Attualità - 25 giugno 2022, 09:00

Nel nome della madre: che cosa significa essere una madre e cosa riguarda?

In questo momento storico, forse, non stiamo abbastanza attenti al ruolo delle madri, a cosa racchiude, ai sentimenti che nasconde

Nel nome della madre: che cosa significa essere una madre e cosa riguarda?

Per due sabati di fila, il mese di Giugno ci ha sconvolto con due notizie di morti infantili che hanno fatto il giro del paese in breve tempo. Il caso di Vittoria Scarpa annegata a Torre Annunziata e il caso della piccola Elena, uccisa dalla madre Martina.

Non credo sia utile (o perlomeno non riguarda il mio punto di vista né il mio interesse in questo caso), ricercare il perché di un omicidio così efferato, così sbalordente e fuori dalla natura umana. 

Vorrei pensare, un po’ più nelle retrovie, a cosa succede nella mente di queste madri, rispetto a loro stesse, come persone. 

Nel primo caso si tratta di una dimenticanza, di una distrazione: la figlia era stata lasciata giocare da sola, essendoci una sorellina neonata da accudire, oltre a lei. Nel secondo caso, il gesto più terribile che si possa immaginare per un essere umano: uccidere un figlio è uccidere una parte propria fragile, indifesa, “piccola”. In Medea, tragedia che guarda alle pieghe profonde dell’animo umano, questo tema era già stato immaginato da Euripide nel 431 a. C.

Queste donne, hanno lo spazio per diventare madri? Nella nostra società, questo richiamo non è più debole degli anni passati, ma se mai è ancora più forte e più complesso. Adesso le donne devono pensare al lavoro, alla carriera, studiano, si fanno strada nel mondo, ma in più hanno anche il pensiero di una casa, un compagno o marito, mantenere spazi vitali propri, e dei figli. Come si fa a tenere tutto insieme? Per questa società è sintomo spesso (o almeno a me lo pare) di buon raggiungimento dei risultati avere un figlio o più d’uno, quanto prima. Ora i trenta sono tollerati, se si pensa che una donna deve studiare  e aprirsi un vago varco di carriera, allora anche i 32 o 33. Ma da lì non si scappa. La famiglia chiama, e se sei adeguata, lo fai.

Intendo dire, distaccandomi dai casi singoli di cui sopra, che è molto difficile, oggi, per una donna, tenere tutto insieme e non stare male, non fare una fatica immensa. E’ molto difficile restare in equilibrio in questa società che ti dice che potresti avere sempre di più o fare sempre meglio, è sempre più difficile fermarsi e mettere dei confini, dei paletti, tra noi e il mondo fuori. Per farlo bisogna essere molto solide. Per avere un figlio anche a 33 anni bisogna essere molto solide. 

Non è detto che tutte abbiano questi strumenti, o abbiano davvero la vocazione ad occuparsi di qualcun altro. Forse è questa società che rischia di tramutare il sogno materno in una necessità narcisistica a volte, riguardante solo la persona interessata, la madre, che si può sentire adeguata, “arrivata” e riconosciuta, solo con un figlio al seguito, e che altrimenti rischia di sentirsi fallita? 

Si dovrebbe stare più attenti, e parlare di più della fatica delle donne, oggi. Perché non è scontato tenere le briglie di tutto e sopravvivere, senza che diventi una gara con se stessi o con gli altri. Qualche pezzo ce lo si perde, e se non è un figlio cui si rischia di prestare meno attenzione, potrebbe essere il trascurare un marito o compagno, o se stesse, la propria mente.

Forse ci vorrebbe maggiore pensiero sul ruolo della madre, maggiore cura ed educazione di ciò che significa diventarlo. Sarebbe utile parlare dello spazio mentale che una gravidanza impone di fare su un terzo, un figlio, che è uno spazio non più disponibile per se stessi. Bisogna essere pronti a dedicarsi all’altro. Bisogna sapersi mettere da parte, avere la solidità di farlo. Altrimenti saremo solo noi, i nostri bisogni, le nostre prestazioni, i protagonisti. E a quel punto che si tratti di una promozione o di un figlio cambierebbe poco, solo quel piccolo esserino, non occuperebbe lo spazio che si merita. 

Io vedo tante ragazze spaventate, confuse, prese da pensieri e preoccupazioni, angosce sempre più aggrovigliate dentro, come d’altronde tutti noi, in questi anni di globalizzazione, pandemie, social network power o surriscaldamento globale. Il mondo sempre più complesso, starci dentro è sempre più complesso. Pensiamoci un po’ di più.

 

www.cristinafregara.it

Cristina Fregara

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