Attualità - 27 giugno 2021, 14:00

La Fiaba della Domenica: "Il cammino di luce"

La storia di Sifulino, coraggioso bambino, e le sue avventure a lieto fine

La Fiaba della Domenica: "Il cammino di luce"

C’era una volta una famiglia felice.

No, non era felice, anzi la tristezza dominava sovrana in quella famiglia.

Era una famiglia molto povera , e quando la povertà la si taglia al posto del pane, è molto difficile essere felici.

Quella famiglia era così povera che non aveva di che riscaldarsi, di che vestirsi, di che mangiare.

Viveva di carità, ma la carità anch’essa è rara come la felicità.

Questa famiglia era composta da padre, madre e Sifulino, unico figlio gracile e macilento, devastato da tigna e pellagra, spettrale nella sua magrezza e opaco nella sua tristezza.

Pensa e ripensa, ripensa e ancora pensa, i genitori di Sifulino non sapevano come fare a sfamare il bambino oltre a loro stessi.

E decisero di affidarlo alla sorte, abbandonandolo nel più folto del bosco.

Forse ci avrebbe pensato la Natura, forse gli gnomi burloni, forse il cacciatore lo avrebbe preso con sé per portare i fucili, forse lo avrebbe trovato lo spallone che di notte passava il confine e lo avrebbe tenuto come vedetta, forse chissà.

E Sifulino venne abbandonato nel bosco tra le lacrime della mamma e i sospiri del papà.

Va detto anche che i genitori avevano avuto un presagio.

Una notte, entrambi, all’unisono, avevano sognato una cerva che li leccava per consolarli della loro disperazione.

La cerva era rimasta impigliata con le corna nei rovi e, dopo averla liberata, loro avevano a lei confidato le loro pene.

Ma la cerva era stata, oltre che grata, anche ricca di buoni auspici:”Non temete a lasciare Sifulino nel bosco, egli tornerà da voi ricco e felice, tornerà però quando avrà trovato il cammino di luce”.

Questo sogno, fatto da entrambi, fece decidere i genitori di Sifulino.

E, nel lasciarlo nel bosco, mamma e papà dissero al piccolo :”Sifulino, non temere, qualunque cosa ti accada tu devi cercare il cammino di luce e quando lo avrai trovato potrai tornare da noi”.

Così Sifulino restò al buio e al freddo, lo stesso buio e lo stesso freddo che c’erano a casa sua, ma senza i suoi cari genitori a guardarlo negli occhi e a sospirare.

Che fare? Come mangiare? Dove dormire? Con chi parlare?

Sifulino per prima cosa avvertì molto sonno, si accovacciò sotto una grande quercia, si coprì di foglie e di frasche e si mise a dormire.

Aveva preso sonno già da un po’, vinto dalla stanchezza e dalla paura, quando fu svegliato da un forte ansimare, quasi un rantolare, come di una persona molto vecchia e malata.

Ma il suono non era neppure umano, era misto a un sibilo, a un alito come di vento portatore di tempesta.

Sifulino si stropicciò gli occhi velati dal sonno, si guardò intorno nel buio e, di fronte a lui, ecco pararsi un’ingobbita figura, goffa e rattrappita, da cui spiccava un naso bitorzoluto che emetteva come del fumo intermittente.

Più incuriosito che spaventato, Sifulino si rivolse alla sagoma nel buio e le disse :”Chi sei bella signora, dove posso trovare il cammino di luce?” La figura si fece più accanto, Sifulino ne poteva sia vedere i turpi dettagli sia percepire il tanfo nauseabondo.

Sono la strega Baggiana, sto cercando il fungo micidiale”. “E’ difficile da trovare, così come il cammino di luce”.

Anzi, trovare il cammino di luce è ancora più difficile che trovare il fungo micidiale, ma siccome sei stato gentile ti farò dono di questa lanterna con l’aiuto della quale dovrai raggiungere il mago Turlì, oltre a farti il dono della vita”.

E sì , perché dovete sapere che la strega Baggiana si cibava di bambini, in attesa di trovare il fungo micidiale.

Riprese Baggiana :”Stai attento al mago Turlì perché è falso e infingardo, traditore e manipolatore”.

