Attualità - 30 aprile 2021, 20:06

Quattro ragazzi progettano un robot per ripulire i mari dai liquami inquinanti

Giorgio Bernardini, Luca De Ponti, Tommaso Pavletic e Alberto Conte, ex alunni dell’Istituto Liceti di Rapallo, e oggi studenti universitari, hanno dato vita alla startup BeInn. Prima applicazione pratica nel Comune di Recco

Quattro ragazzi progettano un robot per ripulire i mari dai liquami inquinanti

Nell’ottobre del 2018, come in moltissimi ricordano ancora, una tremenda e terribile mareggiata devastò la costa della Liguria, specialmente della Riviera di Levante: fu interrotta la strada tra Santa Margherita e Portofino, ci furono ingenti danni a Recco, il porto ‘Carlo Riva’ di Rapallo venne distrutto, molti yacht furono affondati e altre imbarcazioni vennero riversate e catapultate sul lungomare.

Oltre al recupero dei relitti e al rifacimento delle dighe e delle banchine, si pose il problema di come recuperare tutto il carburante che dalle barche era terminato in mare, per salvaguardare l’ambiente dalla dispersione di liquidi inquinanti e di idrocarburi.

È in questo preciso contesto, sulla base di una reale emergenza, dentro una situazione pienamente sfavorevole che inizia l’avventura di quattro ragazzi di Rapallo che, a quell’epoca, frequentavano l’Istituto Liceti e che invece oggi, dopo il diploma conseguito lo scorso anno, sono iscritti all’Università.

Si chiamano Giorgio Bernardini, Luca De Ponti, Tommaso Pavletic e Alberto Conte e seguono, rispettivamente, la facoltà di Fisica, di Ingegneria Meccanica, di Ingegneria Gestionale e di Ingegneria Informatica. L’input fu, nel 2018, del loro professore Giovanni Dodero, ma oggi quella proposta è diventata una startup e la prospettiva è quella che possa diventare un vero e proprio lavoro.

Siamo ai primi passi di BeInn, realtà che coinvolge i quattro studenti e che ha proprio nella tutela ambientale uno dei suoi principali obiettivi. Giorgio Bernardini illustra il cammino fatto sin qui: “Luca, Tommaso ed io eravamo in classe insieme al Liceti, mentre Alberto era in un’altra sezione, ma tutti comunque seguivamo l’indirizzo di Scienze Applicate. Dopo la mareggiata di Rapallo, il professor Dodero ci propose di partecipare alle Olimpiadi Nazionali di Robotica, e noi andammo con un prototipo di robot, che chiamammo Hydrocarbot, la cui finalità era quella di ripulire il mare dalle scorie e dai liquami inquinanti. Vincemmo il primo premio alle Olimpiadi di Robotica, e da lì siamo andati avanti con il nostro progetto”.

I quattro ragazzi ci si sono spesi anima e corpo, ottenendo anche la collaborazione da parte dell’Istituto Italiano di Tecnologia. “Da lì, sono arrivate altre occasioni - prosegue Giorgio Bernardini - come il First Global Challenge di Dubai, al quale siamo riusciti a partecipare finanziandoci attraverso conferenze e laboratori. Abbiamo lavorato l’intera estate per costruire un robot che fosse all’altezza di questa sfida e, dopo tre giorni intensi di challenge, siamo riusciti a conquistare la medaglia d’argento come ‘Winning Alliance’ insieme ad Israele, Uganda e Australia”.

Hydrocarbot ha saputo cogliere nel segno, ha suscitato enorme interesse e siccome l’ingegno di questi quattro ragazzi è veramente sopraffino, è arrivato pure un secondo prototipo, che proprio in questo periodo viene messo a punto. “Mancano pochi giorni di lavoro, e intanto abbiamo fondato la nostra startup: si chiama BeInn e sabato scorso è arrivata al terzo posto europeo nel concorso Lions Young Ambassador”.

La competizione è stata organizzata dal Lions Club International, e il progetto dei ragazzi liguri ha rappresentato l’Italia e conquistato il podio subito dopo Irlanda e Belgio. Ci sono, insomma, prospettive sempre più interessanti, anche perché l’applicazione pratica inizia a prendere campo.

“Non abbiamo ancora un nome per il secondo prototipo - racconta Bernardini - ma di certo arriverà a breve. L’obiettivo è sempre quello di un robot ancora più performante, in grado di filtrare l’acqua trattenendo gli olii, il gasolio e le benzine, per renderli riutilizzabili”.

La prima collaborazione è con il Comune di Recco: il robot, infatti, verrà presto messo alla prova nella baia antistante la città del Golfo Paradiso. Secondo il sindaco, Carlo Gandolfo, e l’assessore comunale, Edvige Fanin, “il nostro Comune è attento a simili progetti innovativi, pensando al futuro dell’ambiente. Con l’utilizzo di Hydrocarbot nel nostro mare, intendiamo dare una risposta tangibile al problema che gli idrocarburi arrecano alle acque e sulla costa. L’iniziativa s’inserisce in una più ampia operazione di promozione dei comportamenti virtuosi, di lotta contro l’inquinamento ed educazione al rispetto del mare e dell’ambiente attraverso lo sviluppo di strumenti educativi rivolti ai più giovani”. L’attività dei giovani studenti di BeInn è decollata a seguito della sottoscrizione del protocollo d’intesa fra l’amministrazione di Recco e la sezione di Genova dell’Istituto Nazionale di BioARchitettura INBAR.

Ma come funziona questo che è già stato definito il ‘robot spazzino’? La struttura, realizzata ispirandosi alla forma di un catamarano, è composta da due scafi in Pvc, i quali reggono una struttura in plexiglass e alluminio dentro alla quale risiedono il filtro e l’elettronica. Nella parte anteriore, al livello dell’acqua, risiede un convogliatore che porta l’acqua alla pompa: questo è protetto da inquinanti secondari attraverso una rete metallica, mentre nella parte posteriore troviamo un sostegno in alluminio per i motori.

“All’interno della struttura - illustra Bernardini - troviamo la sensoristica, l’arduino (una piattaforma hardware) e una batteria da 12 volt che alimenta i propulsori, il processore e la pompa. La batteria viene ricaricata da energia solare tramite un pannello fotovoltaico posto al di sopra della struttura stessa. I propulsori sono posti alle estremità posteriori dei due scafi mentre la pompa è collocata tra di essi nella parte anteriore del robot. Il filtro si basa su delle spugne trattate in nanoscala con particelle che le rendono idrofobiche e oleofile. Ciò significa che sono in grado di attrarre tutte le sostanze oleose come petrolio, gasolio e altri idrocarburi senza assorbire l’acqua. Grazie alla struttura del filtro, il robot è in grado di depurare l’acqua dalle sostanze inquinanti, accumulandole in un serbatoio”.

Il robot viene gestito da un arduino che riceve via bluetooth, da uno smartphone, le informazioni sulle zone da pulire. Il processore, tramite un modulo Gps, orienta il robot e gestisce la potenza dei motori per raggiungere la zona interessata. Innovazione e tecnologia al servizio dell’ambiente. Bravi ragazzi: avanti così.

Alberto Bruzzone

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