Un altro cassone è stato calato in mare: il decimo. Ora ne mancano 83. La nuova diga foranea di Genova prende lentamente forma, un pezzo alla volta. Un lavoro lungo, inevitabilmente in ritardo, scandito da una parte dai tempi del cantiere e, dall’altro, dal continuo vociare della politica locale e nazionale.
L’ultimo aggiornamento riguarda sia l’avanzamento materiale dell’opera, sia la sua copertura economica. La mattina di sabato 28 giugno è stato posato il decimo cassone prefabbricato: 33 metri d’altezza, oltre 60 di lunghezza, 35 di larghezza, migliaia di tonnellate a filo d’acqua sopra uno dei basamenti già completati. Come detto, ne restano 83 da collocare, in un cronoprogramma che si aggiorna man mano che le condizioni (tecniche, finanziarie, istituzionali) lo impongono.
Intanto, dal Consiglio dei Ministri è arrivato lo stanziamento atteso per la cosiddetta Fase B: 143 milioni di euro, suddivisi in due tranche, 50 milioni nel 2026, 92,8 milioni nel 2027. Fondi che dovrebbero garantire l’avvio della nuova gara e permettere di proseguire verso la seconda parte dell’opera. La diga, com’è noto, è uno dei progetti chiave per il porto commerciale di Genova: arretrata di circa 500 metri rispetto a quella esistente, permetterà l’accesso delle portacontainer di nuova generazione e delle grandi navi da crociera.
Il progetto, però, ha perso quell’aura di rapidità che l’aveva accompagnato nelle prime fasi. I toni ottimistici con cui Marco Bucci, presidente della Regione e commissario straordinario per la realizzazione dell’opera, aveva promesso una conclusione entro il 2027 sembrano oggi fuori tempo massimo. A sottolinearlo è anche Massimo Seno, commissario dell’Autorità di Sistema Portuale, secondo cui serviranno almeno 39 mesi per completare la sola Fase B. Le nuove previsioni spostano quindi la fine dei lavori più avanti, tra il 2028 e il 2029, a patto che le prossime tappe non incontrino nuovi ostacoli.
Del resto, nei mesi scorsi non sono mancate le incertezze. La parziale riduzione dei fondi nel 2024 (con il taglio di 50 milioni) aveva sollevato più di un dubbio sulla tenuta economica dell’intervento, il più imponente tra quelli finanziati con il PNRR in Italia. Anche il confronto politico sul ruolo delle istituzioni, sul coordinamento tra commissari e sulle ricadute ambientali e logistiche ha mostrato una certa fragilità di sistema. Le risorse, almeno per ora, sono tornate. La governance, invece, resta un tema aperto.
Il cantiere di Vado Ligure continuerà a produrre cassoni, che saranno trasportati via mare e calati sul fondale uno alla volta. La diga sarà lunga oltre quattro chilometri.
Un progetto che vale più di un miliardo e trecento milioni di euro e che, sulla carta, dovrebbe cambiare il volto del porto. Forse anche quello della città. Almeno nelle intenzioni.
Ma questa trasformazione non è ancora visibile, è ferma a 10 cassoni su 93.