Cammina, cammina, con la via rischiarata dalla lanterna avuta in dono dalla strega, Sifulino era preso da mille pensieri.

Come giungere dal mago Turlì? Come trovare il cammino di luce? Come nutrirsi nel frattempo? Per fortuna a Sifulino non mancava il coraggio e al bosco non mancavano le bacche.

Dopo tre giorni e tre notti di incessante cammino, Sifulino giunse a una brulla radura, nel bel mezzo della quale stava un bellissimo giovane intento a cantare guardandosi allo specchio.

Aitante ragazzo”, disse Sifulino rivolto al giovane, “sapresti indicarmi dove trovare il mago Turlì?”

Sono io”, rispose il ragazzo, “per servirti!”

Sifulino, che si aspettava un vecchio brutto almeno quanto la strega Baggiana, sorpreso senza darlo a vedere, riprese:”Sapresti dirmi dove trovare il cammino di luce?”.

E’ molto, molto difficile da trovare” rispose il bel giovane, “ma visto che sei stato cortese con me non ti trasformerò in un pollo e ti farò dono di questa carrozza con la quale potrai giungere dall’orco Sporco”. “Ma stai molto attento, perché l’orco Sporco ha un vero caratteraccio”.

E a bordo della veloce carrozza avuta in dono, Sifulino riprese la via lasciando il mago Turlì a specchiarsi e a cantare, beandosi di essere stato, per una volta nella vita, buono e generoso.

Certo ora il percorso era più facile e agevole: aveva la lanterna, aveva la carrozza, doveva cercare e trovare l’orco Sporco e a lui domandare del cammino di luce.

Dopo tre giorni e tre notti di corsa a perdifiato, Sifulino giunse a uno stagno nauseabondo nel bel mezzo del quale sguazzava un omone spaventoso solo a guardarlo.

Ma a Sifulino il coraggio non mancava.

Non vorrei sporcare la tua acqua, gentile signore” disse Sifulino rivolto al gigante, “dove potrei passare con la carrozza? Sai, sto cercando il cammino di luce, sapresti dirmi dov’è?”.

L’orco Sporco grugnì, strinse i pugni, allargò le manone per stritolare Sifulino e carrozza, ma si fermò.

Voglio essere buono con te”, disse l’orco, “non ti schiaccerò come una mosca, ti lascerò passare vicino al mio stagno e ti farò dono di questa bisaccia colma di pani, così potrai sfamarti”. “Perché è molto difficile trovare il cammino di luce, prova a chiedere al nano Pirofila!”.

Senza più i morsi della fame grazie al dono del pane, Sifulino riprese la via stanco ma confortato, con il sole in fronte e il coraggio nel cuore.

Dove trovare il nano Pirofila? Se almeno avesse avuto idea di dove dirigersi!

Puntò a est, così d’istinto.

Cominciava a disperare di trovare il cammino di luce, cominciava a non sperare più di poter rivedere un giorno i suoi genitori.

Viaggiò ancora per tre giorni e per tre notti, scrutando sotto i funghi, sugli alberi, in riva ai fiumi, cercando di scorgere il nano Pirofila.

Disperava ormai di trovarlo, quando scorse, poco lontano, del fumo levarsi al cielo.

Qualcuno faceva un falò, no sembravano quasi segnali di fumo!

Ed erano segnali di fumo.

Sopra ad una collinetta, il nano Pirofila comunicava alla sua amata lontana il proprio dolore di non essere con lei.

Scendi un attimo giù, caro signore, sei troppo alto, non riesco a parlarti”, disse Sifulino al nanetto, “vorrei chiederti dove trovare il cammino di luce”.

L’orco Sporco aveva dimenticato di dire a Sifulino che il nano Pirofila aveva il potere di incenerire con lo sguardo e Sifulino non pensava certo di avere davanti un pericolo in un essere così piccino.

Il nano pensò subito di incenerire il disturbatore, ma fu colpito dal tono suadente della voce del bambino.

Caro bambino, so di non essere alto, ma tu mi hai chiesto di scendere alla tua altezza, sarai ricompensato per questo, ti lascerò passare e ti donerò questa torcia, così potrai scacciare le fiere nella difficile ricerca del cammino di luce”. “Qualcosa potrà dirti il re Baciccia, cercalo è una persona veramente gentile”.

