Arriva a Chiavari "Unplanned - la storia vera di Abby Johnson", il discusso film statunitense antiabortista che racconta la battaglia di una dipendente della clinica del Texax Planned Parenthood. La programmazione è prevista da domani, 11 novembre, al 14, al cinema Mignon.
L'arrivo della pellicola nella cittadina di levante è stato accolto non senza polemiche, tanto che 'Non una di meno', ha inviato una lettera aperta alla sindaca di Chiavari Silvia Stanig.
"Gentile Dott.ssa Silvia Stanig, - si legge - ci rivolgiamo a Lei in qualità di Sindaca e dunque responsabile della salute delle cittadine e dei cittadini di Chiavari, in particolare delle cittadine. È notizia di questi giorni che a Chiavari verrà proiettato il film 'Unplanned – La storia vera di Abby Johnson', prodotto statunitense che racconta la battaglia antiabortista di una dipendente della principale clinica Planned Parenthood del Texas. Un film il cui unico scopo è stigmatizzare chi pratica aborti e colpevolizzare le donne che scelgono di interrompere una gravidanza.
Distribuito negli USA da Pure Flix Entertainment, compagnia privata di film cristiani per famiglie, fra i molti nomi dei suoi finanziatori spicca quello di Mike Lindell, sostenitore di Trump, complottista e convinto no-vax. Ad organizzare la proiezione in Italia è Provita & famiglia, soggetto che non si fa scrupoli di diffondere falsa informazione pur di perseguire i suoi scopi propagandistici (ricordiamo i manifesti contro la RU486 presentata come farmaco tossico che uccide le donne), contro la libera scelta delle donne riguardo la sessualità e la procreazione.
Sicure che un film di pura propaganda avrà come pubblico persone già antiabortiste convinte, non pretendiamo di far loro cambiare idea, ma vogliamo ribadire che in Italia una legge c’è e va applicata. Dal ’78 molte donne, cattoliche e non, ne hanno usufruito, evitando di doversi rivolgere al mercato privato dell’aborto clandestino. Una legge che non obbliga nessuna a interrompere la gravidanza, ma permette di astenersi da maternità non desiderate lasciando alle donne la libertà di scegliere se, come, quando e con chi mettere al mondo figlie e figli. Una legge, la 194, che viene ostacolata a partire da coloro che dovrebbero curarne la piena applicazione, a tal punto che il numero di medici obiettori influisce sull’accessibilità al servizio e sul clima intimidatorio e colpevolizzante dei reparti ospedalieri.
Quello che Provita & famiglia non mostra è ciò che succede dove vigono leggi restrittive, come quelle che il film sostiene e che guarda caso sono state votate recentemente in Texas, dove non si può ricorrere all’IVG dopo la sesta settimana nemmeno nei casi di incesto o stupro. Più vicino a noi, in Polonia, Izabela Sajbor è deceduta per shock settico perché i medici non hanno voluto interrompere la gravidanza lasciandole il feto di 22 settimane morire nella pancia. Questo in conformità con la decisione della Corte costituzionale polacca, che nell’ottobre 2020 ha vietato l’aborto in caso di malattia fetale incurabile.
Il 6 novembre migliaia di persone sono scese in piazza a Varsavia, perché questo non accada più. In Italia ci stiamo preparando per la grande manifestazione del 27 novembre a Roma, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza maschile e di genere: perché, come è scritto nella Convenzione di Istanbul, ostacolare l’accesso alla libertà di scelta e autodeterminazione delle donne è una forma di violenza.
Come mai la Asl 4, di cui il territorio di Chiavari fa parte, non ha partecipato all'indagine nazionale dell'Istituto Superiore di Sanità sui consultori familiari? La Regione Liguria dovrebbe stendere relazione consuntiva annuale sulle attività svolte dai Consultori familiari; visto che è inadempiente, come può fare programmazione e valutare i risultati?
In quanto Sindaco (noi preferiamo Sindaca se non Le dispiace) non chiediamo azioni di censura, ma che si attivi per monitorare lo ‘stato di salute’ dei consultori della ASL e il grado di applicazione della legge 194 sul suo territorio, rispetto alle liste di attesa e alla presenza di obiettori; all’uso della pillola abortiva RU486; al clima di accoglienza professionale delle donne che ricorrono all’IVG; ai dati sugli aborti dovuti alla nocività del posto di lavoro o sul numero di aborti clandestini. Questo è ciò che un’amministratrice responsabile della salute della cittadinanza è tenuta a fare, mentre promuovere lo stigma intorno all’aborto rischia solo di spingere le persone in difficoltà nella disperazione e nell’illegalità".






