Continua con questo lunedì, e andrà avanti per tutti i lunedì successivi, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato alle Botteghe Storiche e ai Locali di Tradizione della nostra città. Siamo partiti con il punto di vista dell’assessora comunale al Commercio, Paola Bordilli, e del segretario generale della Camera di Commercio di Genova, Maurizio Caviglia. Vogliamo raccontare, di volta in volta, quelle che sono le perle del nostro tessuto commerciale, e che ci fanno davvero sentire orgogliosi di appartenere a questa città. Buon viaggio insieme a noi!
“Sulla mia barca c’è scritto: gente di mare diversa da un mare di gente". È con una delle sue frasi che Ugo Parisi riassume lo spirito della sua trattoria in via dei Giustiniani. Da oltre mezzo secolo punto di riferimento per genovesi, turisti e anche molti vip, il locale propone pochi piatti della tradizione, tutti collaudati e preparati con cura e amore dalla famiglia Parisi e dai suoi collaboratori.
Tutto comincia nel 1954, quando il padre di Ugo prende in gestione un bar per il figlio maggiore. “Qui nel vicolo c’erano quattro case di tolleranza, c’era movimento”, racconta Ugo, che all’epoca è poco più di un ragazzo. Ma nel 1958, con la chiusura dei bordelli, il giro d’affari crolla e il locale entra in crisi. Dopo il servizio militare, Ugo torna a casa e, spinto dagli amici, decide di rilevare l’attività dal padre: “Io e mio padre non ci parlavamo, ma gli dissi: ho quattro milioni, uno mi serve per sistemarlo, te ne do tre. E lui accettò”.
Con entusiasmo e creatività, Ugo trasforma il bar in un punto di ritrovo per il quartiere: due biliardi, un flipper, merende e momenti di condivisione. “Il pomeriggio era pieno di mamme con i bambini. C’erano i ragazzi che venivano a giocare, a guardare la partita. Era un passatempo, un rifugio”.
La svolta verso la trattoria arriva per amore – e per necessità. È la moglie di Ugo, “sarda, pignola e bravissima a cucinare”, a iniziare a preparare i primi piatti per i clienti. “Abbiamo chiuso per 70 giorni per ottenere la licenza. In cucina c’era lei, ai piatti una commare, e il macellaio della zona veniva a servire ai tavoli. In un mese e mezzo avevamo già la coda fuori”.
I piatti sono rimasti gli stessi nel tempo: “Semplici, genovesi, senza troppa fantasia, ma fatti bene”. Pesto, salsa di noci, baccalà, acciughe fritte. “Abbiamo sempre cercato di mantenere la tradizione. Quando mia moglie ha smesso, ha continuato a insegnare, a correggere. È rimasto tutto com’era”.
Oggi al timone del locale c’è Patrizia, la figlia di Ugo, che insieme al figlio Tiziano, terza generazione della famiglia, porta avanti l’attività con passione, lasciando spazio anche a idee nuove. “Prima del lockdown mio figlio voleva aprire una friggitoria con i nostri piatti, ma noi non eravamo convinti… Quando è arrivato il Covid ci siamo mangiati le mani. Alla fine gli abbiamo dato fiducia, ed è così che sono nati i due locali take away con il nostro marchio, uno in via Canneto il Curto e l’altro in via Balbi”. Qui si possono gustare i piatti storici di Ugo, tra cui l’immancabile pesto, ma in versione bowl.
E non solo: proprio di fronte alla trattoria di via dei Giustiniani c’è anche uno shop dedicato al pesto, vero cavallo di battaglia della famiglia. “Prima lo facevo io – racconta Patrizia – a occhio, col mortaio. Poi mio figlio è tornato da Lisbona e mi ha detto: ‘Stai facendo la guerra con la fionda’. Così mi ha convinta a farmi aiutare, visto che le quantità erano sempre più grandi”. Oggi la ricetta è stata codificata, le dosi misurate, ma il sapore è rimasto quello di sempre. Il segreto? “È fresco, senza conservanti. Lo facciamo come si deve, ma alla fine decide sempre il cliente: se funziona, è merito loro. E poi qui si trovano due elementi fondamentali: pulizia e cortesia, e chi torna da noi lo sa”.
Alla Trattoria Ugo si sono seduti portuali, tranvieri, bancari, ma anche Pertini, Crozza, Anna Oxa, i Matia Bazar, Rossella Brescia, calciatori, arbitri, attori. “Il passaparola è tutto. Basta che venga un netturbino, e ti porta mezzo Comune”.
E poi c’è il Genoa, tatuato nel cuore e appeso alle pareti. “Ai miei tempi la Sampdoria non esisteva: per forza sono tifoso del Grifone”, scherza Ugo, che a 87 anni suonati è ancora lì, a farsi fotografare con i clienti, con una battuta pronta e quella frase d’oro sulla barca: 'gente di mare diversa da un mare di gente'.

















