Attualità - 01 aprile 2023, 09:30

Dritto al punto... con la psicologa - Il conflitto nella coppia: possibili cause, possibili conseguenze

Rabbia e conflitti sono un elemento del singolo: portarli all'interno della relazione spesso può mettere a repentaglio il rapporto, ma non sono il problema principale

(Freepic)

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Spesso durante le relazioni di coppia si sviluppano conflitti, più o meno duraturi nel tempo, più o meno intensi. Ci sono conflitti che durano anni, conflitti che rimangono in un silenzio sopito sotto il pavimento e che poi si liberano tutto d'un tratto, e ci sono invece conflitti infiniti che proseguono per lungo tempo, esplicitati, limpidi e chiari.

Alle volte per quanto può sembrare strano, si parte dal presupposto che il conflitto può essere l'equilibrio di coppia per eccellenza. Sembra impossibile ma molte persone per funzionare come coppia e per mantenere la coppia stessa utilizzano e hanno bisogno di sentirsi "in lotta".

Nelle norma, il conflitto tra due persone che si stanno conoscendo e che stanno sviluppando un rapporto stretto come una relazione sentimentale, è fisiologico, utile alla conoscenza. A qualche livello, certamente moderato e saltuario, il conflitto permette di portare se stessi, le proprie caratteristiche, il proprio sentire. 

Esso però, benché sia da considerarsi ingrediente di coppia, è prima di tutto un elemento singolo. Infatti prima di mostrarsi nelle relazioni significative si mostra dentro di noi. In che senso? Intendo dire che il tema del conflitto interno di una persona torna sempre, ciclicamente, perché è un tema antico, che le relazioni attuali solamente riportano alla luce, rispolverano. Ecco perché alle volte per delle cose molto semplici ce la si prende tanto, troppo. Perché quel conflitto lì è proveniente da vissuti personali di ciascuno molto precedenti al momento attuale.  Ognuno di noi, appunto, vive un suo primario conflitto interno, che riguarda un grande tema irrisolto o sul quale ha sofferto molto, in epoca antica.

Ecco, questo tallone d'Achille tendiamo inconsciamente a portarlo a spasso con noi, anche nelle costruzioni di rapporti nuovi o recenti. Questo perché spesso quel trauma psichico ha costruito dentro di noi un fortino, si nasconde lì e non se ne va. Ne viene fuori fragilità grande, buttata e inserita dove si può, pur di farla sfiatare, persino nelle nuove relazioni. Quindi, quando avvertiamo aria di lite, di confronto un po' guerrigliero, ci aiuterebbe chiederci, su cosa stiamo combattendo veramente? Cosa stiamo dicendo di noi in questo momento all'altro e l'altro cosa ci sta comunicando di sé? 

La rabbia e l'aggressività, infatti, non è un mistero che nascondano una forte fragilità. Questo dobbiamo tenerlo bene a mente quando litighiamo, quando ci confrontiamo in modo acceso, quando il campo non è più uno spazio per guardarsi ma per attaccarsi. 

La rabbia, che sia nostra o dell'altro,  può spaventare, può bloccare, possiamo temere di mettere attraverso di essa, a repentaglio l'intero rapporto. Quello che però metterà a repentaglio il rapporto sarà nel caso il non dire nulla, il non parlarsi. Il non chiarire, il non capire cosa ci possa essere dietro quel conflitto. Cosa ha provato l'altro, quale era in altri termini, la sua verità. E cosa abbiamo provato noi, cosa sentiamo dopo, cosa volevamo davvero ottenere.

Andare a fondo dietro il conflitto e guardare bene entrambe le parti, con le sfumature e le attenzioni dovute, ci aiuta ad appianre quella antica fragilità personale che sia noi che l'altro possiamo mettere in campo stando insieme. E appianando la fragilità nostra o altrui con una riflessione un po' più attenta, si riacquisisce vicinanza, e dunque sicurezza. Nel rapporto e in noi stessi. 

A quel punto il conflitto diventa costruzione comune: si è strutturato qualcosa insieme, un momento di chiarificazione, di incontro vero, vero perché riferito alle nostre proprie parti antiche, lese.

Ed ecco il sollievo e il sorriso. Quel conflitto non è stato vano, ma se mai ha potuto aprire un canale comunicativo nuovo, dentro il quale si può essere se stessi.

Cristina Fregara

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