Quando le luci si spengono, in strada i rifugi di fortuna si moltiplicano. Tende, bivacchi, sacchi a pelo nelle zone più riparate, sotto i portici, nelle vie deserte del centro città che cambiano volto appena dopo la chiusura dell'ultima saracinesca.
E' una realtà anche a Genova: nella città che si sveste di passanti e del via vai delle ore d'ufficio e di lavoro dei negozi, sotto le luminarie di Natale due sere fa è morta una ragazza di poco più di 40 anni, che in una di quelle tende all'addiaccio si rifugiava per passare la notte nel cuore del quadrilatero genovese. Il primo decesso in circostanze simili, avvenuto in strada, in questo autunno che ormai è inverno, a Genova.
Vittima che era in contatto con i servizi sociali, censita dai servizi di strada che cercano di portare aiuto in situazioni estreme, cause in via di accertamento, accelerate più o meno dalle difficoltà di una vita passata in strada e ai margini. Ma i fatti hanno un nome solo, che non è 'dramma' ma è 'tragedia', dove col termine si indica una situazione che non ha ritorno.
Il dramma invece, è quello dove il ritorno esiste ancora ma è parecchio in salita e si popola ogni sera nelle strade del centro ma non solo. E' in espansione, quello che prima riguardava soltanto le zone centrali della città, ora si presenta anche in periferia, un sintomo dello stato di salute generale di una società, dove a finire ai margini ci si mette pochissimo. E poi non è detto che si riesca a riemergere.
Accampamenti sotto i portici tra via XXII Ottobre, Galleria Mazzini e via Fieschi, via XX Settembre, parti di via San Vincenzo, e poi le gallerie del Porto Antico, ultimo rifugio per ripararsi dal freddo che taglia nelle sere d'inverno. Che anche se la stagione non è ufficialmente ancora iniziata, dopo una giornata passata sferzati dal vento sulle panchine di fronte al Bigo, la notte in strada fa paura e fa male. E qualcuno lascia le sedie dei dehors interni a disposizione di chi cerca almeno un minimo di sollievo. Finché resisteranno almeno quelle, e non faranno la fine delle stazioni ferroviarie, aperte giusto in caso di emergenza freddo, ma che per problemi di sicurezza chiudono dopo l'ultimo treno, estremo avamposto per ripararsi anche solo in parte dall'aria e dalle temperature di dicembre.
Chi conosce la città notturna lo sa: la scelta del centro, per chi scelta non ne ha, per trovare un angolo e tentare di mettersi al riparo è dettata oltre che dalla presenza di qualche portico anche dall'esigenza di rifugiarsi da altri angoli meno ospitali e più a rischio, come possono essere le strade del centro storico. Ed è forse anche per fuggire da lì, che il fenomeno a macchia d'olio si allarga, e basta fare un giro la sera alle stazioni del treno del ponente: da Sestri, dove c'è chi si attrezza col sacco a pelo per tentare di ripararsi sotto le pensiline del secondo binario, a Pra' o a Voltri nella sala d'attesa o dintorni della stazione. Far finta di non vedere è comodo.
"Il fenomeno - spiega Andrea Chiappori, referente della Comunità di Sant'Egidio - delle persone che vivono realmente senza dimora, cioè per strada, nella città di Genova è ancora abbastanza contenuto nel senso che non arriviamo a 200 persone, che sono tantissime ed è vero, però se paragonato ad altre città come Milano, Roma, Napoli e via dicendo il numero di Genova è ancora contenuto".
La Comunità, che si occupa insieme ad altre realtà dell'associazionismo genovese di gestire anche i servizi di strada, la sera dopo le 20 a Principe raccoglie file intere di persone che arrivano per ricevere un pasto caldo, una parola, un aiuto dove possibile.
"Il problema è che si sta diffondendo - sottolinea Chiappori, parlando dei dati relativi a chi vive in strada - basti pensare a qualche settimana fa: con l'ultima ondata di maltempo c'è stato un ingrossamento dei torrenti nel ponente città e alcune persone sono rimaste bloccate nell'alveo nella zona di Fabbriche. Mettendo in luce aree in cui si cerca rifugio. Noi tradizionalmente copriamo tutto il centro città da Brignole fino alla Lanterna. Ora da qualche anno che abbiamo ampliato la zona e arriviamo anche a Sestri Ponente, Pegli, Voltri e anche a Pra'. E' evidente come sia molto più facile oggi trovarsi in situazioni difficili dalle quali poi è molto complicato uscire, per questo diciamo che il problema è che c'è un cambiamento dei bisogni sociali che non è ancora stato registrato dagli enti che si devono occupare di queste cose. E una incapacità di rispondere in maniera profonda e anche tempestiva alle problematiche che poi purtroppo in alcuni casi sfociano in situazioni di marginalità grave".
Dentro c'è il tema della casa, che è diventata un miraggio per molti ma una difficoltà per quasi tutti. "Ieri sera - aggiunge Chiappori - assieme alla parrocchia sopra la stazione di Principe abbiamo aperto un dormitorio che è tenuto tutto da volontari, persone della parrocchia che ci hanno chiesto aiuto insieme al parroco, gente che lavora tutto il giorno e che arriva a casa la sera, va in parrocchia a dare una mano: preparano da mangiare, posti letto, tutto quanto per queste persone che arrivano, che vengono accolte anche con amicizia e rimangono lì fino alla mattina seguente e poi al mattino c'è chi arriva presto prima di andare al lavoro e prepara la colazione. Sono le accoglienze che rendono di più, fatte in modo spontaneo, immediato, dove chi arriva anche con qualche riserva ad accettare un'ospitalità può vincere anche le resistenze".
"Quando viene aperta la cosiddetta 'emergenza freddo' - ricorda Chiappori - che comunque forse non dovrebbe più essere chiamata emergenza, visto che il freddo sappiamo che prima o poi arriva quindi non di un'emergenza si tratta, se si aprono i posti previsti tendenzialmente c'è una copertura per quasi tutti. Ma il problema forse dovrebbe essere affrontato anche in modo differente, cioè che non solo preoccuparsi alla notte, perché è vero che di notte il freddo è più intenso però purtroppo anche durante il giorno ci sono dei momenti in cui è faticoso stare per strada senza avere un posto di riparo". "Probabilmente bisognerebbe pensare anche a posti dove poter trascorrere la giornata e con le presenze adeguate a seguire la situazione - conclude - Gli enti sanno che possono rivolgersi alle associazioni come la nostra, che hanno la possibilità di vedere le cose 'dal basso' tutti i giorni, conoscendo molto approfonditamente le situazioni. In tempi come questi la cosa più importante sarebbe quella di non sprecare risorse, utilizzarle al meglio per fare in modo che la gente che ha bisogno venga emancipata, promossa, aiutata ad uscire dalle situazioni di difficoltà in cui si trova".






