Attualità - 02 giugno 2025, 08:00

Genova tra il mare e le nuvole: l’aeroporto ‘Colombo’ e la sua lunga corsa verso un vero decollo

Uno scalo in bilico tra futuro e limiti antichi, con nuove rotte ma ancora senza un futuro che lo porti a essere competitivo nel panorama internazionale dei trasporti

Genova tra il mare e le nuvole: l’aeroporto ‘Colombo’ e la sua lunga corsa verso un vero decollo

Il progetto della nuova diga foranea ci ha detto che Genova guarda e guarderà sempre verso il mare, le ambizioni e i proclami per il futuro dell’aeroporto ‘Cristoforo Colombo’ ci dicono che la città, non senza fatica, prova anche ad alzare lo sguardo verso il cielo. Per non perdere terreno e per essere al passo con il resto d’Europa e non solo, come vedremo dopo.
Un lenbo d’astato strappato al mare, un’infrastruttura fragile e ambiziosa, figlia delle ingegnerie estreme che servono quando la geografia è ostinata. Uno scalo che non ha mai conosciuto la stabilità: troppo piccolo per diventare grande, troppo strategico per restare secondario.
Oggi, però, qualcosa si muove. E il futuro sembra chiamare a raccolta Genova e il suo aeroporto con insistenza.

Le origini. Una pista in mare, una sfida alla geografia

Quella dell’aeroporto di Genova è una storia tutta genovese: complicata, ambiziosa, irriducibile. La prima aviazione ligure nacque nei primi del ’900, tra piccoli campi volo e idrovolanti sulla costa. Ma è solo negli anni ’50 che si comincia a pensare a uno scalo vero e proprio. La città, però, non ha spazio. Così si decide: la pista sarà costruita in mare, su una piattaforma artificiale.
Nel 1986 viene inaugurato l’aeroporto ‘Cristoforo Colombo’. È un progetto ingegneristico ardito: una pista lunga tre chilometri sospesa sull’acqua, stretta tra i cantieri navali di Sestri e le montagne. Da subito è chiaro che lo scalo ha un potenziale, ma anche un destino limitato: l’espansione è quasi impossibile, i margini ridotti.
Nel corso degli anni ha vissuto alti e bassi, sospinto da compagnie che andavano e venivano, da sogni di voli intercontinentali mai decollati, da tentativi di privatizzazione abortiti. È stato spesso in bilico, tenuto in vita da voli charter, low cost e dalla tenacia di chi, tra amministratori e lavoratori, ha continuato a crederci.
Oggi prova a riscrivere la sua traiettoria.

Una nuova regia

Ad agosto 2024, l’assemblea dei soci ha affidato la guida dell’aeroporto a Enrico Musso, economista dei trasporti e professore all’Università di Genova. La sua nomina è, nelle intenzioni, il segnale di un cambio di passo: non un amministratore politico, ma un tecnico con ambizioni di visione e competenza. A sostenerlo, l’Autorità Portuale del Mar Ligure Occidentale (60%) e la Camera di Commercio (40%), i due soci pubblici rimasti a reggere l’intero assetto.
Musso ha subito tracciato una rotta chiara: privatizzare, aprire il capitale a un partner industriale, cercare investitori capaci di traghettare l’aeroporto verso il 2030 e oltre. Il primo passo sarà scegliere un advisor e preparare il bando. Ma sul tavolo c’è un nodo pesante: la concessione ENAC scade nel 2029. E senza una prospettiva chiara sul suo rinnovo, è difficile convincere qualcuno a scommettere davvero.

Traffico in crescita, ma resta la fragilità

Il 2024 ha chiuso con 1,33 milioni di passeggeri, in crescita rispetto al 2023. Il primo quadrimestre del 2025 ha già fatto registrare un +13,9%, con picchi di +32% nel traffico internazionale. È merito delle nuove rotte: Varsavia, Cracovia, Budapest, Copenaghen. Ma anche di un’offerta più strutturata sulle destinazioni classiche: Barcellona, Parigi, Londra, Napoli, Palermo.
Eppure, Genova resta fuori dai grandi flussi. È lontana dai numeri di Torino, Pisa, Bologna. A salvarla, in parte, è il suo legame con il porto: il ritorno dei voli charter per crocieristi (oltre 30 mila passeggeri previsti nel 2025) è una boccata d’ossigeno. Ma serve altro. Serve una continuità di investimenti e una capacità di posizionamento, altrimenti il rischio è restare appesi alle stagioni.

Una nuova pelle: l’ampliamento del terminal

La svolta infrastrutturale è arrivata a marzo 2025, con l’inaugurazione della nuova ala est. Cinquemila metri quadrati in più, tre gate aggiuntivi, nuove aree commerciali, un sistema di sicurezza più avanzato. L’obiettivo è portare la capacità potenziale dello scalo a tre milioni di passeggeri l’anno. Un sogno, per ora. Ma la struttura ora lo permette.
L’investimento, di circa 15 milioni, è parte di un piano più ampio: oltre 100 milioni di euro messi sul piatto per rifare l’aerostazione e migliorare l’accessibilità. In ballo c’è anche la nuova stazione ferroviaria Genova Aeroporto-Erzelli, con passerella pedonale e tapis roulant: in 6 minuti si potrà passare dal treno al terminal. È la tanto sbandierata intermodalità.