Finalmente una buona notizia! Un re gentile da trovare, con lanterna, carrozza, bisaccia e torcia a disposizione!

Ma dove dirigersi? Sempre a est? O cambiare direzione? Finora era stato molto fortunato, ma ora chissà.

Col consueto coraggio riprese la via.

Cominciava a piovere, si annunciava un terribile temporale.

Viaggiò ancora tre giorni e tre notti sotto un diluvio di pioggia, grandine, neve, cercando un castello.

Un re doveva vivere per forza in un castello.

Era ormai scorato e disilluso, non vi era anima viva, solo bosco e diluvio, quando, alla luce di un lampo, vide un gregge di pecore, tante pecore, tutte bianche, una stretta all’altra per scaldarsi e affrontare la tempesta.

E tra le pecore un vecchio, canuto e tranquillo con in mano un bastone che pareva uno scettro.

Gentile nonnino”, disse Sifulino, “dove posso trovare il sovrano, il re Baciccia?”

Sono io il re Baciccia”, disse il vecchio, “sono il re delle pecore e dei cani pastore, tutti mi amano, mi stimano e mi obbediscono e io provvedo a ciascuno di loro”.

Senza celare il proprio stupore, visto il candore del vecchio, Sifulino riprese :”Caro nonnino, dove posso trovare il cammino di luce?” “Sono ormai mesi che lo cerco e sto perdendo la speranza”.

Non disperare, bambino”, disse il re Baciccia, “è molto facile trovare il cammino di luce, vai dalla fata Patata”. “Io non ti darò alcun dono, ma ti dirò per filo e per segno come trovare la fata Patata”.

E così fece.

Due giorni a est sulla strada maestra, girare a destra alla Gola dell’Aquila, poi a sinistra al Dirupo del Lupo, poi una notte verso sud e il terzo giorno fermarsi nel boschetto dei ciliegi; intonare la filastrocca…

Patata, Patata

Or io ti ho trovata,

sei dolce e materna,

amorevole e ambita,

se esci all’aperto

mi cambi la vita…


e la fata apparirà in tutto il suo splendore”.

E così fece.

La visione più bella, più rassicurante, più amorevole che Sifulino avesse mai non solo visto, ma pensato, si parò di fronte a lui.

Era la fata che sapeva già che Sifulino cercava il cammino di luce.

La fata era avvolta dalla luce, era luce e si rivolse a Sifulino con la voce più tenera e dolce mai udita nel mondo.

Caro Sifulino, coraggioso bambino, attraversa la Grotta Bella che si trova qui nel Bosco dei Ciliegi”. “Al termine della grotta, all’uscita, scorgerai il Castello di Luce, entra e non temere, il tuo viaggio è terminato”.

Sifulino fece alla lettera ciò che aveva detto la fata Patata : si inoltrò tra i ciliegi con il cuore in tumulto, entrò nella grotta con le tempie che gli battevano, la attraversò in un baleno e…all’uscita!

Un meraviglioso castello, il più bello, del più bello dei suoi sogni lo attendeva con le porte spalancate.

E fuori e dentro il castello ogni sentiero, ogni corridoio, ogni giardino, ogni stanza erano di luce, il castello stesso era luce.

Senza indugio, con il cuore stracolmo di gioia, Sifulino entrò nel castello e …sorpresa!

Alle pareti nell’atrio, due enormi ritratti del papà e della mamma campeggiavano solenni avvolti di luce.

Un’ enorme felicità pervase il bambino, ma lasciò presto il posto a scoramento e tristezza.

Che farsene dei ritratti dei suoi genitori?

Era certo uno stupendo castello, pieno di ogni ben di Dio, ma lui voleva mamma e papà in carne e ossa!

Non fece in tempo a finire il pensiero che i due ritratti presero vita.

Erano i suoi genitori, vivi e vegeti e, per la prima volta, sorridenti!

La fata Patata aveva fatto la magia, la paura era vinta, l’infelicità un ricordo, la serenità era giunta.

E quel giorno Sifulino capì che la sua fiducia nella vita e il suo non perdersi d’animo l’avevano condotto, tappa dopo tappa, al cammino di luce e alle immagini belle dei suoi genitori.

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