficoltà hanno lottato per la sopravvivenza. Rosa, che ha regalato a Vibo Valentia l’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana ricevuta dal Presidente Napolitano, e che tanto ama Trieste, unisce tutta l’Italia. E poi è una donna molto moderna: mi sembra di parlare con una coetanea, tanto è lucida e tanto è attuale nel modo di ragionare.

Che cosa significava essere allora e oggi poliziotte?

Rosa non vede differenze, perché non si è mai sentita discriminata come donna. Quello che ha sempre detto e insegnato è di non giudicare, ma di immedesimarsi nell’altro, pensando che a chiunque potrebbe capitare, in un momento difficile della vita, di perdere la testa e fare qualcosa di non lecito. E poi suggerisce anche alle nuove poliziotte di trattare sempre tutti con rispetto.

 

A che tipo di lettrici e lettori si rivolge questa biografia?

Si tratta di una biografia democratica, come la definisco, perché l’obiettivo è che la testimonianza e gli insegnamenti di Rosa possano raggiungere chiunque, persone di tutte le età, dalle diverse predisposizioni e dal diverso background culturale.

Medea Garrone

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