Attualità - 11 agosto 2022, 15:00

Speciale Morandi - La famiglia Matti Altadonna alla Radura della Memoria: "Questo per noi è un luogo sacro, merita più rispetto" (Video)

Giuseppe e Michele Matti Altadonna ricordano Luigi tra gli alberi della Radura della Memoria

Speciale Morandi - La famiglia Matti Altadonna alla Radura della Memoria: "Questo per noi è un luogo sacro, merita più rispetto" (Video)

A quattro anni dal crollo del ponte Morandi, costato la vita a 43 persone, La Voce di Genova vuole ricordare i terribili fatti di quel giorno con uno speciale che accompagnerà i lettori fino all’anniversario di domenica.

La prima giornata è dedicata ai familiari delle vittime.

Tra le vittime del crollo del ponte anche Luigi Matti Altadonna; Michele, il fratello, racconta quei tragici momenti e sottolinea l'impegno affinché la tragedia non venga dimenticata.

Che ricordi hai di quel giorno?

"Ricordo perfettamente il giorno come se fosse ieri. Ero con la mia famiglia a fare la spesa, un giorno qualunque, preparandoci a Ferragosto. Arriva una notifica al cellulare. Ero collegato a tutti i notiziari principali nazionali e arrivò questa notifica di un crollo di un pezzo autostradale.

Li per lì fu quasi una visione apocalittica, utopistica, impressionante.

Invece, nell’ora successiva, accendendo la televisione, guardando le prime immagini, era pura realtà.

La paura fu subito per parenti e familiari a Genova e per mio fratello che viaggiava nella zona. Eravamo abbastanza sicuri, avendolo sentito pochi minuti prima del crollo, invece, fatalità, si ritrovò li.

Stava lavorando, stava trasportava mobili per un’azienda con un collega che fortunatamente è sopravvissuto. Illeso no, perché ha avuto ripercussioni psicologiche e fisiche oggettivamente  evidenti. Siamo contenti sia sopravvissuto, Gianluca Ardini, un grandissimo uomo che sta riuscendo ad andare avanti con grandissima forza. E’ un esempio per tutti noi".

Dopo quattro anni come siete riusciti ad andare avanti come famiglia, un po’ anche un impegno civico, ci raccontavi del tuo impegno, che è noto, per portare avanti un po’ il ricordo di tuo fratello, per non dimenticare quello che è successo, e per te stesso.

"Il punto fondamentale che ci porta ad andare avanti è l’unione della nostra famiglia, fortunatamente siamo una famiglia molto unita, con i miei genitori, con mia sorella, come con mio fratello. Ciò che dà forza è la continua comunicazione, le pacche d’affetto sulle spalle che ci diamo.

L’impegno civile è quello che serve per andare avanti. Vissute delle grandi difficoltà sono necessarie motivazioni e l’impegno civile, aiutare gli altri fa tanto.

L’unica esperienza positiva del crollo è stata la speranza che ho ricevuto da parte dei soccorritori. Ho visto questa grande mobilità da parte delle forze dell’ordine, dei soccorritori, dei vigili del fuoco, della collettività tutta, tutti si sono mossi per cercare di aiutare quindi quel sentimento di speranza che ci è stato donato per purtroppo poche ore con un finale tragico mi ha motivato a cercare di aiutare gli altri. Prima con una pubblica assistenza poi con la protezione civile e adesso con un’associazione nazionale cercando di difendere le vittime dirette e collaterali di reati violenti".

Chi era tuo fratello?

"Mio fratello era una persona come tutte. L’unica cosa che mi rimarrà sempre nel cuore era quella sua voglia di trasmettere l’amore. Era una persona fondamentalmente buona. Con i nostri screzi, i nostri litigi di fratelli, ma era una persona con un grande cuore che non aspettava mai per aspettare di condividere con gli altri. Aveva questo grandissimo amore per la famiglia, tanto che ha quattro figli. La grande voglia di costruire qualcosa, lui era il quadro e voleva questa cornice di amore e di serenità".

E’ iniziato il processo, che cosa vi aspettate?

"La domanda è piuttosto difficile. Per un’esperienza personale, quasi vai a rimanere deluso di quello che è il nostro governo, il nostro paese, la nostra giurisprudenza, il nostro tricolore.

Io sono nato in una famiglia di militari, e poi con agenti di custodia, diventati poi polizia penitenziaria. Da piccolino ho sempre avuto grande ammirazione nei confronti del nostro paese e di ciò che rappresenta il tricolore. Quando vai a mettere le mani in una situazione del genere, capisci che le responsabilità bon ricadono soltanto nei confronti di un privato ma anche nei confronti dell’amministrazione e dei nostri ministeri un po’ la paura ti viene. Ciò che ci aspettiamo per banalità è giustizia, siamo speranzosi. E’ l’unica cosa che ci possiamo permettere. Abbiamo perso abbastanza, è l’unica nostra speranza".

Giuseppe Matti Altadonna, padre di Luigi, prosegue:

“Ricordo l'incredulità in un primo momento e poi quella cruda e amara realtà che si è venuta a evidenziare nel giro di qualche ora, poi la tragedia. Ho avuto il sentore subito di quello che era successo, perché ero in contatto con lui, sapevo dove si trovava, quando non ha risposto alle chiamate e ai messaggi ho capito che era stato coinvolto in quella tragedia. Quel silenzio mi ha fatto comprendere nell'immediatezza che era successo qualcosa, non pensavo subito che fosse mancato, ma che fosse coinvolto sì”.

C'è un messaggio che vuole rivolgere affinché questa tragedia non venga dimenticata?

“Noi lottiamo per non dimenticare, perché queste cose non succedano più e che altre famiglie debbano patire quello che stiamo patendo. Lottiamo per la giustizia, l'unica cosa che ci rimane, per tutto quello che ha causato questo crollo, oltre alle 43 vittime ci sono situazioni drammatiche che girano intorno a questo crollo, vorremmo che questo Paese per una volta si svegliasse dando giustizia a queste vittime”.

Che significato ha per lei la radura della memoria?

“E' un posto che rappresenta la tragedia, sono stati piantati 43 alberi, ognuno per ogni vittima, per noi è un luogo sacro. Credo che meriterebbe un po' più di rispetto da parte delle persone che non lo hanno, e che dovrebbero ricordarsi cosa rappresenta”.

Francesco Li Noce

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