Attualità - 12 novembre 2025, 08:00

Dall’Alta Val Chiaravagna a via Militare di Borzoli, i residenti uniti contro l’inceneritore di Scarpino: “Abbiamo già dato, ora basta”

Tra timori per la salute e traffico pesante, i cittadini tornano a mobilitarsi contro l’ipotesi del nuovo impianto. Raccolte già quasi cinquecento firme per il manifesto regionale 'L’inceneritore non serve', che chiede un modello di gestione dei rifiuti basato su riduzione, riciclo e partecipazione

Dall’Alta Val Chiaravagna a via Militare di Borzoli, i residenti uniti contro l’inceneritore di Scarpino: “Abbiamo già dato, ora basta”

L’ipotesi di un inceneritore a Scarpino torna a far discutere in città, accendendo la protesta dei cittadini di Borzoli, dell’Alta Val Chiaravagna, ma anche residenti dell'intero quartiere e non solo. L’impianto, concepito per trattare i rifiuti della regione, è considerato da molti una soluzione problematica: rischi per la salute, impatto ambientale, aumento del traffico pesante e difficoltà a chiudere definitivamente il ciclo dei rifiuti sono tra le principali preoccupazioni.

In tutta la valle cresce un clima di mobilitazione: residenti e comitati locali ribadiscono il loro no all’infrastruttura, richiamando la lunga convivenza con la discarica e il traffico dei mezzi pesanti che attraversano già quotidianamente il territorio. Una protesta che si sta estendendo dall’Alta Val Chiaravagna fino a via Militare di Borzoli, coinvolgendo frazioni, comitati e gruppi spontanei di cittadini, e facendo partire una raccolta firme: “Siamo assolutamente contrari all’ipotesi dell’inceneritore, non lo vogliamo. Abbiamo vissuto con la discarica dagli anni ’70: il fiume ancora oggi è pieno di sacchetti di spazzatura, di roba, che dall’ultima piena che c’è stata si è portata via un pezzo di deposito dei rifiuti, e il Chiaravagna è pieno di spazzatura. Noi conviviamo ancora con quello: ci manca la ciliegina sulla torta dell’inceneritore”, racconta Enrico Dagnino, residente nella frazione di Serra, che dà voce a tutta la comunità della zona. 

Nel racconto dei residenti c’è la memoria di un territorio sacrificato e la sensazione che la valle venga di nuovo considerata una “zona di servizio” per il resto della città: "Sappiamo come vanno queste cose, e nonostante non si sia espresso ancora il Comune, nessuno lo vuole. Ma qui, visto l’esiguo numero di cittadini, dovendolo mettere da qualche parte, questa sarà un’ipotesi più che plausibile”.

A preoccupare non è solo la prospettiva dell’impianto, ma anche la situazione quotidiana del traffico pesante che attraversa sia l'alta Val Chiaravagna che Via Militare di Borzoli: “Anche qui si bloccano i mezzi, almeno per mettere cartelli di divieto di accesso o della cartellonistica, almeno da fargli la multa quando si incastrano o bloccano mezzi privati. Questi vengono su, si incastrano, vanno via dopo un bel po’, ringhiere divelte, muri abbattuti, cancelli rotti. Quelli lunghi non riescono a girare, si incastrano e poi devono fare retromarcia fino a piazza Arrivabene, essendo quello l’unico spazio disponibile. E la demolizione della Basital, adesso ferma, ha lasciato un cumulo di macerie che nessuno ha pensato di delimitare”, afferma Dagnino. 

Anche i residenti di via Militare di Borzoli esprimono la loro contrarietà: “La gente non ha capito bene come funziona il termovalorizzatore: tocca tutti, non solo noi residenti a ridosso dell’area, coinvolgerà tutti. Il termovalorizzatore, quando andrà in funzione, farà campana e toccherà tutta l’area”.

C’è chi evidenzia anche l’inutilità dell’impianto nel risolvere il problema dei rifiuti: “Si parla di un impianto ridotto, che comunque non risolverebbe il problema definitivamente. Da anni parlano della chiusura della discarica di Scarpino, ma ad oggi siamo ancora così. Considerando già la nostra situazione, l’inceneritore ci ucciderebbe”.

Molti ricordano le battaglie del passato: “Avevamo già lottato tempo fa, eravamo tutti, e allora eravamo riusciti a fermarlo. Adesso siamo di nuovo qui: viviamo già questa situazione con i tir, se proprio devono metterlo, almeno vogliamo delle agevolazioni, qualcosa che renda la nostra vita accettabile, non così come stiamo vivendo la quotidianità”.

