Genova - 25 gennaio 2025, 08:00

Intelligenza artificiale e lavoro, il parere dell’esperto: "Servono strategie per poterla gestire al meglio"

"Europa e Italia hanno l'opportunità di essere competitivi con Cina e Stati portando l'IA in una dimensione fisica. La politica deve anticipare queste trasformazioni" chiarisce Daniele Pucci, ricercatore dell'IIT

Intelligenza artificiale e lavoro, il parere dell’esperto: "Servono strategie per poterla gestire al meglio"

Agganciare una rivoluzione e non subirne conseguenze già in atto. E se quando si parla di IA si guarda spesso solo all'estero, e al locale sono in termini di 'conseguenze dirette', come nel caso messo in luce pochi giorni fa con quattro lavoratori licenziati nella sede genovese di un colosso della logistica, la Maersk, per essere sostituiti dall'automazione, c'è invece un'enorme partita per la quale Italia ed Europa devono farsi trovare preparate.

"L'auspicio è che si accorgano che l'intelligenza artificiale digitale, ossia quella confinata all'interno di un calcolatore, è già vecchia e l'Europa e l'Italia hanno l'opportunità di essere competitivi con Cina e Stati, portando l'IA in una dimensione fisica". Lo spiega bene Daniele Pucci, ricercatore dell'IIT che si occupa di Intelligenza artificiale e della sua declinazione pratica, applicata al lavoro.

Un cambiamento nel quale siamo già immersi da anni: "Probabilmente non l'abbiamo vista arrivare - dice - ce ne siamo accorti quando quando è uscita Chat GPT ed è diventato di dominio pubblico uno strumento che esiste da tempo, pensiamo ad esempio al Gps oppure agli strumenti di semi guida autonoma degli ultimi, che erano segnali premonitori". 

Per capire le sfide e l'importanza di un investimento in intelligenza artificiale, soprattutto un'intelligenza artificiale 'con un corpo' e quindi robotica bisogna però fare un passo indietro. "Se si guarda ai dati dell'andamento demografico in Italia - sottolinea Pucci - ci si accorge che entro il 2100 la popolazione avrà una compressione che toccherà quota trentasei, quindi ci saranno trentasei milioni di italiani. E questo perché fondamentalmente il numero medio di figli per coppia sta drasticamente diminuendo, statistiche non sono solamente italiane che ci fanno capire a spanne che neanche l'immigrazione sarà un elemento compensativo".

Per spiegarsi Pucci utilizza un'immagine: "Quando faccio formazione - dice - mostro una foto con una fabbrica piena di operai e domando: che cosa accadrà se non procederemo con l'intelligenza artificiale tra quarant'anni? Che quella fabbrica sarà vuota e mancheranno le persone, con loro la capacità di svolgere compiti fisici e cognitivi". E l'umanità, in particolare quella Occidentale, non riuscirà a mantenere gli stessi livelli di bene e servizi.
"In questo momento - spiega ancora - la società ha bisogno di strumenti di amplificazione cognitiva e questi passano attraverso strumenti di intelligenza artificiale. Con questa prospettiva l'IA porta una grande opportunità: certo, ci sarà un momento di transizione".

In questa fase il compito sarà politico. "La politica deve in qualche modo cercare di anticipare le trasformazioni digitali. Chiaramente il grosso problema che la politica ha, in parte giustificata, è che l'accelerazione in questo momento è veloce".

"L'Europa sta fondamentalmente prendendo un approccio conservativo cercando di regolamentare, troppo forse, l'evoluzione dell'intelligenza artificiale perché se si regolamenta a monte non si capisce davvero che cosa è necessario. Ecco che allora non si sfruttano neanche le opportunità, rischiando poi di dover adottare soluzioni che arrivano dall'estero", ribadisce il ricercatore. 

"L’approccio più corretto è quello di cominciare da scenari strategici per il Paese - conclude - per esempio il manifatturiero, la logistica. Servono degli studi pilot per determinare quali saranno gli standard di riferimento per far sì che l'intelligenza artificiale sia sicura, affidabile e ripetibile. E quindi anticipare e investire sui settori strategici".

Valentina Carosini

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