Rieccolo: Massimo Ferrero è tornato nel calcio. Lontano da Genova, ovviamente. Come certi personaggi che sembrano destinati a riemergere sempre, a prescindere da come li avevamo lasciati, il ‘Viperetta’ ha trovato una nuova porta d’ingresso nel mondo del pallone. Questa volta in Umbria, a Terni, dove ha fatto capolino nel nuovo corso della Ternana, appena passata alla famiglia Rizzo. Ufficialmente è lì per dare una mano, per fare il consulente, l’“operaio del pallone”, come si è definito con una delle sue consuete uscite a effetto. Ma nella pratica, il copione sembra lo stesso: interviste, telecamere, riflettori, una certa predisposizione a stare al centro della scena. Uno show culminato nelle ultime ore con la nomina a presidente della 23enne Claudia Rizzo.
Chi a Genova ha vissuto gli anni della sua presidenza alla Sampdoria fatica a credere che sia solo una comparsa. Perché Ferrero, nel bene e soprattutto nel male, è stato tutto fuorché secondario. La sua figura ha accompagnato una delle stagioni più controverse della storia recente blucerchiata, tra slogan da bar, dichiarazioni sopra le righe e una gestione societaria che ha finito per trascinare il club sull’orlo del disastro. L’addio non è mai stato davvero un addio. Troppi strascichi, troppi sospetti, troppi conti lasciati in sospeso e non solo in senso figurato. E, per qualcuno, se ora la Sampdoria giace sul fondo della classifica di Serie B e vive la pagina più complicata della sua storia, un po’ è anche per tutto quello che Ferrero ha rappresentato e per il vuoto che il suo addio ha lasciato dietro di sé.
Il suo arresto nel dicembre 2021 per vicende legate ad alcune società della sua ‘galassia’ (estranee alla Samp, ma tutt’altro che irrilevanti) ha segnato il punto di rottura definitivo con Genova. Da lì in poi, le vicende giudiziarie si sono intrecciate con il lento e faticoso processo di cessione della società, avvenuto nel maggio 2023. Anche in quell’occasione, Ferrero non fu mai completamente fuori dal quadro: trattative, dichiarazioni, incontri, ricorsi. Sempre un passo dentro, sempre un passo fuori.
Ora eccolo a Terni, dove tutto è ricominciato. È bastato poco: una conferenza stampa, un paio di microfoni e la scena è tornata ad appartenergli. L'importante è esserci, in campo e davanti alle telecamere.
A Genova, intanto, si assiste a questo ennesimo rientro con un misto di stupore, ironia e amara consapevolezza. Perché se è vero che il calcio italiano ha una memoria corta, quello a tinte blucerchiate ricorda bene. Ricorda le promesse mancate, le stagioni complicate, gli slogan usurati, il destino al quale la squadra è stata condannata. E, anche per questo, il ritorno di Ferrero nel calcio non passa inosservato sotto la Lanterna. Non per nostalgia, ma per quella strana forma di allerta che ti prende quando rivedi un volto noto che credevi di non incrociare più.
Eppure, rieccolo. Con lo stesso stile, con lo stesso lessico, con la stessa capacità di occupare la scena. Questa volta a più di quattrocento chilometri di distanza.






