- 07 novembre 2020, 08:00

Niccolò Paganini, il genio del violino

Gioacchino Rossini disse su Paganini: “Ho pianto solo due volte in vita mia: quando un tacchino farcito di tartufi mi cadde nell'acqua e quando sentii suonare Paganini”

Niccolò Paganini, il genio del violino

Era il 1794 quando un giovane magro e gracile si presentò alla porta del grande musicista di Parma Alessandro Rolla, che era nel letto malato, per chiedergli di poter suonare qualcosa senza recare troppo disturbo. Gli fu concesso e non solo, il grande Rolla si alzò, si avvicinò pian piano al giovane e lo abbracciò calorosamente e gli chiese il suo nome. “Mi chiamo Niccolò Paganini, signore!” rispose il giovane.  

Niccolò all’età di cinque anni era già in grado di emozionarsi con il rintocco delle campane o con il suono dell’organo, tant’è che il padre gli permise di studiare musica, pur essendo molto severo. Lo costringeva a suonare per ore e se non studiava abbastanza gli faceva saltare i pasti.  

Il giovane, all’età di otto anni studiava violino nelle scuole di Genova e a nove anni compose ed eseguì al Teatro S. Agostino un’aria intitolata “la Carmagnola”. A dodici anni fu mandato a Parma per ordine del padre e al ritorno continuò a studiare, mentre la sua fama si divulgava in tutta Italia rapidamente.  

Un giorno, a Lucca, mentre si trovava alla corte della principessa Elisa Baciocchi, eseguì una sua composizione in onore della sorella di Napoleone su di un violino il quale erano rimaste solo due corde. Tra lo stupore della gente, la principessa Elisa gli chiese di suonare su una corda sola. Detto fatto, Niccolò suonò la propria sonata intitolata a Napoleone, lasciando tutti a bocca aperta.  

Grazie al suo talento, sapeva “suonare” le grida degli animali, i sibili del vento e il fragore delle tempeste. Il suo orecchio era finissimo e la sua costituzione fisica, che al primo colpo d’archetto sembrava scossa da una scintilla elettrica, era il segreto della sua arte. Addirittura qualcuno affermò che per suonare in quel modo, poteva solo essere in accordo con il demonio, oppure essere il demonio stesso. In risposta, Paganini compose “Le Streghe”.  

Il 2 marzo del 1828 Niccolò lasciava per la prima volta l’Italia, per andare incontro a un incredibile successo a Vienna. L’imperatore gli regalò una ricca tabacchiera d’oro incastonata di gemme. Ricevette in dono oggetti preziosi dal Re del Belgio, dal Re d’Inghilterra, dalla Regina di Baviera e dall’Imperatore di Russia.  Alla sua morte lasciò una grande somma di denaro al figlio Achille, che definiva “Angelo mio”.  

Dal cuore generoso, sono infondate le accuse di avarizia verso l’artista, che suonò più volte per beneficienza. Regalò venti mila lire al giovane musicista Ettore Berlioz che veniva deriso, ma che egli aveva riconosciuto come un genio.  

Morì a Nizza il 27 Maggio del 1840, dopo aver trionfato ancora a Parigi, dopo la malattia alla gola che lo costrinse a stare fermo per lunghi periodi.  Gioacchino Rossini disse su Paganini: “Ho pianto solo due volte in vita mia: quando un tacchino farcito di tartufi mi cadde nell'acqua e quando sentii suonare Paganini”. 

Foto: Niccolò Paganini nell’immaginario dell’artista William Mortensen. 

E’ disponibile su Amazon la nuova pubblicazione di Dario Rigliaco: “Streghe, diavoli e altre leggende italiane”.  

Inoltre, sono disponibili in libreria: 

“Borghi imperdibili della Liguria”, “Miti&Misteri della Liguria” e “Liguria da scoprire” (editoriale programma editore). 

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Andrea Rigliaco

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