A livello regionale, la protesta si inserisce nella mobilitazione più ampia promossa da comitati e associazioni contro gli inceneritori: e così è nata la raccolta firme per il manifesto “L’inceneritore non serve”, che in pochissimi giorni ha già raggiunto quasi 500 adesioni, in continuo aumento, tra comitati, circoli e realtà locali delle quattro province liguri.

Il documento sottotitolato “Per un’alternativa all’inceneritore in Liguria” e “Per un impegno collettivo e buone pratiche di sostenibilità ambientale, elenca nel dettaglio le ragioni della contrarietà. Secondo i promotori, “un inceneritore, anche se chiamato termovalorizzatore, non serve, essendo dannoso per molti motivi: economici, perché molto costoso e con ammortamenti lunghi che fanno aumentare la TARI; sanitari, perché produce ceneri e fumi dannosi alla salute che provocano aumento di tumori e morti premature; ambientali, perché le ceneri, almeno il 30% dei rifiuti, vanno comunque in discarica; etici, perché richiede sempre maggiori rifiuti residui e quindi favorisce uno scarso impegno nella loro riduzione; climatici, perché emette molta CO₂, gas climalterante che provoca eventi disastrosi; contrari all’economia circolare, perché distrugge materia che dobbiamo nuovamente produrre; e occupazionali, perché altamente automatizzato, mentre una raccolta differenziata di qualità produce più lavoro e valore”.

Il manifesto invita le amministrazioni liguri a scegliere una via alternativa, fondata su “riduzione dei rifiuti prodotti, riuso e riparazione, raccolta differenziata spinta con il metodo porta a porta, riciclo dei materiali di qualità e impianti a freddo per il recupero del residuo”.

Tra i principi fondamentali vengono richiamati economia circolare, giustizia ambientale, trasparenza e partecipazione: “Serve il coinvolgimento attivo di cittadini, scuole, imprese e istituzioni per costruire scelte politiche condivise e consapevoli. Solo una diffusa consapevolezza può rendere possibile il cambiamento culturale verso una gestione virtuosa dei rifiuti, in cui tutti fanno la propria parte”.

Nel manifesto sono elencate anche buone pratiche rivolte a cittadini, scuole, amministrazioni, aziende, sindacati e associazioni: dall’uso consapevole dei materiali alla promozione del riuso e del compostaggio, fino all’adozione di modelli produttivi sostenibili e alla partecipazione attiva nei processi decisionali.

L’impegno finale dei firmatari è chiaro: “Rifiutare ogni progetto di gestione a caldo dei rifiuti sul territorio ligure, promuovere in ogni ambito azioni concrete di riduzione, riuso e riciclo e collaborare a costruire una Liguria libera da rifiuti, equa, verde e partecipata”.

La campagna, spiegano i promotori, è aperta a cittadini, scuole, enti, aziende, organizzazioni sindacali, associazioni e comitati: “Ogni firma è un passo verso un futuro più giusto e sostenibile”.

Nel frattempo, in Val Chiaravagna la tensione resta alta e la mobilitazione continua: “Abbiamo già dato, ora basta”ripetono i residenti. “Non vogliamo più vivere nell’incertezza. Chiediamo solo rispetto e la possibilità di respirare un’aria diversa, anche nel nostro futuro”.

Qui il link della petizione: https://www.change.org/p/l-inceneritore-non-serve?recruiter=47869556&recruited_by_id=f7d2b7f0-8a4d-0130-f001-3c764e049b13&utm_source=share_petition&utm_campaign=psf_combo_share_initial&utm_term=take_next_step&utm_medium=copylink&utm_content=cl_sharecopy_490873467_it-IT%3A6 

Bucci: “Se nessun sindaco lo vuole, dovremo fare l’esproprio. Ma non ci voglio arrivare”

Alla fine dovremo fare l’esproprio. Però io non ci voglio arrivare”. Così Marco Bucci, presidente della Regione Liguria, aveva affermato sulla questione termovalorizzatore regionale, a margine della presentazione del Festival dell’Orientamento 2025.

La partita si sbloccherà nel momento in cui avremo da un sindaco o da più sindaci l’autorizzazione a fare il termovalorizzatore nell’area comunale - aveva spiegato Bucci -. Come sapete è il sindaco che deve autorizzare. Io posso solo espropriare, ma non mi sembra il caso di andare a espropriare”.

Sul fronte dei tempi, il presidente aveva chiarito che la Regione è pronta a procedere: “Non ci sono scadenze. Noi siamo pronti, noi vogliamo farlo, quindi appena arriva un ok si parte”. Alla domanda se questo possa avvenire entro fine anno, Bucci aveva risposto: “Può darsi".

Federico Antonopulo

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