Attualità - 24 gennaio 2022, 07:00

Peste suina in Liguria, l’allarme di Legambiente

Parla Massimo Maugeri, referente dell’associazione per il Tigullio e l’entroterra di Levante: “Se la malattia oltrepassa il Bracco e arriva in Emilia, allora diventa un problema serio per gli allevamenti di maiali”

Peste suina in Liguria, l’allarme di Legambiente

Nel pieno della quarta ondata del Covid-19, esplode soprattutto nel Nord Italia la peste suina e le conseguenze iniziano a essere importanti, specialmente in Piemonte e in Liguria. Si tratta di una malattia che proviene dall’Africa, che attacca i cinghiali e tutti gli animali della famiglia degli ungulati, che non aggredisce l’uomo ma che va trattata con la massima attenzione perché il passaggio dal cinghiale al maiale potrebbe provocare una strage all’interno degli allevamenti, con conseguente ed enorme danno dal punto di vista economico.

Abituati come siamo, da due anni, a sentir parlare di contagi e di lockdown, abbiamo assistito, nei giorni scorsi, alla chiusura dei boschi, dei sentieri e di tutti quei luoghi ‘fuori porta’, meta delle passeggiate, delle gite, delle escursioni, del trekking, dei giri in bicicletta e di tantissime altre attività.

Ma perché? A spiegare la situazione è Massimo Maugeri, referente di Legambiente per il Tigullio e da sempre in prima linea sui tantissimi fronti ambientali: “Sono state adottate queste misure di contenimento non tanto perché è in pericolo l’uomo, e questo è sempre bene precisarlo; quanto perché l’uomo può essere un veicolo di trasmissione e far passare questo virus dai cinghiali ai maiali, con conseguente strage e messa in ginocchio di un settore che, per quanto riguarda l’Italia, rappresenta una fetta consistente del prodotto interno lordo”.

Il passaggio del virus è un’eventualità assolutamente non remota: “Il problema sono le carcasse dei cinghiali morti per la peste - prosegue Maugeri - Gli animali muoiono, ma il virus no. Basta un passaggio con la suola delle scarpe, con un altro animale, con le ruote di un mezzo, per portare la peste altrove. Se la peste arriva in città, gli allevamenti sono a fortissimo rischio”.

Ma il problema, com’è stato fatto notare, è che anche i cinghiali, ormai, arrivano abitualmente in città: “Infatti non stiamo parlando di una questione banale. Come fare? Per difendere il maiale, o si ammazzano i cinghiali, oppure si aspetta che sia la natura a trovare il suo equilibrio, attraverso il lupo. Ma questo potrebbe non bastare”.

La situazione attuale è la seguente: sono aumentate di numero le carcasse di cinghiali positive al virus della peste suina africana individuate lungo lo spartiacque appenninico tra Liguria e Piemonte. Lo comunicano il direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Angelo Ferrari, e il responsabile del Servizio Veterinario di Alisa, Roberto Moschi.

“Un caso è stato riscontrato a Bogliasco - dice Maugeri - Se questo virus oltrepassa il Bracco e arriva nel Piacentino e nel Parmense, allora è un problema veramente serio”.

Intanto, cresce anche il partito di chi è contrario alla chiusura di boschi e sentieri, anche perché questo rappresenta l’ennesimo e ulteriore danno per chi da questo settore trae lavoro e profitto.

Ha superato le duemila firme in poche ore la petizione online al Governo Draghi contro l’ordinanza ministeriale che vieta per sei mesi le attività di trekking, mountain bike, raccolta funghi, caccia e pesca in 114 comuni lungo lo spartiacque appenninico tra Liguria e Piemonte per evitare che il virus della peste suina trovato nei cinghiali faccia il salto negli allevamenti di maiali.

La raccolta firme sulla piattaforma Change.org lanciata da alcuni cittadini è indirizzata ai ministri della Salute e delle Politiche agricole, Roberto Speranza e Stefano Patuanelli.

“La malattia non contagia l’essere umano. È presumibile che la malattia sarà riscontrata a breve anche in altre aree. Quando questo accadrà, la linea resterà quella di vietare le attività outdoor? Fino a dove? Il cinghiale è diffuso su tutto il territorio nazionale. Fino a quando?”, si legge nella petizione.

“Garantire la possibilità di fare attività all’aria aperta è estremamente importante, soprattutto nell’attuale contesto pandemico (quarantene, lunghi periodi al chiuso, imposizione dell’uso delle mascherine anche per i bambini). Nell’area in oggetto sussistono attività economiche (bar, ristoranti, campeggi, piccole imprese agricole che fanno anche vendita diretta) che traggono dal turismo sostenibile il loro reddito e saranno pesantemente colpite dai divieti in essere, questo dopo il difficile periodo di lockdown degli anni scorsi”.

Alberto Bruzzone

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