Ogni martedì uno spazio per raccontare l’impegno, le storie e i volti di chi, ogni giorno, si mette al servizio degli altri: con la nuova rubrica 'Buone Azioni', vogliamo dare voce alle associazioni, alle cooperative sociali, ai gruppi di volontari e a tutti coloro che costruiscono solidarietà sul territorio, spesso lontano dai riflettori ma con un impatto concreto nella vita delle persone. La rubrica sarà un viaggio settimanale nel cuore del Terzo Settore, per conoscere chi fa la differenza e capire come ciascuno può contribuire, anche con un piccolo gesto.
Emergenza sì, ma non solo: i volontari del Gruppo Comunale di Protezione Civile di Genova non sono eroi da una tantum, ma la spina dorsale invisibile della sicurezza di Genova. Seduti nei locali della loro sede di via Vado, a Sestri Ponente, una piccola rappresentanza composta da Gabriele Cesaro, Luca Rivano, Monica Zizza, Silvio Valle, Debora Corrao e Fabio Naldoni (quest'ultimo coordinatore di tutto il Gruppo), raccontano una storia lunga oltre quarant’anni, fatta di passione incrollabile.
Il gruppo nasce quarantadue anni fa, nel 1983, in un periodo in cui la Liguria era costantemente minacciata dai roghi: “La nostra associazione nasce così, da un ritrovo tra amici e conoscenti mossi dalla passione del territorio e dalla volontà di volerlo preservare, soprattutto perché all'epoca gli incendi boschivi erano veramente tanti" spiegano i fondatori, ricordando la fondazione della SCAB. "Negli anni '80 e '90 la Liguria era tra il primo e il secondo posto, dopo la Sardegna, per frequenza di incendi boschivi; c'era parecchio tempo da dedicare qui”.
All'epoca la Protezione Civile, intesa come Dipartimento, non esisteva; i volontari operavano come squadre antincendio gestite dalla forestale, una struttura embrionale ma ricca di spirito. Fu crescendo, a metà degli anni '90, che l'idea di creare un'associazione dedicata si trasformò, evolvendo poi nel 2002 nel Gruppo Comunale di Protezione Civile, il "Gruppo Genova", che ampliò il suo raggio d'azione oltre l'antincendio, coprendo alluvioni, allerte nivologiche e cura del territorio.

"Diciamo che l'attività tecnica è solo una parte" spiegano ancora, descrivendone l'evoluzione: "Il concetto moderno di Protezione Civile è tanto impegnato sulla prevenzione, sulla diffusione delle buone pratiche e sul coinvolgimento della cittadinanza”. Il salto di paradigma è significativo: "All'epoca, negli anni '80 e '90, facevamo solo antincendi boschivi o la parte tecnica durante le alluvioni. Tutta la parte di informazione non c'era, ora invece è la parte più importante”.
Questo sforzo informativo, come la campagna "Io Non Rischio", si scontra però con una realtà locale ancora "indietro rispetto ad altre regioni" nella cultura preventiva. La difficoltà maggiore è far capire il valore dell'allerta ai cittadini: “Arriva l'allarme e l'unica cosa che sappiamo fare è criticare perché magari non succede nulla”. E come ricordano i volontari, non è successo "puramente per fortuna" o perché le contromisure hanno funzionato, citando l'esempio di due anni fa, quando un'allerta rossa passò innocua su Genova, ma arrivò in Toscana facendo quattro morti: "Era destinata a Genova, ma non c'è la cultura di dire: meno male che hanno dato l'allerta rossa" incalzano. "È necessario far capire che quando non succede nulla, bisogna sottolineare perché non è successo, spiegando che l'atto tecnico, anche se si conclude senza danni, deve essere compreso”.

Questa risorsa indispensabile per la città si articola in circa 200 volontari distribuiti strategicamente in otto sezioni per coprire otto dei nove municipi, una divisione necessaria data la conformazione complessa di Genova, che "il Polcevera taglia in due". La struttura garantisce una risposta immediata, grazie anche all'uniformità di formazione provinciale: "Siamo tutti comunque formati nello stesso modo omogeneo, con attrezzature interscambiabili" spiega Luca. Quando scatta l’Allerta Gialla, i volontari sono reperibili in mezz'ora; se invece è Arancione o Rossa, sono in sede e in monitoraggio attivo, potendo usufruire del DPR (il permesso di assentarsi dal lavoro, che una volta non esisteva).
Il loro raggio d'azione va ben oltre i confini liguri: "Quando c'è stato il terremoto in Abruzzo, abbiamo gestito un campo per tre mesi" ricorda Monica, e sono stati in prima linea in Emilia Romagna e Toscana. Ma l'attivazione non è mai all'avventura, è sempre strutturata: "Non è che si parte tutti insieme - precisano -. Magari si parte prima dove c'è un'esigenza specifica, come i cuochi per la cucina da campo o chi sa operare con la pala meccanica, per non creare disorganizzazione”. Questo contrasta con l'immagine di operatori disorganizzati: “Abbiamo una formazione indispensabile, anche per non mettere in pericolo noi stessi, perché se poi qualcuno deve venire a salvare noi, diventa ancora più impegnativo da gestire”.
L'impegno del Gruppo si concentra sul futuro e sull'inclusione, essendo pioniere a livello nazionale nell'accoglienza di volontari con disabilità, contando già tre non udenti e un non vedente. La prevenzione si semina poi fin da piccoli, grazie al campo scuola estivo per ragazzi dai 10 ai 16 anni, un'iniziativa che simula la vita in un campo sfollati, con tende e servizi chimici, per una settimana intera, senza cellulari. "Funziona perché i bambini, tornando a casa, coinvolgono talmente tanto i genitori che alla fine si iscrivono in Protezione Civile” raccontano con entusiasmo.
Dietro tutto questo c'è la forza di una passione che nasce come una forma di "egoismo" positivo: “Fai attività per aiutare gli altri, ma in fondo anche per far star bene te stesso." Ma cosa spinge a dedicare tempo ed energie tra lavoro e famiglia, rischiando di rovinarsi le ferie? "Il momento che ti fa venire la voglia è stata nel '92, quando c'è stata l'alluvione a Voltri. Non avevamo i mezzi che abbiamo adesso, dovevamo spostarci col pullman e la pala: lo fai perché hai passione”. C'è chi ha scoperto la vocazione durante il Covid, gestendo il centralino per la spesa a casa degli anziani: "Mi sono sentito effettivamente utile, in un momento in cui tutto era surreale”.
Nonostante la fatica e i sacrifici, c'è una frase che unisce tutti, la vera benzina di questo motore sempre pronto che, purtroppo, attira picchi di iscrizioni solo dopo i grandi eventi: “Non sai perché lo fai, ma se non lo fai… ti manca”.











