Attualità - 13 agosto 2025, 10:30

Forno elettrico a Cornigliano, anche il Civ boccia l'ipotesi: "Noi del Ponente stufi di essere lo sciacquone di Genova"

"Un eventuale sviluppo industriale inquinante farebbe percepire Cornigliano come un quartiere da cui scappare: ciò significherebbe far morire la delegazione" avverte il presidente Oliveri. Poi, la riflessione: "Da anni ci chiediamo perché le aree ex Ilva non siano state liberate per poter eventualmente ospitare nuove attività produttive"

Foto Facebook Cornigliano la rinascita

Foto Facebook Cornigliano la rinascita

L’ipotesi di installare un forno elettrico nelle aree ex Ilva di Cornigliano, al centro di un acceso dibattito tra istituzioni, sindacati e comunità locali, trova un nuovo fronte di opposizione. Dopo le perplessità espresse da residenti e associazioni, arriva la bocciatura netta anche dal Civ di Cornigliano, che rappresenta i commercianti della delegazione.

Secondo il progetto, il forno elettrico sostituirebbe parte della produzione a ciclo integrale con un sistema teoricamente meno impattante degli altoforni tradizionali. Ma le incognite sull’effettivo livello di emissioni, sui tempi di realizzazione e sulle ricadute occupazionali preoccupano chi, come il presidente del Civ Massimo Oliveri, e come tanti altri, in quel quartiere vive e lavora ogni giorno.

"Cornigliano è già decarbonizzata, quindi un ritorno del ciclo a caldo preoccupa fortemente — afferma Oliveri —. Non c’è ancora chiarezza sul reale impatto ambientale di un forno elettrico e, come Civ, siamo contrari a qualsiasi installazione che possa aumentare l’inquinamento. Siamo commercianti, ma la maggior parte di noi abita qui: ci viviamo e ci lavoriamo, quindi ce la respiriamo per 24 ore al giorno". 

Oliveri punta il dito anche contro le occasioni perse: "Da anni ci chiediamo perché le aree ex Ilva non siano state liberate per poter eventualmente ospitare nuove attività produttive. È evidente che una parte di quelle zone non sarebbe più servita all’acciaieria e avrebbe potuto accogliere attività a impatto ambientale zero, come industria 5.0 o logistica avanzata. Avremmo già potuto insediare realtà capaci di creare lavoro senza compromettere la salute". 

Per il presidente del Civ, il rischio è chiaro: "Un eventuale sviluppo industriale inquinante farebbe percepire Cornigliano come un quartiere da cui scappare non appena possibile; ciò significherebbe far morire la delegazione. Il negozio è un presidio, crea socialità e sicurezza: se la gente va via, il commercio muore". 

Sul fronte industriale, Oliveri apre a ipotesi alternative: "Noi non abbiamo un problema con tutto ciò che è ex Ilva: se si parlasse di potenziare le lavorazioni a freddo e di riassorbire i lavoratori in cassa integrazione da anni, nessuno credo sarebbe contrario. Ma il forno elettrico, essendo molto energivoro, richiederebbe una centrale elettrica ulteriore, quindi ancora inquinante. Non ci convince neppure il rapporto tra costi e benefici: si parla di 600 posti di lavoro, pochi rispetto alle esigenze". 

C’è poi la questione dei tempi: "Anche se tutto andasse bene, servirebbero almeno sei anni per l’avvio. E in questi anni, come campiamo? La gente si organizzerà per andarsene, i lavoratori non verrebbero e il quartiere perderebbe vitalità". 

La proposta del Civ è chiara: "I sindacati dovrebbero pretendere che tutte le aree siano cedute a un investitore non inquinante e che tutti i lavoratori esclusi dai piani di Acciaierie d’Italia siano riassorbiti. Un progetto serio potrebbe creare migliaia di posti di lavoro, non solo salvare quelli attuali". 

E la chiusura è amara: "Noi del Ponente siamo stufi di essere percepiti come lo sciacquone di Genova", dice Oliveri, sintetizzando il sentimento di una comunità che chiede rispetto e un futuro sostenibile.

Federico Antonopulo

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A NOVEMBRE?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare 2024" su Spreaker.
SU