Botteghe storiche e locali di tradizione - 10 novembre 2025, 08:00

Botteghe storiche e locali di tradizione - Confetteria Romanengo, due secoli di dolcezza e artigianato. La magia di una bottega che parla ancora al mondo

Violante Avogadro di Vigliano, amministratore delegato della storica confetteria genovese, racconta come si custodisce e si rinnova un’eredità lunga quasi duecentocinquant'anni

Continua con questo lunedì, e andrà avanti per tutti i lunedì successivi, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato alle Botteghe Storiche e ai Locali di Tradizione della nostra città. Vogliamo raccontare, di volta in volta, quelle che sono le perle del nostro tessuto commerciale, e che ci fanno davvero sentire orgogliosi di appartenere a questa città. Buon viaggio insieme a noi!

Dietro le vetrine monumentali della Confetteria Romanengo fu Stefano, in piazza Soziglia, con i putti e le cornucopie di frutta, tra pavimenti in marmo policromo, soffitti affrescati e banconi di palissandro, il tempo sembra essersi fermato. 

La storia della Bottega storica inizia nel 1780, quando Antonio Maria Romanengo aprì un negozio di spezie e coloniali in via della Maddalena. Da allora, sette generazioni si sono tramandate un sapere antico, fatto di gesti precisi, profumi e lentezza. E oggi, come allora, tutto nasce da una filosofia che ha il sapore della pazienza e dell’eccellenza.

Ho sempre lavorato con realtà che univano storia e artigianato - racconta Violante Avogadro di Vigliano, oggi amministratore delegato dell’azienda -. Essere alla guida di una bottega che ha quasi 250 anni e dove i prodotti vengono ancora fatti come una volta è per me un privilegio, non un limite. La sfida è continuare questa tradizione meravigliosa e, allo stesso tempo, farla crescere, aprirla al mondo senza snaturarla”.

Romanengo, la più antica confiserie italiana, ha saputo evolversi senza mai cedere all’omologazione. Accanto allo storico negozio genovese, oggi ci sono due punti vendita e un Salon de thé a Milano, nel cuore delle Cinque Vie, e da maggio anche un raffinato salone a Genova, accanto alla sede di Soziglia. 

Abbiamo voluto ricreare uno spazio dove fermarsi, prendersi del tempo. È un luogo in cui si può gustare un thè, una cioccolata, un gelato o un piatto salato, ma soprattutto rallentare. E oggi, il tempo, è la cosa più preziosa che abbiamo”.

A Milano, Romanengo dispone attualmente di tre locali: due negozi: uno dedicato alla confetteria e uno alle spezie e al tè, in omaggio al DNA storico della Repubblica Marinara, e un Salon de Thé, dove si possono assaggiare i prodotti della casa e piatti salati preparati con le stesse materie prime d’eccellenza. A Genova, oltre al negozio storico di Soziglia, il nuovo Salon de Thé, inaugurato il 28 maggio, si affaccia sulla corte della città vecchia, offrendo lo stesso servizio del gemello milanese. E in ottica di sviluppo, è già in costruzione un nuovo punto vendita nel capoluogo lombardo, che unirà confetteria e salone da tè, con apertura prevista entro la fine dell’anno.

Alla base del successo di Romanengo, secondo lei, ci sono due fattori: qualità e capacità di innovare nel rispetto della tradizione. “La nostra forza è la qualità assoluta dei prodotti, unita alla continua ricerca. La frutta candita, che è il cuore storico della nostra azienda, la reinventiamo in chiave contemporanea: da qualche anno proponiamo il clementino candito immerso nel cioccolato, e per Natale arriveranno nuove combinazioni. Cerchiamo di creare abbinamenti che mantengano intatto il sapere artigianale ma parlino al gusto di oggi”.

Abbiamo ancora alcuni macchinari storici, del primo Novecento, che vengono utilizzati ogni giorno - racconta -. Per noi la tecnologia serve solo se aiuta a preservare la qualità, non a sostituire il lavoro delle mani. Ci sono mestieri che non si improvvisano: chi fa la scorzetta di cedro candita o i confetti di caffè deve essere formato per anni. Le persone non sono intercambiabili, e questa è la nostra ricchezza”.

Oggi, Romanengo impiega quasi cinquanta persone tra Genova e Milano, e molti dei giovani apprendisti restano in azienda per tutta la vita. “È bello vedere ragazzi di trent’anni che scelgono di imparare un mestiere antico e di restare con noi per decenni. È un legame che si costruisce nel tempo”.

Ogni dettaglio, dal prodotto al confezionamento, racconta la cura di un tempo. “L’accoglienza del cliente per noi è fondamentale. Ogni scatola è confezionata a mano e all’interno c’è un bigliettino con il nome di chi l’ha preparata. È prima avvolta in una carta bianca, poi nella carta blu Romanengo, sigillata con uno spago bianco: proprio come si faceva un tempo. Molti clienti conservano le nostre scatole di legno, come fossero piccoli scrigni di memoria”.

Anche la comunicazione segue il ritmo delle stagioni. “Sui social raccontiamo la nostra storia con discrezione e verità. Non vogliamo insegnare nulla, ma condividere curiosità: che frutta si sta lavorando, quando vengono raccolte le fragole o i clementini, come li trasformiamo. Raccontiamo la natura, i nostri artigiani, le collaborazioni culturali e artistiche. È un modo per far scoprire la nostra filosofia anche chi non è mai entrato in negozio”.

Lo sguardo di Romanengo è rivolto al futuro, ma con radici profonde: “Abbiamo una cascina dove coltiviamo parte delle materie prime che poi serviamo nei nostri punti vendita: le violette, ad esempio, che diventano candite, o il miglio con cui produciamo la farina per il pane e per alcuni piatti del nostro salon de thé. È un modo per avere una filiera tracciata, dal campo alla tavola, e dare ancora più senso al nostro lavoro”.

E per Natale, come sempre, la tradizione si rinnova. “Il nostro panettone è diverso da qualsiasi altro. Dentro non ci sono pezzettini colorati, ma vere scorzette di frutta candita morbida e succosa. È il simbolo della nostra filosofia: rispetto per la materia prima, pazienza e bellezza”.

Chiara Orsetti

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