Un appello urgente alle istituzioni locali, nazionali ed europee è stato lanciato dal Comitato No Forno Elettrico Genova in vista dell’importante scadenza del 12 agosto, quando il Ministro Urso incontrerà gli enti locali di Taranto e Statte e le altre parti coinvolte nel piano di decarbonizzazione dell’ex Ilva.
Il documento, corredato da un approfondito lavoro di ricerca scientifica “accreditato dai più prestigiosi centri di ricerca nazionali e internazionali”, è stato trasmesso anche alla Commissione Europea, accompagnato da una petizione al Parlamento europeo. Il documento vuole contribuire alla riflessione pubblica in occasione della presentazione e votazione finale del decreto-legge relativo al piano di decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico di Taranto, ma si estende anche alla situazione genovese di Cornigliano.
In particolare, il Comitato solleva forti preoccupazioni riguardo alla “prospettata riapertura di un forno elettrico in un contesto urbano già segnato da criticità ambientali e sanitarie”, sottolineando che il rischio “in merito alla sostenibilità industriale e al diritto alla salute” è altrettanto grave a Genova.
Senza un dibattito pubblico formalmente avviato e senza che alcuna documentazione ufficiale sia stata condivisa con la cittadinanza, “le recenti dichiarazioni di autorevoli esponenti istituzionali, rilanciate da organi di stampa, confermano un orientamento già avanzato nella definizione progettuale” del forno elettrico ad arco (EAF) nell’area ex Ilva di Cornigliano.
A oggi, sottolinea il Comitato, “nessuna valutazione indipendente è stata presentata in merito all’impatto ambientale, sanitario e sociale di tale impianto in un’area urbana densamente popolata, già fortemente compromessa dal punto di vista ambientale”. Ancor più grave è “l’assenza da molti anni di un monitoraggio epidemiologico aggiornato sullo stato di salute dei residenti di Genova e, in particolare, del quartiere di Cornigliano”.
Il Comitato No Forno Elettrico Genova chiede dunque alle istituzioni di intervenire “secondo le rispettive competenze, per garantire la tutela della salute, dell’ambiente e della sicurezza della popolazione”. Viene ribadito che “qualsiasi progetto industriale di tale portata venga sottoposto a una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) completa e trasparente”, comprensiva di:
- uno studio epidemiologico preventivo aggiornato e specifico per l’area interessata;
- una valutazione del rischio per le popolazioni vulnerabili (minori, anziani, persone con patologie);
- un piano di mitigazione, monitoraggio continuo e informazione trasparente alla cittadinanza.
Secondo il Comitato, solo un percorso di questo tipo “può rispondere ai criteri stabiliti dalle normative nazionali ed europee in materia di ambiente, salute pubblica e partecipazione democratica”.
Nel documento sono elencati in modo dettagliato i rischi legati alla presenza di un forno elettrico in prossimità di zone sensibili:
- emissioni di polveri sottili (PM10, PM2.5) durante le fasi di apertura, movimentazione del rottame e scarico;
- presenza di metalli pesanti come cadmio, piombo, cromo esavalente nei fumi e residui;
- rumore e vibrazioni intense, incompatibili con la vicinanza a ospedali o scuole;
- rischio di incidenti industriali, come scoppio o incendi, con conseguenze potenzialmente gravissime in aree urbane;
- emissioni odorigene e visive, con fumi e odori acri metallici frequentemente percepiti vicino agli impianti siderurgici.
Gli effetti sanitari associati sono ampiamente documentati da studi epidemiologici internazionali e comprendono:
- aumento di asma, bronchiti croniche e altre patologie respiratorie nei bambini;
- maggiore incidenza di tumori (vie respiratorie, fegato, vescica, linfomi non-Hodgkin) in adulti esposti a lungo termine;
- ritardi cognitivi e difficoltà scolastiche nei bambini;
- aggravamento di malattie cardiovascolari e polmonari soprattutto in anziani e pazienti ospedalizzati.
Il Comitato cita le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e la normativa italiana che impone fasce di rispetto ambientale tra impianti industriali e luoghi sensibili, vietando insediamenti in aree residenziali o vulnerabili.
Nonostante il forno elettrico sia “tecnologicamente più efficiente”, viene ricordato che non è “innocuo solo perché ‘non a carbone’”, poiché richiede un continuo transito di camion pesanti, produce polveri sottili e microinquinanti e genera disturbi ambientali significativi.
Esempi concreti di criticità simili sono indicati nelle città di Taranto, Brescia, Piombino, Terni e Vicenza, dove la pressione sociale ha spesso bloccato o condizionato la realizzazione di forni elettrici troppo vicini a zone urbane o scuole.
Infine, il Comitato sottolinea che “l’installazione in aree densamente urbanizzate, come Cornigliano, rappresenta una scelta ad alto rischio sanitario e sociale” e che “secondo le normative, si tratta di un progetto che non va neppure ipotizzato in area urbana popolata e che andrebbe abbandonato subito”.






