Perché la pasta al dente è così apprezzata? Quali fattori ne determinano la consistenza? E come si può controllare la cottura per ottenere la struttura perfetta? A queste domande ha risposto oggi, nell’ambito del Festival della Scienza, il fisico Davide Cassi, protagonista dell’incontro “Pasta cruda, pasta cotta” ospitato a Villa Pallavicino delle Peschiere, in via San Bartolomeo degli Armeni.
Cassi, professore di Fisica della Materia all’Università di Parma, è un pioniere della fisica gastronomica: dirige il Laboratorio di Fisica Gastronomica e il Future Cooking Lab, e ha fondato il primo corso di laurea in Scienze Gastronomiche dell’università italiana. Da oltre venticinque anni collabora con chef e pasticceri di fama internazionale per mettere la scienza al servizio del gusto. Il suo ultimo libro, “Pasta cruda, pasta cotta” (Maretti Editore, 2025), raccoglie esperimenti, scoperte e riflessioni su uno degli alimenti più rappresentativi della nostra cucina.
“Il mio libro -racconta Cassi- affronta la pasta da un punto di vista nuovo: non quello chimico o nutrizionale, ma quello dei sistemi complessi. La masticazione, la consistenza e la cottura non dipendono tanto dagli ingredienti quanto dalla struttura molecolare che si riesce a dare alla pasta. Comprendendo questa struttura, possiamo non solo capire come cuocerla alla perfezione, ma anche inventare nuovi piatti e nuove consistenze”.
Cassi ha raccontato alcune delle sue scoperte più importanti: “Nel 2007 abbiamo trovato il modo di rendere impastabili le farine senza glutine, come quelle di legumi, grazie a una tecnica di pre-cottura a bassa temperatura. Da lì sono nate le prime vere paste di legumi, oggi presenti anche nei supermercati. È una tecnica che si può riprodurre anche in casa: basta trattare le farine in modo controllato per ottenere un impasto elastico e lavorabile”.
Una seconda scoperta, più recente, nasce dalla collaborazione con il giovane chef Alberto Gipponi. “Abbiamo applicato la stessa idea alle farine di grano tenero, in particolare a una farina 00, normalmente usata per i dolci. Precuocendola a bassa temperatura, siamo riusciti a ottenere una pasta dalla consistenza eccezionalmente dura, più che al dente”.
Cassi ha spiegato anche perché proprio la pasta è diventata il fulcro di questo libro: “La pasta non è l’unico alimento che studio, negli ultimi trent’anni mi sono occupato di tante cose. Però la pasta è il tipico piatto italiano e, soprattutto quando si va all’estero o si lavora con colleghi stranieri, ci si aspetta da noi una grande competenza in questo campo. La pasta è affascinante perché è fatta solo da due ingredienti: acqua e farina. Ma questo significa che tutto il resto si ottiene attraverso il processo di lavorazione. È proprio qui che entra in gioco la mia disciplina, la fisica della materia: il processo diventa molto più importante dell’ingrediente stesso. Attraverso le procedure corrette si possono ottenere nuove strutture o, dall’altro punto di vista, strutture perfette”.
La ricerca di Cassi non si ferma alla teoria: anche la cottura perfetta è frutto di un esperimento. “Nel libro spiego un metodo infallibile per ottenere la pasta al dente: basta preriscaldare la pasta secca in forno a 120 gradi per pochi minuti, e poi buttarla nell’acqua bollente. Così non scuocerà mai. È un piccolo trucco che funziona sempre”.
A chi gli chiede se la nonna italiana approverebbe queste innovazioni, Cassi risponde sorridendo: “Non c’è nulla di male. È come se la nonna buttasse la pasta già calda invece che a temperatura ambiente. Non si snatura nulla, si migliora soltanto il processo”.
Ma qual è, secondo lui, la pasta perfetta? “Non esiste una definizione scientifica di “buono”, perché il gusto è personale. Io sposo il gusto italiano: la pasta deve essere al dente, omogenea e masticabile. La gastronomia scientifica è una disciplina ibrida: ha una base sperimentale, ma studia anche il piacere e la percezione. È un punto d’incontro tra scienza e umanesimo”.
Ma qual è l’errore più comune da evitare in cucina? Cassi risponde senza esitazioni: “Cuocere la pasta con il cronometro in mano senza assaggiarla. Non ha senso rispettare rigidamente i tempi indicati: ci sono troppe variabili in gioco. L’unico metodo affidabile è assaggiare”.