Il nodo politico (e sindacale)

Dietro il vetro delle inaugurazioni, si agitano tensioni. Sindacati come l’USB dei Vigili del Fuoco hanno denunciato carenze di personale e rischi per la sicurezza. Sul fronte politico, invece, l’aeroporto è diventato teatro di scontro durante la campagna per le comunali 2025. Il giorno dell’inaugurazione della nuova ala, Marco Bucci e Silvia Salis si sono scontrati davanti ai microfoni: un battibecco sul lavoro, sui numeri, sulla narrazione del merito. Era la Genova della campagna elettorale: istituzionale in superficie, feroce nei sottotesti. Ora che la sindaca è stata eletta, ci si aspetta che resti solo il lato istituzionale dei rapporti tra Comune e Regione, senza tutto il resto.
Intanto, sulla governance futura resta l’ombra dell’ambiguità: chi comanda? Chi decide la strategia? Chi ha l’interesse (o il potere) di spingere davvero lo scalo verso un rilancio duraturo?

Tasse d’imbarco: il nodo che pesa sul decollo

Tra le voci che incidono sul costo di un biglietto aereo, l'addizionale sui diritti d'imbarco rappresenta un onere significativo. Attualmente, questa tassa ammonta a circa 6,50 euro per passeggero e viene applicata su ogni volo in partenza dagli aeroporti italiani, incluso il ‘Cristoforo Colombo’ di Genova. La somma raccolta viene destinata a vari scopi, tra cui il finanziamento dell’INPS e dei servizi di sicurezza aeroportuale.
Nel novembre 2024, in occasione del 25° anniversario delle operazioni di Ryanair a Genova, la compagnia ha sollecitato il Governo e la Regione Liguria a eliminare questa addizionale, seguendo l’esempio di Regioni come il Friuli Venezia Giulia e la Calabria, che hanno già adottato misure per ridurre o azzerare la tassa al fine di incentivare il traffico aereo e il turismo.
Attualmente, Regione Liguria non ha ancora adottato provvedimenti in tal senso. Tuttavia, è emersa la proposta di utilizzare parte del gettito derivante dalla tassa di soggiorno per incentivare le compagnie aeree ad aumentare le rotte sull’aeroporto di Genova.
La questione dell’addizionale sui diritti d'imbarco rimane quindi un tema centrale nel dibattito sul futuro dell'aeroporto di Genova. La sua eventuale eliminazione o riduzione potrebbe rappresentare un passo significativo per rendere lo scalo più competitivo e attrattivo per le compagnie aeree, contribuendo così al rilancio del traffico passeggeri e allo sviluppo economico della regione.

Il sogno New York (e il rischio illusione)

Il presidente Marco Bucci lo ha detto apertamente: Vorrei un volo Genova–New York. Parole che fanno sognare, certo. Ma che sembrano troppo leggere rispetto alla struttura attuale dell’aeroporto. L’Atlantico è lontano, non solo in chilometri. Mancano i numeri, la massa critica, i collegamenti di terra. Ma Bucci, noto amante del mondo a stelle e strisce e dell’ambizione tipica degli amministratori statunitensi, dice di crederci.
L’idea rimane. Forse perché in quella rotta immaginaria si condensa un’intera ambizione: che Genova non sia solo una città da cui si parte, ma anche un luogo in cui si atterra. Per turismo, per lavoro, per scelta. E poi c’è quel nome, ‘Cristoforo Colombo’ a cui tener fede.

Rotte nuove, orizzonti diversi

In silenzio, quasi senza clamore, l’aeroporto di Genova ha cambiato pelle anche nei cieli che serve. La stagione estiva 2025 ha portato con sé una mappa aggiornata dei collegamenti: non più solo il solito elenco di tratte per “genovesi in fuga”, ma anche destinazioni che raccontano una città che vuole farsi trovare.
Varsavia e Cracovia, con i tre voli settimanali di Wizz Air, non sono solo destinazioni da city break, ma l’apertura verso un’Est Europa sempre più integrata nei flussi turistici e lavorativi. C’è poi Budapest, tornata tra gli orizzonti di Genova con una frequenza che testimonia una domanda concreta.
Il 28 giugno decolla anche il volo per Copenaghen, firmato SAS. Una rotta che sa di Nord, di innovazione, di quella qualità urbana che spesso Genova guarda da lontano. È il segno che qualcuno, tra le compagnie, continua a scommettere sulla Liguria.
Nel Mediterraneo, Volotea e Vueling rafforzano l’offerta su Parigi Orly, Barcellona e Olbia. E ITA Airways, con il suo nuovo volo per la Sardegna, mostra che anche la compagnia di bandiera comincia a guardare con più attenzione al ‘Colombo’.
Ma il vero colpo d’occhio lo dà Ryanair, che con 11 rotte e oltre 80 voli settimanali tiene in piedi la spina dorsale del traffico. Londra, Manchester, Bucarest, Charleroi, Bari, Catania, Lamezia, Palermo: una geografia popolare, pratica, utile. Non la Genova che sogna, forse. Ma quella che lavora, quella che rientra, quella che ha bisogno di partire in fretta.
E così, un volo alla volta, lo scalo prova a tessere la sua rete. Non è ancora una ragnatela europea, ma somiglia a un invito: “Siamo qui.

Pietro Zampedroni

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