Non sono solo tecnici chiamati quando la terra cede o l’acqua invade. I geologi sono molto di più: sono professionisti della prevenzione, interpreti del territorio, sentinelle invisibili che lavorano ogni giorno per garantire sicurezza, salute pubblica e tutela dell’ambiente. In Liguria, regione fragile per conformazione e storia, questa figura assume un ruolo determinante.
A raccontarlo con chiarezza sono Alessandro Scarpati, presidente dell’Ordine dei Geologi della Liguria, e Valentina Casolini, consigliera del Consiglio Nazionale dei Geologi, le cui riflessioni sono state al centro anche del convegno in programma ieri nella Sala del Bergamasco, all’interno di palazzo Tobia Pallavicino in via Garibaldi.
“Il geologo è il professionista legato alla sicurezza e alla salute dei cittadini” chiarisce Scarpati. “Sicurezza perché si occupa di rischi naturali, previsione, prevenzione e gestione delle emergenze; salute perché interviene su questioni ambientali come l’inquinamento dei suoli e delle acque”.
Il suo campo d’azione attraversa edilizia, infrastrutture, pianificazione urbana, difesa del suolo, gestione dei corsi d’acqua, erosione costiera e stabilità dei versanti. “Quando si costruisce un edificio bisogna conoscere il terreno su cui si appoggerà: studiamo le caratteristiche geotecniche, si fanno indagini, si valuta la franosità, si analizza se l’area è sicura o suscettibile a dissesto”.
Fondamentale anche il contributo alla progettazione antisismica: “Oggi tutto il territorio nazionale deve essere progettato con criteri antisismici. Il geologo fornisce la risposta sismica del sottosuolo: dati indispensabili per gli ingegneri che progettano le strutture”.
La conformazione della Liguria rende il lavoro dei geologi ancora più cruciale. “Siamo in una zona di contatto tra le Alpi e gli Appennini, al centro dello scontro tra la placca africana e quella euroasiatica. Le rocce risultano intensamente deformate, fragili. A questo si aggiungono fenomeni meteorologici sempre più estremi”.
Carte della franosità e mappe del dissesto raccontano una realtà complessa: frane diffuse, aree inondabili, terreni suscettibili. “Se guardiamo le cartografie di qualsiasi comune ligure vediamo quante zone sono potenzialmente instabili. I finanziamenti per la difesa del suolo non sono mai abbastanza. Gli interventi strutturali ci sono, ma restano insufficienti rispetto alla vastità del problema”.
Scarpati porta l’attenzione anche su un tema poco conosciuto: il radon, gas naturale invisibile e inodore, seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo. “Si accumula nei locali interrati e nei piani terra. Anche in Liguria ci sono situazioni da monitorare. Sono in corso rilievi Arpa, e nei primi mesi del 2026 attendiamo nuovi dati. Occorre sensibilizzare la popolazione e coinvolgere anche il mondo medico”.
Valentina Casolini sottolinea un concetto chiave: “La nostra forza come categoria non è nell’emergenza, ma prima dell’emergenza: nella prevenzione, nel monitoraggio, nella pianificazione”.
Gli strumenti esistono: piani di distretto, cartografie della pericolosità, studi geomorfologici, ma devono essere integrati con una corretta cultura del territorio. "Il nostro ruolo è affiancare gli enti competenti per pianificare interventi strutturali che riducano il rischio. Non esiste rischio zero, ma possiamo mitigarlo”.
Altro punto centrale è la responsabilità dei cittadini. “L’informazione è fondamentale: bisogna educare ai comportamenti corretti, partire dalle scuole, formare adulti consapevoli che sappiano cosa significa un’allerta meteo” spiega Casolini.
Scarpati ribadisce: “I cittadini devono conoscere i piani di protezione civile, sapere se la loro casa è in zona a rischio, adottare comportamenti adeguati. Non si deve andare a togliere l’auto dall’autorimessa mentre si allaga: bisogna agire prima, non durante l’evento”.
Le coste liguri sono un altro fronte delicato. “Il moto ondoso deve essere studiato perché ha impatti diversi secondo la geomorfologia”, spiega Casolini. “Serve una pianificazione integrata: un ripascimento sbagliato può creare danni in altre zone. Gli interventi devono essere monitorati nel tempo per verificare l’efficacia”.
La parola chiave resta sempre la stessa: riduzione del rischio.
Scarpati pone anche l’accento sulla necessità che i Comuni siano pronti ad agire anche al di fuori delle allerte ufficiali: “Ci sono temporali autorigeneranti estivi che colpiscono in modo localizzato. Serve personale formato, strumenti di monitoraggio e la capacità di attivare un COC anche in assenza di allerta arancione”.
Emergenza dopo emergenza, la consapevolezza cresce, ma non basta. “Negli anni noto un miglioramento nei cittadini - ammette Scarpati - ma il lavoro da fare è ancora molto”.






