Il maxi-processo sull’inchiesta autostrade, uno dei filoni giudiziari più delicati e attesi nati in seguito al crollo del ponte Morandi, potrebbe lasciare Genova per arrivare a Roma.
Il collegio del tribunale genovese ha infatti accolto l’eccezione di incompetenza territoriale presentata dai legali dell’ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci, e ha deciso di trasmettere gli atti alla Corte di Cassazione. Il processo è ora sospeso fino al 27 novembre, in attesa della pronuncia degli Ermellini.
A sollevare la questione sono stati gli avvocati Lorenzo Contrada e Carlo Longari, secondo cui il reato più grave contestato, quello di falso, sarebbe stato consumato a Roma, e non a Genova. Per la difesa, infatti, il reato di falso si perfeziona nel momento in cui i dati falsificati venivano inseriti nel sistema informatico romano e resi visibili ai committenti, diventando immodificabili. Di parere opposto l’accusa, che individua invece la sede genovese come luogo della condotta illecita.
Il processo coinvolge quarantasei imputati, accusati a vario titolo di falso, frode, crollo colposo e attentato alla sicurezza dei trasporti. L’inchiesta ha acceso i riflettori su un presunto sistema volto a minimizzare i rischi legati alla manutenzione della rete autostradale ligure. Secondo l’accusa, sarebbero stati prodotti report “ammorbiditi” sullo stato di viadotti, barriere antirumore e gallerie, per evitare interventi onerosi.
Tra le prove raccolte dagli investigatori della Guardia di Finanza, coordinati dai pubblici ministeri Puppo e Cotugno, emergono intercettazioni e documenti che raccontano di controlli falsati e strutture pericolanti. Emblematico l’episodio in cui un indagato, parlando delle barriere fonoassorbenti, affermava al telefono: “Sono attaccate con il Vinavil”.
L’inchiesta si era allargata anche ad altri episodi critici, come il crollo di calcinacci nella galleria Bertè sull’A26, avvenuto il 30 dicembre 2019. In quel caso, come nel resto dell’indagine, l’attenzione si è concentrata sul ruolo dei tecnici di Spea, la società di monitoraggio controllata da Aspi, accusati di aver falsificato i dati tecnici per evitare costose operazioni di manutenzione.
Nel corso delle udienze preliminari, il tribunale ha ammesso come parti offese il Comitato Ricordo Vittime del Ponte Morandi e diversi Comuni liguri (Genova, Masone, Rossiglione, Campo Ligure e Cogoleto), mentre sono state escluse le associazioni dei consumatori e i sindacati.






