Quasi cinquecento richieste di aiuto in un anno.
Questo è il bilancio tracciato da Gabriella Grassi, presidente del Centro Per Non Subire Violenza di via Cairoli e Martina Rossi di Recco.
Numeri preoccupanti che fotografano un fenomeno dilagante, come dimostrano i continui fatti che quotidianamente popolano le pagine di cronaca.
“A oggi noi abbiamo ricevuto 490 richieste d'aiuto - racconta Grassi -, non tutte si concretizzano in prese in carico; la maggioranza delle donne che si rivolgono al centro sono italiane così come italiani sono gli autori di violenza”.
Un dato che smonta stereotipi e restituisce la complessità del problema, che nasce dentro le relazioni affettive e familiari. Secondo Gabriella Grassi, presidente del Centro, uno degli elementi più significativi di questi ultimi anni è l’abbassamento dell’età delle donne che chiedono aiuto. “Nel corso degli anni si è abbassata l'età delle donne che si rivolgono al centro. Questo un po' per l'effetto del femminicidio di Giulia Cecchettin, perché questa tragedia ha messo allo scoperto certe realtà che prima non eravamo in grado di comprendere”.
Le giovani oggi iniziano a riconoscere prima i segnali di una relazione malsana. “Le ragazze incominciano a domandarsi se il loro rapporto è un rapporto tossico o meno e quindi si rivolgono prima ai centri antiviolenza”, sottolinea Grassi, ricordando come in passato molte donne restassero intrappolate per decenni: “C'è una donna che è stata 45 anni in una situazione di violenza. Oggi, per fortuna, le donne escono allo scoperto prima e questo permette a noi centri antiviolenza di accompagnarle in questo percorso”.
Il percorso non è mai lineare, bensì è lungo e complesso. “Noi non forziamo le donne. Abbiamo donne che vengono, prendono appuntamento, disdicono, poi richiamano, ritornano, a volte dopo pochi giorni, a volte anche dopo anni, perché la donna deve metabolizzare bene e deve sentirsi in grado di prendere determinate decisioni”. Al centro resta sempre la sicurezza: “Finché la donna non è in protezione è inutile denunciare, perché il maltrattante non deve sapere dove si trova. Le donne devono lasciare la casa, ma lo facciamo per salvarle. Le ospitiamo con i loro bambini in case rifugio a indirizzo segreto”.
Accanto alla messa in sicurezza c’è il lavoro più profondo: quello di ricostruzione della persona. “Le nostre donne sono tutte vive, si sono raccontate, perché noi cerchiamo di metterle in protezione. E poi vediamo come si riappropriano della loro identità, cosa che avevano perso nel percorso della violenza”. In questa direzione si inserisce anche l’esperienza del laboratorio di teatroterapia, in collaborazione con il Teatro dell’Ortica: “Non è uno spettacolo teatrale, è la restituzione alla città del risultato di questo laboratorio. Vediamo davvero il cambiamento, l’acquisizione di consapevolezza e forza”.
La presidente non nasconde la preoccupazione per l’aumento degli episodi, come il recente caso avvenuto nell’entroterra genovese, dove una donna di settantacinque anni è stata accoltellata dall’ex compagno. “È l’uomo che è in difficoltà. Noi possiamo lavorare coi giovani nelle scuole e lo stiamo facendo. Chiediamo aiuto agli uomini: che imparino anche ad osservarsi e a dire ‘forse il tuo comportamento non va tanto bene’”.
Un tema centrale resta l’educazione affettiva e il contrasto culturale alla violenza: “Perché si inizia dal piccolo. La pianta deve essere annaffiata e concimata per crescere bene. Noi lavoriamo nelle scuole, anche con i bambini, con linguaggi adeguati. Non ci si improvvisa, le operatrici sono altamente formate”.
Il Centro conta circa settanta socie e undici dipendenti: “Dobbiamo garantire continuità e professionalità. Non ci si improvvisa esperti di violenza. Le donne e le ragazze devono rivolgersi ai centri antiviolenza, perché solo lì ci sono persone formate. Da sole non ce la possono fare”.
Un appello chiaro, quello di Gabriella Grassi, che si chiude con una richiesta di rete e responsabilità collettiva: prevenire, educare, accompagnare. Perché la violenza non è solo un’emergenza, ma una questione culturale e sociale che riguarda tutta la comunità.






