Ogni domenica 'La Voce di Genova', grazie alla rubrica ‘Gen Z - Il mondo dei giovani’, offre uno sguardo sul mondo dei ragazzi e delle ragazze di oggi. L'autrice è Martina Colladon, laureata in Scienze della Comunicazione, che cercherà, settimana dopo settimana, di raccontare le mode, le difficoltà, le speranze e i progetti di chi è nato a cavallo del nuovo millennio.
La notizia della morte di Papa Francesco è, come comprensibile, passata ovunque: in TV, alla radio, sui social. È uno di quegli eventi “storici” che fa rumore, che ferma tutto. Ma tra chi si commuove, chi si inginocchia e chi posta una colomba con la scritta “Rip”, c’è anche un’intera generazione che si chiede: e io cosa dovrei provare?
La generazione Z è cresciuta in un mondo in cui le figure d’autorità non sono più intoccabili, e la fede – per chi ce l’ha – è un percorso spesso personale, intimo, a volte lontano dalle grandi istituzioni. Questo non significa che la notizia della morte del Papa venga ignorata, ma forse viene vissuta in modo diverso: meno solenne, più umano, più disilluso.
Per qualcuno è una figura lontana, per altri è stato “il Papa delle polemiche”, quello che – tra un’intervista e l’altra – ha cercato di aprire un dialogo con il mondo moderno, anche se non sempre capito. La verità è che il Papa non è solo un leader spirituale, è anche un simbolo. E quando un simbolo muore, qualcosa si muove, anche dentro una generazione che non va più a messa la domenica.
Forse la Gen Z si chiede se quella figura in bianco abbia davvero rappresentato tutti. Forse si chiede se il prossimo sarà più inclusivo, più vicino, più empatico. O forse, più semplicemente, si limita a riflettere su quanto sia strano vedere il mondo cambiare così, di nuovo.
Perché anche chi si dice “non credente” sa che certi momenti vanno oltre il credo personale. Sono cambiamenti globali, che smuovono l’equilibrio, anche solo per un attimo. E allora, tra un meme e un post serio, tra chi fa ironia e chi condivide parole sentite, la morte del Papa si trasforma in una cosa collettiva, che attraversa anche chi non pensava gli sarebbe importato. E magari, proprio in quel momento, anche la Gen Z si ferma. Non per pregare, forse. Ma per pensare. In fondo, in un’epoca dove tutto scorre veloce, dove i trend si bruciano in un giorno e la notizia dura quanto un reel da 30 secondi, eventi come questo obbligano anche chi corre a rallentare. Obbligano a guardare indietro, a chiedersi quanto contano ancora le figure “storiche”, e se siamo pronti a vivere in un mondo che non ne produce quasi più.
La morte del Papa è anche un momento in cui si osservano gli adulti, i nonni, i genitori: come reagiscono, cosa provano. E forse da lì si costruisce un ponte. Un’occasione, magari, per parlare di valori, di fede, di identità. Anche solo per dire “io la vedo diversamente”. E va bene così. E se tra una storia Instagram e un video reaction qualcuno si ferma davvero a riflettere, allora qualcosa rimane. Magari non è più una fede incrollabile, magari non è nemmeno rispetto, ma è consapevolezza. E forse, per una generazione spesso accusata di essere distante da tutto, è già molto.